mercoledì 30 giugno 2010

Nuova giunta comunale di Catania: tra il vuoto ed il nulla


Amministratori cambiati, problemi vecchi


La nuova giunta comunale del vuoto, avviata sulla via del nulla


Senza programmazione che non sia il risparmio a tutti i costi, tranne quelli degli emolumenti
di chi di dovere, parte il gruppo novello di Stancanelli – Assenti le opposizioni -

Alle scuole che un tempo si appellavano medie, ci si insegnava che il vuoto torricelliano è quello spazio d’aria che sovrasta la colonna barometrica. In altri termini, un luogo ove non vi è nulla, ma che sovrintende al movimento pulsante dell’essenza: esattamente quel che accade a Catania, leggendo in controluce, senza trionfalismi o false ipotesi, la composizione della nuova giunta comunale del Sindaco (e senatore…) Raffaele Stancanelli. Ha egli affermato di non gradire "pregiudiziali ideologiche", ma di essere aperto al confronto con la città. Quali pregiudiziali ideologiche invero può avere il cittadino, che si trova a leggere le brevi note dei curricula degli otto assessori –il Sindaco tiene la delega di altri quattro assessorati-, se non constatarne, come affermato, l’esistenza del vuoto di torricelliana memoria?
L’esempio più evidente, e forse più chiacchierato ma non unico, è quello della neo ‘assessora’ alla "Cultura e grandi eventi" (già la definizione sa di ridicolo…), signora Marella Ferrera, nota quale stilista à la page, in città ed oltre: "promotrice della riapertura  del Museo Biscari - promotrice della manifestazione "Civita in Fiore" - ha curato l'allestimento degli Acroliti di Morgantina rientrati dal Paul Getty Museum", queste le ‘medagliette’ sul petto che ella comunica alla città, onde giustificare la decisione del Sindaco. Pare molto poco, considerato che il cosiddetto museo Biscari, fra l’altro in un palazzo privato, non esiste –quello del castello Ursino, di proprietà comunale, non è stato, come si sa, inventato da lei- , la cosiddetta manifestazione di piazza Duca di Genova, di proprietà pubblica, altro non è stata –chi vi è passato- se non un negozio all’aperto per vendita di piante e pianticelle di vari commercianti, e l’allestimento di Morgantina non pertiene alle civiche attività. L’abbiamo udita, la signora Ferrera, in occasione di un concerto di musica greco-cipriota, sabato 29 maggio, nel cortile Platamone, intervenire per i consueti saluti, dopo il Sindaco: ad una precisa domanda di chi la intervistava, sulla programmazione estiva, quale che sia, ha ella risposto: "non abbiamo una lira, ma abbiamo il cuore!" Se tale è l’inizio, si può davvero affermare, come si dice in città da molti, che siamo caduti dalla padella nella brace.
Non da meno l’ingegnere Alberto Pasqua, già ‘scoperto’ dal Sindaco in occasione di quel caravanserraglio che sono stati i cosiddetti ‘stati generali della città’, coacervo di parole in libertà –avrebbe sentenziato Marinetti- volate nell’aire senza costrutto veruno. Egli è, sempre la nota biografica diramata, "estensore del primo  piano del traffico presentato al  Comune di Catania - già consulente AMT , della Provincia Regionale e di numerosi altri Comuni": senza scendere nei dettagli della applicazione, da molti vivacemente contestata nei fatti, del suddetto piano per il traffico, sarebbe bene che il Sindaco spiegasse alla città perché giubilare come assessore un ex consulente di quella azienda, l’AMT, che è per ammissione concorde la causa prima dei guai finanziari dell’amministrazione comunale, ed al cui fallimento gestionale han contribuito tutti coloro, dirigenti, che vi hanno partecipato: quindi anche il medesimo ingegnere, come si può dedurre.
"Prof. in Storia dello Spettacolo Acc. Belle Arti (Reggio Calabria) - Drammaturgo -  Produttrice Cinematografica (ha collaborato per anni con il regista Michelangelo Antonioni)- Vice Presidente Consiglio d'Amministrazione Teatro Massimo Bellini - si  è occupata di promozione turistica attraverso l'organizzazione di grandi eventi culturali e spettacolari": così la biografia della professoressa Cinquegrana: però chi la identificava sino a jeri, firma del quotidiano locale, era aduso registrarla come Rita Gari, il cognome del marito: qui ha usato il cognome suo, e passim. A parte che non si conoscono i grandi eventi a cui si fa riferimento, anche la gestione del Teatro Bellini, negli ultimi tempi, non ha lasciato molo spazio ai lati positivi, per costituire un merito tale da spingere all’assessorato: inoltre, quale criterio avrebbe portato la ex collaboratrice di Antonioni a tali lidi, trattandosi del noto regista (già stella di prima grandezza del GUF, all’epoca, poi idolo della sinistra) dell’incomunicabilità, può essere spiegato con la indubbia vena poetico cinematografica del predetto.
Accenno particolare merita Franz Cannizzo, "Consulente di Direzione Aziendale - Responsabile Nuova Impresa - Dirigente Confcommercio": è l’inventore in senso pratico della espansione, a volte sconnessa da logiche, delle pensioncine con acclusa abitazione a Catania, le quali hanno un buon successo, che all’inglese vengono denominate "bed and breakfast". E’ un giovane che conosciamo personalmente, preparato ed intelligente: pertanto ci ha (quasi) stupito vederlo in tale sgangherata compagine, poiché siamo convinti, nonostante gli espressi buoni propositi, che nulla di concreto, a parte riordinare qualche bancarella abusiva che subito dopo, ed egli lo sa, tornerà ad esercitare illegalmente come prima, gli sarà permesso di fare. Non citiamo gli altri assessori, per non dilungarci troppo. E’ anche chiaro che questi professionisti, o tecnici "di natura politica" (la definizione è del Sindaco Stancanelli, bravissimo a coniare terminologie astruse e non necessarie), godono dell’appannaggio, o stipendio mensile, di qualche migliajo di euro, ci pare, dovuto per legge agli assessori: mentre nessuno di loro ha dichiarato, stante il loro essere apparentemente estranei ai ‘giri’ della politica militante, di rinunziare in tutto (forse alcuni in parte, come prevede la normativa, se dichiarano di svolgere altre attività) a tale non indifferente emolumento, a favore delle esangui casse comunali, o di qualche pia opera di beneficenza –come da parte nostra, da queste colonne, tempo fa si era proposto da parte degli amministratori comunali-. Anzi, se si solleva per puro fatto di cronaca, la questione degli stipendi, v’ha chi scatta come mòlla, nel difendere i privilegi dei politici o di coloro che, insediatisi, immediatamente lo divengono. In barba a quella "giustizia sociale" invocata già nel lontano 1949 dall’augusto Pontefice Pio XII in uno dei tanti messaggi, molti protestano vivacemente, difendendo inconcepibili privilegi: del resto, chi sin dai tempi della giunta di Umberto Scapagnini, percepiva ben novantasei milioni l’anno di diaria per consulenza di Ufficio Stampa, o chi oggi (il direttore generale del Comune Lanza ed il Segretario generale Nicotri: citiamo dal sito del Comune di Catania, pagina ‘operazione trasparenza’, compensi dei dirigenti) riscuote in lordo oltre cento cinquantadue mila euro e circa cento undici mila euro l’anno, senza che queste cifre abnormi vengano messe in discussione da nessuno, alimentate anche dalle tasse (ICI, Tosap, Tarsu, ed altre) che i cittadini catanesi sono costretti a pagare, deve in ogni caso farsi araldo di tali incredibili ingiustizie.
E lo sconcio maggiore risalta quando si constata che in città non esiste una opposizione che possa definirsi tale: se si escludono infatti gli interventi del Senatore ed ex Sindaco Bianco, giustamente indignato per lo scempio del giardino Bellini e di piazza Europa, niun esponente del cosiddetto PD –i motivi si sanno: la connivenza con il ‘potere gestionale del sottobosco’, per usare un eufemismo- alza la voce contro gli assurdi sprechi di denaro ed i risparmi che questa amministrazione potrebbe avviare, senza piangere miseria in alcuni settori, mentre se ne impinguano, a spese delle tasche dei cittadini, degli altri.
Che Sant’Agata illumini e protegga sempre più i catanesi, verrebbe da concludere: se non rammentassimo, per nostra fortuna, come è scritto nella frase che corona la facciata del Duomo, che ella non deve essere offesa, poiché di tali misfatti è fiera vendicatrice. Una certezza che conforta tutto il popolo, avvilito ma senza dubbio non piegato dalle avversità degli uomini.
F.Gio.
Nota: l'istantanea fotografica è di questa mattina 30 giugno, alle 9,40: in piazza Roma gli operaj del Comune, evidentemente a causa del famigerato punteruolo rosso che le ha investite, abbattevano alcune storiche, ed antiche -almeno un centennio- palme che ivi allignavano. Ogni riferimento è puramente casuale...
Nota 2: è stato pubblicato il programma della Estate in città, a cura dell'Assessorato alla Cultura (???): strombazzzato come contenitore di eventi, leggendolo ci si accorge che è assente, tranne in un appuntamento dedicato alla Balistrieri, il teatro dialettale e quindi la cultura tipica siciliana nel suo insieme; mentre v'è... la sagra del cous cous, ove meglio sarebbe la festa dell'arancino catanese... In quanto alla riapertura del giardino Bellini, staremo a vedere... Infine alcuni dei protagonisti degli appuntamenti (da Guglielmo Ferro a Roberto Zappalà, ed altri) hanno incarichi plurimi: assessori, docenti con contratto alla Facoltà di Lettere, et similia... Godi popolo!!!

martedì 1 giugno 2010

S.Messa in latino presto anche a Catania

Tre anni dopo il motu proprio del Papa

A presto la Messa in latino anche a Catania

Mentre nella Diocesi di Acireale si applica il volere di Benedetto XVI, ancora in città si attende il pubblico
annunzio della sacra funzione -Molti pronti a partecipare, per lo più giovani -

Anche nella nostra Catania si potrà presto apprezzare il sacro rito della Messsa cattolica apostolica romana -per coloro i quali vi credono- in lingua latina. Si rammenta infatti che il "motu proprio" con il quale, il 7 luglio 2007, il Santo Padre Benedetto XVI ha autorizzato chiunque lo desideri e ne faccia richiesta al parroco -sollevando così lo spinoso problema pòsto dall'indulto di Papa Woityla del 1988, successivo alla scomunica dei 'lefebvriani', per cui era necessaria l'autorizzazione del Vescovo per far celebrare secondo il vecchio rito- ad officiare secondo il Messale di San Pio V, per cui il rito dela messa in latino, tridentino, non fu all'epoca abolito dalla riforma conciliare (entrata in vigore circa quarant'anni fa), ma si può dire messo in sordina. Oggi è possibile senza incorrere in scomuniche o rischi di discussioni, anzi in piena comunione còlla Chiesa, partecipare alla Messa secondo il vecchio e tradizionale formulario. Già in Acireale, una domenica al mese alle 10,30 in una parrocchia, come viene anche comunicato dal quotidiano locale, si celebra la Messa tridentina.
Quale dunque il motivo per cui i fedeli cattolici di Catania -ci risulta sian molti, più di quanti si possa immaginare-, attratti dal fascino sempiterno della tradizione, avvolti dal mistero poetico della lingua di Roma, vivente ancora e perfettamente in possesso delle proprie facoltà creative, non possono ancora anche esteticamente 'godere' di tale funzione sacra? L'Arcivescovo Gristina, pare -qui ci limitiamo a' sussurri delle sacrestìe, poiché nulla o quasi sembra ufficializzato- abbia dato tale incarico, ma nonostante ciò, nessuna funzione in latino nella forma qui richiamata, è stata resa pubblica. Pare inoltre che il Papa abbia chiesto ad ogni Diocesi d'Italia e dell'estero, un resoconto sulla applicazione del suo "ordine", poiché tale è il "motu proprio": evidentemente chi non lo mette in pratica, si pone in aperto conflitto non tanto con la Curia romana, ma colla volontà del Sovrano Pontefice. E se la Diocesi di Acireale, pur guidata dal Vescovo-poeta Pio Vittorio Vigo, non certo incline a tradizionalistiche visioni, sta applicando tale documento, Catania, grande ed antica civitas di fedele devozione agatina e mariana, Catania che da molti decenni langue senza un cardinale, ancor non vede la manifestazione consustanziale (è proprio il caso di dirlo) della Santa Messa in lingua latina, secondo la più che millenaria tradizione della Chiesa Cattolica. D'accordo, sarà antimoderno il rito: ma è informazione al di sopra di ogni sospetto che quasi eclusivamente i giovani, quei che han udito solo la Messa in italiano, nati dopo la riforma, affollano le funzioni in latino, che in moltissime città del nord si svolgono regolarmente, anche ogni domenica. "Sicut in caelo et in terra": v'ha da rieducare una depauperazione dei fedeli, che forse anche il vecchio rito, ora rimesso in auge dell'attuale Pontefice, può contribuire a migliorare. Codesto senza venir meno alle promesse del Concilio che tutti i sacerdoti han fatto, ed i fedeli in gran maggioranza condividono, sia chiaro. Nessuno intende qui tornare indietro, del resto atto impossibile, nella materialità.
E tuttavia, la Santa Messa in lingua latina consente di rinsaldare, chi la vede vacillare, la fede; chi non l'ha, di avvicinarsi ad essa; chi vagola nel dubbio, di ajutarsi a comprendere: "Asperges me, hyssopo, et mundàbor". Da notizie assunte, ci consta che sia in atto nella nostra chiesa catanese un sotterraneo, ma forte e ben determinato movimento diremmo quasi 'legionario' e 'templare', di autentici zelatori dell'Evangelo -quasi novelli emuli di Euplo, il diacono che volle morire per il possesso delle scritture- i quali stanno smuovendo pietre e montagne, per ottenere codesto risultato. E, a parer nostro, l'otterranno, con il concorso del Cielo e della Vergine Madre: senza dimenticare mai che, afferma il Messia, "siamo servi inutili, abbiamo fatto quel che dovevamo fare" (Lc 17, 10). Ed ubbidendo in perfetta armonìa, senza falsità che saranno inevitabilmente punite e senza invescarsi nelle spire di Mammòna, al precetto antico bernardiano: "Non nobis, Domine, non nobis, sed Nomini tuo da gloriam".

Bar.Sea. (Francesco Giordano)

(pubblicato su Sicilia Sera n° 329 del 28 maggio 2010)
Urgono provvedimenti di rigore

Necessario pedonalizzare piazza Dante

L’invasione delle automobili attorno alla chiesa ed all’ex monastero benedettino ha raggiunto proporzioni inaccettabili - Il Sindaco decida di restituire tale storico luogo ai cittadini -

Circa due anni e mezzo or sono, denominammo "invasione degli ultracorpi" un nostro intervento, da queste pagine, su la situazione disastrosa in cui versa la piazza Dante, nel cuore del centro storico (quello autentico, non i luoghi spacciati per tali dai disinformati) di Catania: dirimpetto all’ex monastero dei Benedettini, oggi facoltà universitaria, fronteggiante l’ex collegio delle Verginelle, anch’esso sede della facoltà di Magistero, compresa la parte detta ‘a ferro di cavallo’, insigne creazione dell’architetto settecentesco Battaglia, la quale degnamente quasi abbraccia il vastissimo tempio di San Nicolò la Rena, regale sede del complesso monastico secondo per ampiezza in Europa, la cui ubertosità e vastità fece echeggiare di stupore ogni visitatore il quale, in tempi di civiltà, era felice di visitarlo. In tempi civili, appunto. Si immagini un Goethe od anche i due astronomi Walthershausen e Peters, autori della bella (e novellamente semidistrutta… dall’incuria del Genio Civile che, per cause ignote ma evidentemente imputabili all’Assessorato competente del Comune, dopo quasi vent’anni non ha nessuna intenzione di completare i lavori interni di restauro della chiesa, dal terremoto del dicembre 1990…) meridiana solare che è sul pavimento dell’anzidetto tempio, attraversare oggi il piano di San Nicola, o piazza Dante: atterriti e spaventatissimi costoro preferirebbero tornare nell’etereo mondo del nord, piuttosto che piombare nella bolgia affricana (col massimo rispetto per i popoli della terra d’Affrica, sia chiaro) delle automobili transitanti ed invadenti ogni spazio della platea settecentesca, dagli stàlli adibiti dal Comune, mercé la società Sostare (la quale, per chi non lo sapesse, è per il 51% di proprietà pubblica comunale), ad ogni spazio libero della parte sud, compresi i passaggi riserbati ai pedoni.
L’amministrazione comunale del Sindaco Stancanelli ha fortemente voluto, ed ottenuto dopo qualche mugugno, la chiusura al traffico della piccola parte del centro prospiciente al Teatro Bellini, còlle vie adiacenti: un risultato del quale, alla prova dei fatti, come da qui anche abbiamo scritto, emerge tutta la positività. Or sarebbe bene che i medesimi reggitori dell’azienda Comune, sempre ligia a tartassare il cittadino e vessarlo di pagamenti e richieste di denaro in multiformi modi, si adoprassero al fine di considerare, nella visione globale di città aperta sempre più alle manifestazioni cosiddette culturali (delle quali gli spazi dell’ex monastero, mercé la collaborazione della Facoltà di Lettere, son mèta frequentissima negli ultimi tempi, anche nei fine settimana), constatata la riescita delle chiusure al traffico veicolare delle altre parti del centro, quale fattiva idea la chiusura alle automobili, esclusi naturalmente i residenti in zona, della suddetta piazza. Le motivazioni sarebbero molte, e motivate: peraltro piazza Dante rientra nel quadro di luogo di ritrovo segnalato dalla Protezione civile, in caso di calamità naturali: ed i collegamenti viari con la parte sud della città, da San Cristoforo in poi, potrebbero essere meglio gestiti e verificati, anche dalle forze dell’ordine. Sarà evidente il fatto che i numerosi studenti i quali ogni giorno, da vari punti, discendono in città per accedere alle aule ed assistere alle lezioni, come i docenti ed il personale addetto ivi operante, risulteranno i primi nella lista dei protestatari a tale provvedimento, inveterata com’è l’abitudine locale a considerare l’automobile, come il veicolo a due ruote, quasi una protesi od appendice del proprio corpo. Lasceranno l’auto in luoghi poco distanti: non mancano, se non l’intenzione di fare a piedi dei passi in più. E tuttavia, come nelle occasioni predette, se ne ha la volontà il Sindaco Stancanelli può imporsi in tal senso, per dimostrare quale considerazione egli abbia degli abitanti del quartiere che gravita intorno all’ex monastero, rione appellato un tempo appunto "dei benedettini". La cui potenza era tale che dopo il tremendo terremoto del 1693, al fine di instaurare un più celere collegamento con gli altri monasteri della via Crociferi, per il percorso della processione del Santo Chiodo, dopo Sant’Agata la festa più bella e partecipata della Catania sino al XIX secolo, finanziarono l’apertura della via di fronte la chiesa, digradante dolcemente verso San Giuliano, la quale si appella de’ Gesuiti: codesta segnalazione sia per dare l’idea di un intiero rione che andrebbe massimamente valorizzato nel suo valore architettonico e monumentale (vi fu il tentativo, ma senza successo, pure con buone intenzioni, di Antonio Fiumefreddo Assessore alla Cultura nei primi del XXI secolo, con l’idea forse un tantino astratta ma di gradevole inizio, del ‘parco archeologico’), sia per rimpianto spirituale e nostalgico di epoche nelle quali, lunge dall’invadente frastuono delle automobili e dalle loro funeste, inquinanti, terrifiche conseguenze per gli edifizi settecenteschi (ove i responsabili della salubrità dell’aria volessero verificare lo stato dell’inquinamento atmosferico apportato dai veicoli a motore che quotidianamente in volume immenso stazionano ivi, sarà sufficiente grattare qualunque facciata antistante e verificare con opportuna analisi chimica, il contenuto, quindi quel che attraverso la respirazione viene ingerito, de’ mefitici veleni delle auto…), Catania barocca era città a misura prettamente umana. Come nell’intervento nostro precedente, rammentiamo le parole di Karl Popper: "Il fatto che la gente si abitui a vedere violenza, che essa diventi il suo pane quotidiano, distrugge la civiltà".
Quella civiltà che si riscopre sopra tutto la notte, allorché cessati gli indecenti clamori del giorno, e senza badare alle false luci delle lampade elettriche, il silenzio invade il quartiere, e (fortunatamente) un bujo quasi crepuscolare avvolge la parte sud del piano di San Nicola, oramai devastato anche nel suo spazio arboreo (se è vero che il punteruolo rosso ha costretto al discerpamento delle palme, l’incuria totale di quel poco verde ivi esistente documenta lo stato di totale abbandono del sito). Allora fantàsime di monaci irritati dal notomìsmo che del loro corpo fisico, il monastero, si compie quotidianamente, vagano gementi tra i muri e nell’ombra delle vie: mentre calmo e flebile, un cocchiere a calesse frusta il cavallo che, felice, trotta facendo scoccare con ritmo eterno i suoi zoccoli sulla via Vittorio Emanuele, antica e sempiterna strada del Corso. Se ancora la fiamma della umanità resiste, lo si deve a codesta, inestirpabile magìa.

Barone di Sealand (Francesco Giordano)

(pubblicato su Sicilia Sera n° 329 del 28 maggio 2010; l'istantanea è dell'autore dell'articolo)