Dalla conferenza stampa del pomeriggio del 3 maggio (Catania palazzo ESA) del Presidente della Regione Sicilia Onorevole Raffaele Lombardo (oggetto la descrizione della testè varata Finanziaria regionale), a cui partecipammo, estrajamo un breve ritratto psicologico dell'uomo, ad uso del lettore.
Un uomo solo, fortemente desideroso di solidarietà prettamente umana, animistica. Dietro la maschera, dietro la facciata del forte uomo politico, cipiglio estremamente deciso, tono fluente e modulato senza sbavature, emerge la solitudine plastica del capo che sa di aver ricevuto, e di doversi difendere, da minacce fisiche: tre omorni della sicurezza, dallo sguardo rutilante, lo circondano incessantemente, mentre egli incontra i noti (e siamo noti non solo fra noi, ma all’anagrafe dell’Ordine e delle forze di polizia) volti de’ giornalisti i quali gli pongono le del resto consuete domande. Vi è, si percepisce, più che del vero, nelle voci di minacce ricevute non solo da lui, in codesto clima torbido nel quale si vive. Stile militare, quello di Raffaele Lombardo: cronometrico, venti minuti di ininterrotto eloquio, dieci minuti per rispondere alle interrogazioni della stampa senza telecamere, esattamente cinque minuti per le domande alle TV. Nient’altro. Solo tre sorrisi, di cui l’ultimo ad un frequentatore del "suo blog", di cui egli manifesta evidente compiacimento e desiderio di maggiore diffusione. Non è colpa né difetto poco sorridere -anzi: 'risus abundat in ore stultorum'-, però è codesto un segno del dramma cosmico, di percezione indescrivibile del celato, dell'ignoto.
Oltre la camicia rosa priva di cravatta, lo stile elegante ed informale, v’ha quella apparente tranquillità dell’uomo politico che scevera dati, assicura grandi risparmi (e più grandi nel futuro…), sottolinea con chirurgica precisione l’importanza del denaro nell’attuale frangente sociale. Egli tuttavolta appare lontano, per molti versi, dalla realtà del vivere quotidiano. E' emerso dalle stanze di lavoro ed ivi è ritornato, segno evidentissimo di una instancabile costruzione: ma anche dimostrazione della limitazione di quella libertà -intesa nel senso comune- la quale, coloro che lo ascoltavano, poco dopo godettero nel passeggiare per le vie serenamente, mentre a lui tale atto sublime è negato, per le ragioni che si conoscono. L'incomunicabilità: come si posson trasmettere a lui, che dovrebbe essere la cuspide della piramide, le esigenze della 'base' ovvero del popolo, senza incontrare asperità, mediazioni terrifiche, ostacoli a volte insormontabili? E' una quaestio da risolvere, se si vuole sul serio costruire un movimento reale, ancorato alla gente vera e non a fantàsime.
Pochi giorni fa, a Malta, Papa Benedeto XVI ha pianto innanzi alle vittime di abusi da parte di preti: è un segno importante che l'uomo, se vuole, può scendere dai dorati scranni e destare sentimenti nascosti, che lo fanno sentire umile fra umili, dolorante fra doloranti, servo inutile fra inutili servi. Non erano lacrime di coccodrillo: poteva evitare quel tristo incontro. Giovanni XXIII a volte letteralmente scappava dal Vaticano, per godere un pezzettino di quella libertà che, da Pontefice, perdette per sempre. Non si può chiedere magari ciò ad un uomo politico: ma che purtuttavia non perda dalla sua rotta illuminata i valori autentici del Vangelo, che sono poi quelli del comune battesimo, lo si deve invocare. Ed il Vangelo impone l'ajuto al misero, l'obbligo di alleviare le sofferenze dei fratelli: un termine che il Presidente Lombardo ha usato per il saluto del capodanno 2010. "Di che reggimento siete, fratelli", esclamava Ungaretti: oggi potremmo dirlo dei nostri, silenziosi, bisognosi: il reggimento è divenuto legione, è infinito. E devesi distinguere dai falsi poveri, dai falsi profeti: dai farisei. Ed il Vangelo impone di rinunziare ai fastigi di Mammòna: il denaro. Bene il risparmio, ma non si possono chiedere sacrifizi (sacrifizio è anche non dare...) a chi ha già poco. Donare a chi ha poco con dignità, levare senza pietà a chi ha il superfluo. "Date senza speranza di riavere", è sempre voce evangelica. La grande politica, se vuole, lo può fare. Lo fece Giorgio La Pira, che era siciliano di Pozzallo, a Firenze in anni non lontanissimi: lo può fare hic et nunc Raffaele Lombardo?
Si escì dall’incontro, del resto un normale incontro di lavoro fra operatori dell’informazione e colui che in questo frangente veste il ruolo di vertice della politica regionale in Sicilia, compiaciuti nel riscontrare la umanità evidente, celata dai (non difficili da superare) veli del carattere dell’uomo, ma intristiti dall’altrettanto evidente senso di isolamento che circonda il nostro rappresentante, calato in un profilo il quale, volente o nolente, è autolimitante nel rapporto còlla realtà che in ogni modo lo circonda. Si confida nella formazione cristiana dell’uomo, e nel retroterra che ne può scaturire, per il bene della Sicilia e del suo futuro. "Carissimi, non credete ad ogni spirito, ma mettete alla prova gli spiriti se sono da Dio, perché molti falsi profeti sono usciti nel mondo. Da questo conoscete lo spirito di Dio: ogni spirito che confessa Gesù Cristo venuto in carne è da Dio, e ogni spirito che non confessa Gesù non è da Dio ed è quello dell’Anticristo, di cui avete udito che sta per venire e ora è già nel mondo. Figliuoli, voi siete da Dio e li avete vinti, perché è più grande colui che è in voi di colui che è nel mondo; essi sono dal mondo, perciò parlano secondo il mondo e il mondo li ascolta. Noi siamo da Dio: colui che conosce Dio ci ascolta, colui che non è da Dio non ci ascolta. Da questo conosciamo lo spirito della verità e lo spirito dell’errore" (Dalla prima lettera di Giovanni, 4, 1-6, vers. Bibbia concordata, 1982).
Francesco Giordano
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