martedì 7 dicembre 2010

La Villa Bellini di Catania, uno zombie senz'anima




Dopo la riapertura ed il ‘restauro’



La Villa Bellini senza anima, è uno "zombie"



Tornato al pubblico con gran clamore, il giardino che fu dei catanesi ha perduto
la sua anima autentica – Segni inevitabili del cambiamento, pochissime migliorìe -



Non abbiamo sinora affrontato l’argomento della riapertura, il 23 settembre u.s. dopo un restauro durato tre anni abbondanti, del giardino pubblico catanese intitolato a Vincenzo Bellini, per far diminuire l’orgia di verbosismi, similari a bolle di sapone, che un atto il quale dovrebbe essere, e non è stato, di ordinarietà, ha generato. La politica-spettacolo imperante negli ultimi lustri, ha purtroppo captato proseliti ovunque, e nella nostra città in gran copia. Parimenti, non ci addentreremo sulle, fondate quanto si vogliano, polemiche sui costi del riordino della Villa, alimentate –crediamo con più di una giustificazione- dal noto Comitato per la salvaguardia della Villa, spontanea associazione di cittadini sòrta a suo tempo per vigilare sui lavori, ed alla quale va riconosciuto il merito di essersi opposta a scelte affatto scriteriate, come quella ventilata anni fa di trasformare il piazzale centrale in un inutile lago. Altresì concordiamo col Comitato nella interpretazione errata fornita financo dagli esperti in giardini pubblici del competente Ministero, laddove la visione conservativa del restauro della Villa è stata assolutamente stravolta da interventi che non hanno lasciato, se non in grandi linee, l’impianto originario ottocentesco e novecentesco, inserendo nella struttura del giardino elementi nuovi che ne stravolgono la fisonomìa. E ciò basti a dar l’idea.
Intendiamo qui intrattenerci, dopo alcuni sopralluoghi effettuati, intorno a quel che era, e si sottolinea era, per noi che serbiamo il culto della memoria, personale e collettiva, ricordo sempre vivo di tempi d’infanzia, lo stato della Villa a fronte dell’attuale, sotto gli occhi di tutti. Inevitabile precisarne le differenze, anche se è nota la labile capacità mnemonica del cittadino comune, del catanese in particolare, sfaldata con il tempo (per fortuna le fotografie ed i filmati aiutano a non dimenticare). Neppure è necessario indulgere in quel languore da "laudatores temporis acti" che è stato pure rimproverato, da parte di certi Soloni pavoneggiatisi, a suon di libri sontuosi, quali oracoli delfici del triangolato sapere, i quali vestendo calzoni mascolini invece che muliebri gonnelle, e ben lungi dall’aver avuto i natali sotto le lave punzecchianti della città dell’elefante, filosofeggiano da profani ed hanno sfregiato, credendo magari di rendere un servizio, quel tempio collettivo all’aperto, che era il giardino Bellini, già ritrovo di misteriose delizie del principe di Biscari; principe settecentesco egli sì munifico amatore di Sapienza, adepto della Luce, il quale è oggi, ne siamo per diversi segni più che certi, ben lontano nel suo afflato di anima infusa nel Libro Sacro, da codesti e codeste figure le quali ventilano di echeggiare, tra simboli e mistagogìe, la sua illuminata opera. Chi può comprendere, evangelicamente, comprenda.
La Villa tornata a disposizione de’ catanesi, è sin dall’ingresso di via Etnea, orba dei cigni, già del resto spariti poiché dilaniati dai cani randagi (non è questa una giustificazione sufficiente: i randagi ci sono sempre stati…), nella sua vasca centrale –dal fondo grigio, prima era azzurro-: sostituiti chissà perché da animalacci neri in ferro (o plastica?), pòsti all’interno della vasca. L’orologio, acquistato durante la sindacatura di Papale dalla Svizzera ed orgoglio per la sua precisione, è mònco delle cifre, sostituite da palmette insignificanti. Poco male, si dirà. Il piazzale centrale (slargo ove si son sempre tenute le manifestazioni pubbliche: a noi piace appellarlo XXVIII ottobre, come a’ tempi del Fascismo, quando si teneva la cerimonia della leva del regime) è come prima, privo tuttavia all’angolo di N-O della gradevole e bella, nonché utilissima, piccola ‘bambinopoli’ che l’allora Sindaco, oggi senatore, Enzo Bianco aveva fatto impiantare in loco, per la gioja e il diletto dei bambini, i quali non hanno entro il giardino centrale della città nessun luogo di divertimento (non consideriamo quelle stupidissime, nonché pericolose, attrezzature ginniche impiantate dal lato di piazza Roma, adatte agli adulti, fruite per disperazione da alcuni piccoli ma estremamente pericolose per loro, come si può verificare). Fino al 2007, anno della chiusura, oltre alla bambinopoli del piazzale, c’era la vecchietta col trenino della collinetta sud, sul cui trabiccolo tutti salimmo da infanti, nonché altri giochi (il cavalluccio, la scimmia parlante) vicini: e sotto accanto alle statue di Lazzaro, altra giostra, piccola ma utile: sparita ogni traccia di giochi per i bimbi. La Villa, ci si faceva notare da parte di uno dei Vigili Urbani di guardia in loco, era per i bambini e dei bambini: almeno un tempo, ora non più.
Proseguendo, immettendosi nel viale degli uomini illustri (busti per l’ennesima volta restaurati), notansi bacchette di ferro senza nessun senso se non quello di creare, a detta degli installatori, il clima del giardino settecentesco: così la scala (ritrovata, affermano sempre costoro…è uno dei motivi dell’immissione di quattrini della UE che ha aggravato il costo…) la quale collega, attraverso un passaggio fra il suddetto viale, sotto la statua di Androne, al chiosco della musica, e un angolo pitturato in nero il quale non solo è stato già bruttato dalle scritte dei vandali, e preso inevitabilmente per orinatojo, ma –lo abbiamo fotografato, chiunque lo può verificare- dopo le prime piogge autunnali, nel tetto superiore (appena costruito…sarà fatto di cartongesso? Con il denaro speso…) proprio sotto la statua di Androne, è già comparsa una enorme macchia di acqua, che ha creato la muffa. Insomma, si vede che codesti ‘muratori’ non erano neppure degni di adoprare la cazzuola ed entrare in un tempio, se non hanno saputo fare ad arte i loro lavori… Li si cacci con ignominia dal novero degli apprendisti allora, e li si bruci fra le colonne (ideali), se pure la muffa spunta in costruzioni da poco ultimate!
Nel viale degli illustri, erano le panchine di bronzo pressofuso: sono sparite (dove son finite? Pensar male si fa peccato, ma si indovina…) sostituite da altre con struttura metallica e piani e spalliere in legno, il quale ci si augura –ma non si spera- che non marcisca presto, sì da essere sostituito con conseguente costo a carico della collettività. Opera invece da lodare è il ricollocamento, al fine del viale ed in cima alle scale di collegamento fra sopra ed il piazzale, della poliedrica meridiana solare del Sartorius e Peters, ottocentesca, contornata –questa la gradevole novità- da ordini circolari di marmo bianco, per creare effetti astronomici, e d’altro genere. Scendendo nel vialetto dietro il piazzale, il gruppo tristatuale con vasca in pietra lavica di Giulio Moschetti, tritoni su pesci, appare –ma è artatamente mascherato- rimaneggiato alquanto; ricordiamo benissimo che una delle teste dei putti laterali fu rubata circa cinque anni fa, ora pare questi ultimi siano stati rifatti completamente. L’occhio attento e mèmore lo può verificare. Mentre è da plaudire la scelta di collocare a N-O, in un piccolo spazio a prato verde (prima era, senza nome, nel viale degli uomini illustri) il busto marmoreo di Pietro Platania, insigne musicista e grande contrappuntista del XIX secolo, autore di musica sacra e dello Spartaco, pochissimo ricordato ed a cui la città dovrebbe più grata memoria serbare. La collinetta nord, ove un tempo era il chiosco cinese in legno (bruciato, da chi? Ce ne occupammo su queste pagine a suo tempo), che si dice debba esser ricostruito, è brulla e spoglia, nonché persino priva dei sedili in pietra che prima la ornavano. Inoltre, per il decoro comune come per la sicurezza dei Vigili, è in istato semplicemente vergognoso l’interno della garitta affacciata su piazza Roma, luogo di stazionamento dei VV.UU. di guardia e sede del centro telecamere: non è stata pitturata (esternamente sì!), ed i soffitti cadono letteralmente a pezzi… provare a vedere per credere (dopo tutti i milioni di euro spesi)…
Tornando infine al suddetto viale degli illustri, ivi è l’opera più evidente nella sua sconcezza (non abbiamo esitato a definirla una porcata, e qui lo si ribadisce), del cosiddetto restauro: laddove un enorme ‘buco’ circolare, ai dì nostri di bimbi, quel che era nel Settecento il labirinto di Biscari con le sue otto porticine, chiudeva in uno spazio curioso la volpe argentata, circondata da una ringhiera verde (e soprastata da una rete a maglie che impediva di cadervi sotto), essere che noi si osservava con misteriosa curiosità, noto anche per la sua puzza: ivi è nuovamente un buco circolare, nera ringhiera attorno, che racchiude… un cilindro in pietrisco il quale ha nella sua sommità una finta vasca, con acqua circolante in perpetuo, la quale ha attorno… degli uccelli finti, in ferro (o plastica), e neri, neri, neri… L’apoteosi della pacchianeria, del cattivo gusto e della oscenità estetica. Non arriviamo a rimpiangere le voliere che fino agli anni Sessanta (non ci sono più, erano tre) chiudevano in enormi gabbie canori uccelletti; neppure i pavoni che erano in libertà; anche se pensiamo con nostalgia, per averli veduti quasi in una magica ottica, alle scimmie che erano nella gabbia a sud sotto il piazzale (le rammentiamo coi deretani sempre rosseggianti, e avidi di caramelle; i più anziani precisano di "Gino d’’a Villa", un celebre primate), al pellicano triste che solo stazionava in altra gabbia vicina; alle paperelle, c’erano fino a tre anni fa uniche rimaste, della vasca in lava di piazza Roma; rimpiangiamo sì invece il vecchio elefante, dono del circo Togni, il quale era la gioja di tutti perché gettava in alto la paglia e spruzzava l’acqua, con la gloriosa proboscide. Questa era la Villa Bellini, il giardino dei catanesi, grandi e piccini: quando l’amministrazione comunale (vogliamo citarne i nomi? La Ferita, Papale, Micale, Marcoccio, gli assessori Filina Gemmellaro, Alfio Giuffrida, Italia Feltri, il povero Guarnaccia… veri amanti del bene pubblico, e della Villa in particolare) era autenticamente in sintonia colla città reale (non falsa e snaturata nella sua etincità e nel suo essere, come accade oggi), non lontana e tirannica; e quando i catanesi veraci –non ce ne sono quasi più, quelli che restano si accorgono di essere isolati- si interessavano, magari gridando, magari imponendosi còlla forza, ma per il bene collettivo; mentre oggi poco è il riscontro e bassa l’indignazione per aver avuto discerpato il cuore verde della Villa.
Il segno finale, utilissimo nella sua funzione ma significativo per il grado di percezione plastica del decadimento sociologico della società tutta, è la sorveglianza 24 ore su 24 che alla Villa è stata messa in rete, attraverso un circuito nutrito di telecamere di sorveglianza (la centrale operativa, guidata dai VV.UU., è nella guardiola di piazza Roma): ogni movimento di quel che accade all’interno del giardino è filmato e conservato (sarebbe bene sapere per quanto tempo, se si effettuano copie di backup dei video, se essi sono immessi in banche dati, e quali: su tali aspetti, non risulta esservi stata nessuna opera di trasparenza verso il pubblico). Molti han plaudito all’iniziativa, come deterrente per maniaci pedofili e guardoni: lo è certamente (anche se i due, uno o tre Vigili di sorveglianza, non hanno nel concreto la possibilità di intervenire de facto, ed a volte anche evitano, in casi di trasgressioni), ma si pensi a chi, e citiamo il Verga che in fine Ottocento andava alla Villa ad assistere ai concerti coll’amante del tempo, la Dina di Sordevolo: se fosse stato filmato, ed il video conservato per i decenni successivi, vi sarebbe mai andato? Ed il Biscari od i successori e le amanti, avrebbero mai gradito l’occhio onnipresente del ‘grande fratello’ in quel luogo di mistero per eccellenza, ove tra palme e fiori si rubavano i baci, con una innocenza ora perpetuamente violata? Tristemente, una delle scorse mattine, scorgevamo nel transitare in loco le oramai rarissime coppie di ragazzetti, intenti alle effusioni solite: non sanno, o se ne infischiano ed anzi magari ne godono, di essere perpetuamente filmati (magari fra trent’anni, se diverranno famosi, i loro video da adolescenti saranno ripescati per, chi sa, ricattarli od utilizzarli per immaginabili fini… forse il nostro è scenario fantasioso, ma nella società odierna non si può più essere certi delle limitazioni un tempo statuite…).
In fine, dopo la normale curiosità dei primi giorni, la Villa Bellini, lungi dal tornare ad essere, come pomposamente strombettavano i politici, il giardino di delizie dei catanesi, è entrata in pieno XXI secolo estinguendo la sua anima autentica. E’ uno "zombie", un morto vivente: un autentico ectoplasma incarnato. Non possiamo adesso dirlo ai nostri bimbi, ai piccoli, allorché ivi li facciam correre, ignari. Lo spiegheremo poi, quando saranno grandi, quel che han perduto, quel che in noi rimane: quel che (è un sogno? Forse, ma non si può impedire…) potrebbe tornare, come allora, nelle luci immòte dell’arcobaleno.



Bar.Sea.



Nelle foto: l'orrenda fontana con i cigni neri finti... nel luogo ove un tempo c'era la volpe argentata...ed il vano sottostante la statua di Androne, ove si immette la 'nuova' scala, col soffitto di cartongesso già invaso dalle infiltrazioni di acqua...(scattata il 20 ottobre 2010)!


(Pubblicato su Sicilia Sera n°334 del 5 dicembre 2010)

Mentre la Sicilia muore... la Regione langue


Il tempo è quasi scaduto per le riforme


Sicilia moribonda, e la Regione langue


Le intenzioni laudevoli del Presidente Lombardo si scontrano violentemente con il quadro disastroso della situazione descritto da Lo Bello leader di Confindustria Sicilia – Ora o mai più -


Da queste colonne, sin dalla fine del 2009 che vide la svolta del governo regionale presieduto da Raffaele Lombardo in senso riformista, prima emarginando vasti settori di quella maggioranza, il PDL, che l’aveva sostenuto alle elezioni del 2008, poi esautorandolo di fatto col governo ‘tecnico’ il quale, da settembre, ha il sostegno esplicito del centrosinistra (ossia PD ed alleati), abbiamo osservato, commentando con simpatia il percorso politico –ed anche personale- del Presidente. Anche perché egli è stato, e lo abbiamo constatato, il primo e l’unico a parlare, a rivendicare verbalmente sia il concetto storico politico dell’autonomìa dell’isola dallo stato centrale unitario (la cui indissolubilità nessuno, neppure Lombardo, ha mai messo in discussione: a differenza dei leghisti al nord…), sia la mentalità in certo senso unica dei siciliani i quali, dall’indotto al coltissimo, posseggono nel DNA il senso della propria identità nazionale sicula. Bisogna dargli atto, e la storia lo ricorderà, di codesto grande merito, di questa apertura mentale senza dubbio coraggiosa, che nessuno dei predecessori, nei 64 anni di Statuto speciale, ha mai avuto (egli stesso eccettua Silvio Milazzo, e l’esperimento breve e fallimentare del 1958 dell’USPS).
Questo è un dato di fatto. Purtroppo, è stato, lo scriviamo con tristezza dato che il tempo rappresentato dai grani della clessidra è giunto al fine, vano eloquio ancorché nobilissimo, non tradottosi in realtà tangibili. E che ciò sia, lo afferma senza mezzi termini la compagine imprenditoriale la quale, con sfumature varie, si era espressa in modo favorevole alla svolta riformista ed autonomistica di Raffaele Lombardo, ovvero Confindustria Sicilia. L’intervista infatti che il suo Presidente, Ivan Lo Bello, ha rilasciato al quotidiano del Direttore Mario Ciancio lo scorso 12 ottobre, è eloquente nel fotografare con drammatica evidenza, il disastro della economìa, e della classe politica al governo, siciliana, asseverando che si è affatto fuori da ogni logica di investimenti, assenti, nell’isola e che così continuando (per tutto il Sud Italia, aggiungiamo noi), è stabilito verso l’abisso il destino della Sicilia.
Tali i passaggi cruciali: "La situazione economica della nostra regione è drammatica. Certo non per responsabilità di questi ultimi due anni, ma per situazioni che vanno accumulandosi da tanto tempo, troppo tempo. Oggi, purtroppo, siamo arrivati ad un punto di non ritorno e non è più possibile perdere tempo e nemmeno prendere tempo. Bisogna fare scelte precise, con coraggio, con lucidità e con chiarezza. Ma ora…C'è il crollo delle entrate fiscali, che rappresentano sino ad oggi il 65% dei bilancio della Regione, cui dovremo sommare l'anno prossimo anche la decurtazione dei trasferimenti di risorse per effetto della Finanziaria di Tremonti. Si tratta di un combinato che può avere per la Sicilia effetti letali, è sotto gli occhi di tutti, così come è chiaro che per fronteggiare l'emergenza non basta il blocco della spesa. Oggi per evitare di finire nel precipizio, bisogna agire con maggiore determinazione per puntare a risanare il bilancio, cominciando ad eliminare le tante spese legate ancora ad un sistema parassitario, a snellire quella rete clientelare che continua a costare ai siciliani un occhio della testa…un Pil negativo, da cui con questa situazione politica, e con le incertezze che si stanno evidenziando, difficilmente si riuscirà a riprendersi senza un'azione forte, perché saremo a lungo ancora con questa crisi alle prese con consumi in calo e, soprattutto, investimenti inesistenti…Sapete che che cosa sta accadendo in Europa? Che ci sono rappresentanti di grandi imprese che vanno in giro, cercano nei vari paesi le migliori condizioni per capire se conviene investire lì o altrove. E i paesi e le Regioni fanno ponti d'oro per cercare di attrarre gli investitori. Dalla Sicilia stanno scappando, è la triste e dura verità….si decida una volta per tutte. Si dica sì a questo, no a quello, definitivamente. Perché per gli investitori la situazione più stressante, che li fa scappare alla fine via, è quella dell'incertezza. E parliamo di investimenti pubblici e privati".
E’ un q uadro impietoso, desolante, drammatico: di chi vede la ‘crozza’ appunto sopra il ferro del cannone: è questa la Sicilia del nostro futuro, dei nostri figli, dopo tante illusioni perdute? Pare proprio di sì. Gli investitori stranieri non solo scappano, come dice Lo Bello, per le assurdità della burocrazia regionale e per il dichiarato fallimento di essa –come si è letto dalle affermazioni dell’Assessore Armao, che ha negoziato il prestito per le spese correnti, e certamente ciò non prevede idee di sviluppo, poiché chi deve limitarsi a reperire il ‘pane quotidiano’ non ha la possibilità di progettare una crescita sociale collettiva- ma cercano, e trovano, mercati favorevoli. E’ delle settimane scorse l’affitto (quasi una vendita) ultratrentennale del porto industriale del Pireo in Atene al governo cinese, che ivi importerà (i traffici merci dalla Cina sono per l’ottanta per cento via mare) le mercanzie ivi, quindi attraverso le efficienti reti ferroviarie balcaniche, distribuirle in Europa. E qui ancor si discetta, ma la casa automobilistica smentisce, di eventuale acquisto dello stabilimento quasi ex Fiat di Termini, da parte di Toyota Mentre le piccole realtà imprenditoriali (esempio il tessile, fallimento dell’impresa camiciaria Castello ubicata a Brolo, acquisita con diversa strategìa da Spatafora, anch’essa in crisi) languono e se non fossero agganciate a piccoli e grandi potentati politici, sarebbero strangolate, il governo regionale deve negare i fondi a 140 comuni che rischiano il dissesto finanziario; mentre è quasi inverno, e si spera nell’ajuto della Madonna Odigitria protettrice della Sicilia, perché a Giampilieri (ed in altre simili realtà), poiché nulla o quasi è stato messo in sicurezza, non crolli ex novo la montagna di fango, seppellendo vite innocenti la cui sola ‘colpa’ è quella di essere atavicamente legate alla terra nativa. Sia chiaro, le responsabilità sono decennali e di tutti: anche e soprattutto di quel centrodestra , o PDL, che oggi guerreggia con Lombardo per puri scopi di potere, infischiandosene del bene comune, o fondando partitelli specchio per le allodole (vedi Forza Sud di Micciché, il cui comportamento è meglio non definire…); mentre da parte dei maggiorenti del PD, v’ha l’aire di un clima da caduta degli dèi laddove sino all’ultimo giorno, si rimane per motivi oscuri, ma a molti noti, bellamente incollati alla poltrona. Ed il clientelismo da parte dei sindacati, delle corporazioni, dei raccomandati dai politici, impera sovrano, con l’illegalità evidentissima, il commercio dilagante degli stupefacenti, il mercato nero, che è ben più grave di quel "ribellatevi al male" che un Pontefice come Benedetto XVI, evidentemente disinformato dai medesimi Vescovi di Sicilia, ha avuto la tristezza di predicare settimane fa, nella sua visita in Palermo. Egli non sa che è ben difficile vivere onestamente in Sicilia, e che il suo invito alla ribellione, sovente vuol dire morire (sia moralmente che, a volte, pure fisicamente). Avrebbe fatto meglio, lo scriviamo col massimo rispetto per la sacra pantofola dell’Altare di Pietro, a predicare un brano delle virtù francescane o, meglio ancora, dei Benedettini che tanto egli ama.
Non è necessario citare la sociologìa di Alberoni su innamoramento e amore, per constatare che ove la fiamma del sentimento, ed è così per l’autonomismo sicilianista di Raffaele Lombardo, non sia ravvivata da atti concreti, spengesi inevitabilmente nella trista polvere del tempo. Il chiasso dei peones e di coloro che fan parte della corte, non servono in questi casi che a sanzionare il fallimento. Lo si ribadisce: Raffaele Lombardo è uomo di coraggio, ma il tempo è pressoché finito: o si sceglie ora, con gesti impositivi che non possono più essere quelli finora registrati (sanità e gestione rifiuti han generato apprezzamenti ma anche vasti malumori), bensì di rilevanza concreta (esempio: abolizione d’autorità di tutti i passaggi burocratici per gli investimenti delle imprese di qualsivoglia importanza in Sicilia, detassazione assoluta degli utili per i primi tre anni dall’investimento, come accadde nella Romania post comunista; e per i cittadini comuni, riappropriazione delle accise petrolifere delle grandi compagnie sulla Benzina, e redistribuzione di quei 30 miliardi di euro l’anno, di cui lo stesso Lombardo in una non lontana intervista a La7 disse di non voler pretendere la restituzione dallo Stato, e la pretenda ora, ai cittadini medesimi, attraverso bonus benzina agevolati a tutti i residenti in Sicilia) e rivoluzionari. Altrimenti, sarà come una bella e non dimenticata melodia napoletana (a volte la canzone classica ajuta a capire più di mille discorsi) cantata da Sergio Bruni e presentata al Festival di Piedigrotta del 1964, "Sì turnata": "sì tu, sì tu, ccò è stisse capìlle, ccò è stisse buscìe, ssì ttu, si tu: \ sì turnata, nun mmè vasà, dàmmece ‘a mano, facimme finta, còmme si fosse mò, ca ‘nce ‘ncuntrasse". E se Heidegger ammoniva qualche decennio fa che "ormai solo un dio ci può salvare", a noi non resta che laicamente fidare in quella Natura onnigena la quale, in tante epoche, ha purificato l’aria dalle mefitiche essenze, ridonando dopo molte e reiterate sofferenze, l’azzurra Luce.


Francesco Giordano