lunedì 20 aprile 2015

Conferenza su Tempio di F.Giordano : un articolo di A.Blandini su Prospettive


Conferenza su Tempio di F.Giordano : un articolo di A.Blandini su Prospettive

Un articolo intenso e interessante è apparso sul settimanale diocesano catanese Prospettive del 12 aprile, illustrando la conferenza su Tempio e la Catania del secolo XVIII tenuta dallo studioso Francesco Giordano, il 3 marzo u.s., nell'ambito del Viaggio tra le vie dell'Arte, organizzato da Akkuaria edizioni di Vera ambra, nella sede del Museo Emilio Greco, palazzo Gravina Cruyllas. L'articolo, a firma del noto e acribico prof.Antonino Blandini, cultore di storia patria ed esperto di eccelesiastica,  dona la relazione completa dell'evento, come è stile dell'autore e rende lo spirito di ciò che rappresentò il Poeta nell'evo suo. Lo riportiamo, con la pagina del periodico, ringraziando il prof.Blandini per la consueta affettuosità.


Maestro di satira aspra contro il potere
Domenico Tempio e la Catania del secolo dei Lumi

Prospettive - 12 aprile 2015
PRIMOPIANO

La sera di martedì 3 marzo,
una rivisitazione
attenta e puntuale della splendida
Catania settecentesca, dove nacque,
visse, operò e morì il “poeta della
libertà”, Domenico Tempio, è stata
fatta dallo scrittore, saggista e giornalista
dott. Francesco Giordano, autore
del volume “Domenico Tempio,
cantore della Libertà” (edito nel 2011
per i tipi di Akkuaria), durante la dotta
conferenza tenuta al primo piano
del palazzo principesco Gravina-
Cruyllas, sede dei Museo Civici
“Emilio Greco” e “Belliniano” dal
tema “Domenico Tempio e la Catania
del secolo dei Lumi” e promossa dall’Associazione
“Akkuaria” di Vera
Ambra, nell’ambito della XV edizione
del “Viaggio tra le vie dell’Arte”,
col patrocinio del Comune di Catania.
Il nostro illustre, ma dimenticato,
concittadino, “giacobino e rivoluzionario
della letteratura”, mise coraggiosamente
alla berlina i vizi e le falsità
dei suoi contemporanei. Tempio
è stato insuperabile maestro di satira
aspra e fustigatrice contro il potere,
spesso ottuso e ignorante, della corrotta
classe dominante, un attento
osservatore dei suoi concittadini.
Terzo di 7 figli di Giuseppe, commerciante
di legna, e di Apollonia
Arcidiacono, Domenico, detto Micio,
frequentò per alcuni anni il seminario
vescovile, ne uscì a 23 anni nel 1773.
Iscritto alla facoltà di Legge, non riuscì
a laurearsi, ma si dedicò agli studi
umanistici e dei grandi poeti. Tradusse
alcuni classici latini e lesse con
molto interesse Machiavelli e Guicciardini
e alcuni tra i più discussi rappresentanti
della cultura francese.
Gli estremi cronologici della sua vita
oscillano attorno al culto agatino: la
nascita, il 22 agosto 1750, durante le
grandi feste estive della Traslazione
delle reliquie di Sant’Agata e la morte,
il 4 febbraio 1821, mentre l’argentea
vara di Sant’Agata compiva il
trionfale giro esterno della città.
Domenico fu battezzato nella chiesa
sacramentale dei Santi Apostoli
Filippo e Giacomo (come sarebbe
avvenuto anche per Giovanni Verga),
dove sposò Francesca Longo che
morì nel dare alla luce una bambina,
alla quale fece da balia la cameriera
Caterina, in seguito sua fedele compagna
che gli diede un figlio, Pasquale.
Tempio, “poeta nazionale e riformatore”
siciliano, frequentò l’Accademia
dei Palladii e il principesco
Palazzo Biscari alla Marina, salotto
letterario e sede di Loggia massonica
del gran principe mecenate illuminato
Ignazio Paternò Castello di Biscari,
condusse una vita molto ritirata e
modesta. Imparò il francese dall’avvocato
Giovanni Ardizzone, coraggioso
patriota catanese che tanto aveva
sofferto per i suoi ideali politici.
Ottenne una pensione sul Monte di
Pietà Sant’Agata e sulla Mensa
vescovile e un sussidio dal Municipio
per interessamento dei suoi fidati
amici, tra cui diversi insigni accademici
e docenti universitari sacerdoti
della Chiesa di Catania governata da
un insigne vescovo filantropo palermitano,
mons. Salvatore Ventimiglia,
un protagonista innovatore e colto
della “rivoluzione culturale” di Catania:
Francesco Ferrara, Giovanni Sardo,
Domenico Gagliano, Francesco
Strano, illustri e colti esponenti dell’Intellighenzia
cittadina che potevano
accedere alla ricca e preziosa
biblioteca privata del Ventimiglia da
lui donata all’Università con l’obbligo
della consultazione pubblica e
gratuita e che oggi costituisce la
“Biblioteca Ventimilliana”. La cultura
catanese fu costretta a misurarsi
con le problematiche europee del
Giansenismo e dell’Illuminismo, con
i modelli muratoriani del “buon
gusto” e della “regolata devozione”
Gli amici di Micio erano legati da
vincoli di collaborazione e di amicizia
ai frequentatori del “piccolo
giardino del Tempio” per ragionar
di filosofia e di letteratura.
Morto all’età di 71 anni, Tempio fu
sepolto nella chiesa dei confratelli
dell’arciconfraternita “San Giovanni
Battista”, alla quale era stata
aggregata la “confraternità del
Monte di Pietà” sotto il titolo degli
Onorati Azzolini che avevano il
caritatevole ufficio di assistere i
condannati a morte per decapitazione,
nella strada Ferdinandea, già
San Filippo ed oggi Garibaldi,
distrutta dal bombardamento aereo
dei “Liberators” statunitensi scortati
dalla Caccia britannica il martedì
11 maggio 1943, fino ad allora
chiesa capitolare del Sovrano Militare
Ordine di Malta. La tomba del
poeta è così scomparsa tra le macerie.
Tempio, attraverso un percorso iniziatico
e framassonico, con sorprendente
e coraggioso realismo detestò
la crassa ignoranza popolare causa di
ogni male, la malvagità, la miseria
umana e l’ipocrisia perbenista della
società apparentemente puritana del
suo tempo ma ha avuto la sfortuna,
solo dopo 60 anni dalla morte, di
essere a lungo censurato e considerato
ingiustamente poeta “pornografico
ed erotico” a causa delle poesie
“licenziose” che non furono mai fine
a se stesse e che egli non volle pubblicare.
La rivalutazione critica del
poeta è avvenuta nel secondo dopoguerra
del Novecento.
Insieme al palermitano Giovanni
Meli, Tempio è considerato il più
grande poeta siciliano, autore di quel
capolavoro pubblicato postumo chiamato
“La Carestia”, anticlericale ma
non immorale e agnostico. Le sue
opere furono pubblicate nel 1814
dalla tipografia dell’Università
(stamperia di li Regi Studj) di cui era
gran cancelliere il vescovo.
Nella seconda parte dell’interessante
incontro culturale, è intervenuto lo
scrittore Tino La Vecchia che ha trattato
di “Catania e i suoi letterati”
focalizzando in particolare l’attenzione
sul Vate Mario Rapisardi, il
leggendario avversario di Carducci e
di Verga, e sul noto autore della
“Centona” Nino Martoglio, scrittori
che operarono attivamente, in campi
artistici ben definiti, nel vivace agone
culturale cittadino tra Ottocento e
Novecento.
Lo studioso ha concluso il denso
excursus letterario leggendo una bellissima
poesia del celebre commediografo
e regista “Nica”, in cui
emerge la ricorrente casistica dell’amore
svanito: l’inganno, la passione,
il tradimento, la vendetta.
Blanc