sabato 18 gennaio 2014

Il mercatino delle anticaglie di Catania resta a piazza Dante, una scelta giusta







Il mercatino delle anticaglie di Catania resta a piazza Dante, una scelta giusta

Avevamo riferito, nei mesi precedenti, dello spostamento dello storico mercatino delle anticaglie (o delle pulci o cose vecchie che dir si voglia) di Catania, dalla sede decennale della zona del mercato quotidiano (piazza Carlo Alberto, poi piazza Grenoble, infine sullo stradone di Corso martiri della libertà), nella antica platea dell'ex monastero dei Benedettini, in pieno centro storico della città dell'elefante, a poche centinaja di metri dal Duomo; così non solo assecondando la logica che vede il mercatino presente da un trentennio in città, tornare in un luogo adatto perchè antico e suggestivo (per chi lo ricorda, negli anni Ottanta le poche bancarelle dei venditori di francobollii e monete e libri, erano sotto i portici di piazza Mazzini...), ma anche seguire l'andazzo di tutte le grandi città del mondo che vedono lo svolgersi di tale commercio in luoghi siffatti.

Bisogna aggiungere che nella amministrazione comunale, ritornata, di Enzo Bianco, se c'è un Assessore attento perchè umanamente permeabile agli ultimi e ai bisognosi, è l'avvocato Angela Mazzola (così ci è stato riferito e non v'ha motivo di dubitarne: svolge attività di volontariato oltre la professione, in una comunità parrocchiale), alle Attività Produttive : a lei si deve il riordino dei bancarellari, che non sono abusivi come qualcuno sostiene perchè pagano il suolo pubblico alle casse comunali, compresi gli zingari a cui proprio per la sensibilità dell'Assessore, è stata riservata la parte sud della piazza, propspicente l'ex convento della Trinità adesso in ristrutturazione, nonchè la scelta, da settembre, del luogo. Scelta e svolgimento che, se nelle prime settimane (precisiamo che la nostra è cronaca da habitué, non orecchiamento de relato, poiché ogni domenica siamo in piazza sin da prima dell'alba) ha destato qualche mormorìo nei venditori, circa quattrocento, abituati alla zone precedenti, si è negli scorsi mesi stabilizzata, perchè è notevolissimo, specie nella tarda mattinata, l'afflusso di persone che continuano ad aquistare oggetti riciclati. Ciò tra le altre cose dimostra come è fiorente il mercato del riuso, e coloro che ne attingono sovente han la possibilità economica di acquistare il nuovo, ma preferiscono l'usato. Ovvero, non è più, come anni fa -rimangono pochissimi che ancora la vedono così- un vezzo da arricchiti o artisti bohemièn, ma una scelta precisa. A volte o sovente, necessità.

Per cui il luogo alla fine è piaciuto a tutti, operatori e amministrazione: la quale a' primi di gennaio con una apposita delibera ha deciso di prorogare l'autorizzazione, in via "sperimentale", del sito, sino alla fine di febbraio. Prevediamo che la "sperimentazione" sia prodromo della stabilizzazione, ovvero che il mercatino finalmente rimanga in piazza Dante, davanti il monastero sede delle Facoltà umanistiche della università catinense: questo per diverse ragioni, di carattere pratico, psicologico e contingente. Alcuni, si dice un centinaio, han raccolto delle firme per spostare il sito: ma sono la minoranza, la maggioranza degli operatori ha accettato il luogo, perchè in ogni caso l'affluenza di pubblico, come e più nelle sedi precedenti, c'è; il quartiere, e per quartiere limitrofo ne intendiamo più di uno, dalla zona di via Vittorio Emanuele-Garibaldi a tutto il circondario nord-ovest della via Plebiscito, ossia il Corso, i Cappuccini; senza dire di San Cristoforo più distante, ne trae giovamento economico (molte attività commerciali ambulanti e fisse incassano, compresi i posteggiatori); gli abitanti sono anche in alcuni casi gli stessi bancarellari, che non si spostano molto; per i rom o zingari, utilissimi sia ai vendotori (comprano molti da loro, e poi rivendono nella stessa mattinata, agli avventori ignari che arrivano tardi...) è un buon luogo perchè non solo essi regolamentati, ma controllati e settorializzati; la vigilanza non manca, seppure i VV.UU. del Comune siano pochi, non disertano l'appuntamento; la vicina caserma dei Carabinieri è utile presidio. In definitiva, più positività che negatività. Alcuni consiglieri di quartiere, in una apposita recente riunione, si sono lamentati degli "abusivi", un concetto fluttuante, specie a Catania e in tutta la Sicilia: lamentazioni strumentali per due ragioni: 1°, essi consiglieri han lo "stipendio" garantito dal Comune, anche se ridotto rispetto al passato, e rappresentano una minimissima parte della popolazione del quartiere; 2°, una volta tanto che l'amministrazione -la quale sa benissimo lo stato di disastro economico delle famiglie e dei singoli, anche se con i redditi fissi e rintracciabili fa l'esattore feroce- cerca di essere rappacificatrice e "chiude un occhio", v'ha chi mormora... Non ci si contenta mai.

Un problema, posto che la piazza è il luogo di raccolta in caso di disastro sismico, potrebbe essere l'ingombro di essa: ma sarebbe una fatalità assoluta se un eventuale terremoto coincidesse con la domenica -invero non evitabile per i misteri della Natura-, e comunque date le condizioni purtroppo non perfette dei palazzi settecenteschi circostanti, la prospettiva di ricovero sarebbe in parte risibile. E' anche vero, come alcuni hanno notato ed anche da parte nostra è stato riscontrato, che la pulizia della piazza nelle ore pomeridiane procede non velocissima, e vi sono alcuni bisognosi che rovistano negli oggetti lasciati dai bancarellari: ma se questo può impressionare, c'è da dire che in tutte le grandi metropoli del mondo sono milioni i diseredati che attingono ai rifiuti e alle minutaglie, per mancanza del necessario. Chi critica senza ragionare non si immette nel vissuto di quei poveretti che han l'unica speranza di scavare nei cassonetti o di rovistare tra i rifiuti. Quindi anche lo scarto dello scarto è comunque riciclabile: in epoche come quelle attuali non si getta, o non si dovrebbe gettare, che il necessario, mentre il consumismo imperante permette ed anzi amplifica un "indotto" inevitabile, e utilissimo, del riciclo: che i più dandy han deciso di appellare "vintage" e la gente comune, cose vecchie.

Dunque ben venga e rimanga il mercatino delle anticaglie nell'area di S.Nicolò la Rena di Catania, prospicente l'ex monastero reso celebre da Federico De Roberto ne "I Vicerè", ladddove i monaci cadetti delle più aristocratiche famiglie di Sicilia, erano gaudenti e peccaminosi pur all'ombra della magnifica cupola del tempio incompiuto, opera del cavaliere di Malta Stefano Ittar, autore anche del palazzo dei Cavalieri nell'isola mediterranea. Quella "arca" suprema ospitò Re e letterati, musicisti sommi e oscuri viaggiatori delle misteriosofie di ieri e di oggi, da Goethe a Bellini; vi fu Abate il Beato Cardinale palermitano Giuseppe Benedetto Dusmet, era mèta prediletta dei Borboni, dei due Ferdinando, e Garibaldi dal lucernario della cupola guardava, come scrive nelle Memorie, Catania e il mare di Sicilia "con lo sguardo appassionato d'un amante". Il tempo trascorre, ma le dieci colonne spezzate della facciata della chiesa di San Nicola, opera dei Battaglia, proteggono i pacifici commerci, le opere dell'Uomo non contaminato dalle impurità.

Francesco Giordano

(Le fotografie del mercatino e del tempio di San Nicolò la Rena, sono dell'autore dell'articolo, scattate il 12 gennaio 2014)

"La bella addormentata nel bosco", fiaba musicale, al Piccolo Teatro di Catania, 4-6 gennaio 2014






"La bella addormentata nel bosco", fiaba musicale, al Piccolo Teatro di Catania, 4-6 gennaio 2014

Nell'ambito della stagione 2013-2014 del Piccolo Teatro di Catania, grande successo ha riscosso la favola musicale "La bella addormentata nel bosco", da Perrault e Grimm, adattata e rielaborata da Domenico Carboni, con la regia di Gianni Salvo, che del Teatro è l'artifex discreto e attento. Collaborato da Oriana Sessa per scene e costumi, da Simone Raimondo per luci e suoni e dal maestro Pietro Cavalieri per le musiche originali, il regista da un quarantennio versato per le fiabe che trasmettono a grandi e piccini il messaggio universale del viaggio immenso nel sogno e nella fantasia la quale è il fiume carsico della vita, ha dato luogo ad una rappresentazione leggera e intensa, vagante fra l'onirico e il musicale, senza discostarsi dalla tradizione che vede "la bella addormentata" fra le più celebri storie della letteratura per bambini.

E' infatti nel XIX secolo, con il celebre balletto di Ciaikowski, che la fiaba assume diffusione mondiale: da lì gli adattamenti, sino al notissimo cartone animato della Disney, del 1959. La rilettura di Carboni è rispettosa della tradizione e innovativa quel tanto necessario per non segnalare sbavature e rientra nei canoni ricettivi di un pubblico per lo più di bimbi, ma anche intende far leva sul "fanciullino" pascoliano degli adulti, poichè attraverso l'inserzione delle musiche di Cavalieri, dona un tocco di visione operettistica ad una narrazione che ha il sapore dell'onirico e del partecipato.

Gli attori, Maria Rita Sgarlato, Giuseppe Carbone, Davide Sbrogiò e Tiziana Bellassai, riescono perfettamente all'altezza dei loro ruoli, evidentemente con una lunga dimestichezza nei personaggi. La più incisiva risulta la Fata Celestina-Bellassai, con la verve assoluta che la caratterizza in un crescendo di intensità e coinvolgimento verso il pubblico; ma non meno partecipati i ruoli degli altri protagonisti, per una pièce di circa un'oretta che ha coinvolto (il 4, 5 e 6 gennajo c.a.) il numeroso pubblico intervenuto, confermando la tradizione del Piccolo Teatro come ritrovo di alta classe ove si "galoppa con la fantasia", per dirla con la versione di Carboni, perchè "le fiabe sono sempre di moda ieri e oggi come domani".

E se il principe atteso da Aurora non sarà sempre l'ideale, suggerisce sottilmente la versione di Salvo-Carboni, nondimeno lo scioglimento iniziatico del messaggio permetterà all'Amore, ovvero alla speranza, di superare ogni ostacolo sia interiore che esteriore (il bosco incantato, la tristezza adolescenziale della fanciulla), e giungere alla via, il cui futuro percorso non si sa quanto sarà determinato (la fiaba si chiude con una festa di fidanzamento fra il maturo principe, che forse non è principe ma si crede tale, e la ragazza: fidanzamento, si badi, non matrimonio...) e possa essere, forse è, di sostanziale positività. Non è facile modulare nel XXI secolo messaggi e segni, simboli e storie iniziatiche di due secoli fa o senza tempo, come quella qui riportata. L'abilità dei maestri ciò permette, e la ricezione conscia o inconsapevole del pubblico, specie dei più puri, ovvero dei piccoli, fa sì che il messaggio passi. E soprattutto, come il seme di antica memoria, doni frutto, che il tempo renderà denso di emozioni.

F. Gio.