mercoledì 5 agosto 2009

Abbandonata la chiesa di San Nicolò la Rena


Triste situazione del grandioso tempio catanese


Indegno abbandono della Chiesa di San Nicolò la Rena


Diciannove anni dopo il terremoto del 1990 la cupola è ancora incastellata e non restaurata – Le colombe
danneggiano il locale vastissimo, e la meridiana è semidistrutta – Colpe degli enti responsabili -

Semplicità e vastità, porte definibili dell’infinito. Non potrèbbesi definire con molti altri modi, il tempio monumentale di San Nicolò la Rena, che orna la semicircolare piazza e s’erge, maestoso a coronamento del monastero benedettino da alcuni anni sede delle facoltà universitarie, sulla collina detta della Cipriana, antico ricettacolo della Catania ellenica, soprastante il mare. Ancor oggi i turisti che ne varcano i fèrrei cancelli, sono sconcertati ed ammirati dalla visione di grandiosità ed immensità, oltreché dalla frescura, donata dai monaci benedettini, autentici artefici in unità co’ mastri intagliatori ed architetti settecenteschi, di cotal maraviglia. Il tempio, come si sa, dalla divisione dei beni ecclesiastici, è di proprietà (seppur negli ultimi tempi controversa) del Comune catinense. Ne scrivemmo su queste pagine nel 2005, a proposito del discusso restauro conservativo dell’organo, un tempo tra i giojelli della enorme chiesa, il quale fu di Donato del Piano. In quella occasione rammentammo come i lavori di consolidamento della cupola, opera finita nel 1780 e creata da Stefano Ittar, tra i massimi genì artistici del barocco mediterraneo (cavaliere di Malta, è fra l’altro il costruttore del palazzo Magistrale, ora sede del governo, della piccola isola), con l’imbragamento metallico interno della struttura danneggiata dal terremoto detto di Santa Lucia (13 dicembre 1990), sia per la parte esterna che per l’interno, andassero a rilento. E’ davvero indegno constatare come, dopo quattro anni dalla nostra ricognizione e ben diciannove anni dall’infausto tremuoto, mentre –vien da citare il felice esempio- la cupola del Duomo di Noto, anch’essa giojello del barocco siculo, fu sapientemente restaurata e rimessa in piena sicurezza recentemente, la nostra sacrale dominante attraverso il lucernario l’intiera città, versa in stato di abbandono da parte del Genio Civile che, per legge, ha la responsabilità della sua ricostruzione.
Da notizie raccolte dal personale ivi operante, pare che i tecnici del Genio avrebbero dovuto riprendere i lavori di restauro, più volte negli anni interrotti, nel febbraio scorso: epperò nulla si fece e tutto è fermo allo stato attuale, come l’immagine fotografica qui riprodotta può documentare. Caso davvero gravissimo e deplorevole non soltanto per le amministrazioni comunali succedutesi negli anni che avrebbero dovuto avere il dovere etico di ottenere dai responsabili del Genio Civile il sollecito riscontro dei lavori, ma anche per l’assenza di quella che un tempo si appellava coscienza civica, ossia un mòto d’opinione spontaneo e disinteressato da parte dei cittadini, per la salvaguardia di un monumento che è prezioso ed intangibile per ognuno. Solamente si osservi che la struttura metallica che sorregge la cupola, da oramai più di tre lustri, deturpa vilipende e danneggia in modo davvero barbarico la grande e suprema meridiana, voluta e fatta costruire dai monaci nel 1841 attraverso l’opera del Barone tedesco Waltershausen e del dottor Peters: e se di codesti astronomi le figure son state ricordate qualche anno fa attraverso una pellicola cinematografica ivi girata (e poi stranamente scomparsa dai circuiti, mentre l’uso didattico della stessa avrebbe magari spronato all’interesse per la costruzione), la meridiana, di cui pochi scrivono e s’interessano, vèrsa in stato di deplorevole abbandono. Anche se qualche anno fa volontari del locale circolo astrofili, validamente coadiuvati dal collega Luigi Prestinenza, ne curarono il restauro dei bei simboli-segni zodiacali in pietra, mentre l’iscrizione latina che ne rammenta la costruzione è ancora semisgretolata, dai 21,9 metri dello gnomone il raggio che ogni mezzodì, "con una approssimazione a meno di un secondo" (rammentavano le guide di fine ottocento) colpiva i 37,36 metri della marmorea lastra, è offeso e spezzato, quasi che simbolicamente pure al sole sia stato impedito di compiere col suo guidato ‘dito’, la carezza precisa della Natura plasmata dall’homo scientificus.
La chiesa enorme, a’ tempio suoi ideata dal Contini architetto insigne di Roma e completata, per tutto il Settecento, dagli Amato, dai celeberrimi regj architetti Battaglia, la cui facciata ciclopica è come si può vedere rimasta incompiuta, documentando nei secoli la potenza non già e soltanto materiale, ma esoterica del corpo vitale dei figli di San Benedetto, se fino al primo Ottocento accoglieva tra gli otto enormi bianchi pilastri che dividono le tre navate –quella centrale è di 105 metri- la festa augusta del Santo Chiodo, seconda per solennità e sfarzo solo a quella di Sant’Agata, e dal 1926 ospita il sacrario dei Caduti delle due guerre, ora oltre i turisti è ricettacolo delle colombe. Poiché il Comune, nella attuale sua amministrazione, non è neppure capace attraverso l’Assessore al ramo, che si pasce di altre e ben più remunerative politicamente, faccende, di inviare alcuni operaj dell’ufficio manutenzioni al fine di sostituire dei vetri ròtti da mesi, i pennuti invasivi han preso possesso non solo del vastissimo locale, ma anche depositano i loro escrementi –i quali è noto esser dannosissimi- entro le cànne del restaurato organo, compromettendone così la già non grande (chi ricorda la sera della sua inaugurazione nel 2005, ne ha contezza) funzionalità. Ciò accade da tempo, altresì vanificando il lavoro –ed i finanziamenti, pubblici- ricevuti a suo tempo e spesi in cotal opera. Vero è che i visitatori da qualche anno, previa firma del foglio di manleva da parte del Comune (anche su ciò vi sarebbe da discettare) possono accedere al cosiddetto percorso di gronda, cioè salire quel centinajo circa di gradini che, attraverso una scala circolare, potrano sui tetti della chiesa, godendo così di panorama unico e spettacolare: atto codesto che mitiga in parte le storture, le quali però sono evidenti.
Nel tempio, anzi nella sagrestia di esso, l’ivi residente (in ala attigua del monastero) sacerdote Don Pino Ruggieri, celebra Messa ogni domenica pomeriggio: altra strana anomalìa, per la quale si ritiene la Diocesi abbia dei motivi, onde non solo far abitare un sacerdote per quanto autorevole all’interno delle mura di un complesso già ecclesiastico, però da oltre cento anni statale, e non inviare un prete, magari benedettino (come fece l’allora Arcivescovo Bommarito, autore del ritorno della Comunità cassinense in Catania: ora questa alloca nel monastero poco fuori Nicolosi, sull’Etna) a dir Messa in orari mattutini, o comunque cònsoni alla partecipazione di molta più gente che i pochissimi frequentanti le funzioni del suddetto sacerdote. Forse, la si interpreti come ipotesi magari straordinaria ma verisimile per chi ha interessi oltre il solo ambito razionale, il tempio come l’intiero complesso monastico sono ancor sotto l’effetto della ‘maledizione’ del beato Cardinale Dusmet, l’angelo dei poveri, il ‘padre’ spirituale dei catanesi di fine Ottocento, colui che vendette il proprio pettorale per distribuire il ricavato ai poveri, dopo i tristi effetti del colera (curiosa circostanza, proprio nel tempio benedettino, il 2 febbrajo di quest’anno, viene rubato il pettorale all’attuale Arcivescovo Gristina: affollatissima di poliziotti la chiesa in occasione della commemorazione della morte dell’ispettore Raciti, non si è più riusciti a trovare il ladro…). Il Dusmet, ultimo abate del monastero, assisté alla consegna di esso alle autorità del governo nazionale, nel 1870: la chiesa aveva sofferto l’invasione dei garibaldini nella spedizione del maggio 1860, i quali, alcuni, pare che ivi abbiano compiuto sconcezze di tipo satanico; il sant’uomo dunque, si racconta avesse pronunciato delle parole di terribile sdegno contro coloro che in quel momento storico, e fino alla Conciliazione del 1929, erano gli "usurpatori" dei beni della Chiesa. Parole che impedivano ai reggitori ‘laici’ di aver pace in quel luogo. Certamente il tempio negli anni seguenti è stato tormentato da molti eventi funesti: le tele rubate e poi sostituite da copie, quelle attuali; l’invasione dei carri armati inglesi, nell’agosto 1943 al suo interno; la spoliazione delle canne dell’organo originario e di altri arredi sacri; la storia dai contorni poco chiari delle cosiddette ‘messe nere’, che portò alla tomba un valente studioso, per crepacuore; le sempre insistenti ‘voci’ di presenze, fantasmi asseriscono alcuni convintamene, all’interno ed anche all’esterno del complesso; le ultime vicende anzidette. Meglio non scherzare e prender sottotono i santi, e le loro volontà: specie se si tratti di colui che fermò le lave dell’Etna, a piedi nudi, nel 1886 alle porte di Nicolosi. Piuttosto ci si affidi, per chi crede, al patrono della chiesa San Nicola qui detto "de harenis", venuto dal mare, di cui Dante rammenta la virtù: "…della larghezza \ che fece Niccolò alle pulcelle \ per condurre ad onor lor giovinezza" (Purg.XX, 31-33), alludendo alla storia del Santo che gittò tre borse con monete d’oro in casa di un uomo che era quasi per avviare al meretricio le tre figlie, non potendole maritare per estrema miseria.
Quelle tre borse auree aiutino a comprendere quanto, a fronte dell’avarizia, s’illumini di Vera Luce la santa povertà evangelica; e dai sette gradini percorsi i quali dal sagrato si accede a quel tempio, si invochino i sette angeli-pianeti, alla cui sommità il ‘deus absconditus’, veglia e rende morte ai rei, giustizia ai giusti.


Barone di Sealand

(Pubblicato su Sicilia Sera n°319 del 5 luglio 2009 - fotografia di Francesco Giordano, scattata nel maggio 2009)

Inceneritore di Acerra clonato in Sicilia?

Dopo l’inaugurazione, i problemi

L’inceneritore di Acerra si clonerà anche in Sicilia?


Impianto di smaltimento rifiuti estremamente contestato dalla popolazione campana, anche per la disinformazione
sul reale tasso di inquinamento – L’autorevole voce del Vescovo Riboldi -

Nelle scorse settimane, la inaugurazione da parte del Presidente del Consiglio con tanto sfarzo e solennità mediatica come oggi è d’uso, del così detto termovalorizzatore (noi preferiamo, e da qui innanzi lo appelleremo, inceneritore) in quel di Acerra, ha segnato il preludio, secondo le dichiarazioni dei politici siciliani riprese dalla stampa nonché le parole dello stesso Berlusconi, alla edificazione di un impianto simile in Sicilia, la quale come la Campania ha il problema cronico dello smaltimento dei rifiuti.
I dati che sovvengono alla opinione pubblica, quella raziocinante e non drogata dal bombardamento della immagine e dal rimbecillimento collettivo dei programmi semi demenziali diffusi dai canali televisivi, narrano tuttavia di altre storie, ben più tristi. Se infatti è innegabile che necessita operare al fine di trovare una concreta soluzione alla massa immensa di rifiuti, che la irrefrenabile popolazione dell’Occidente avvezza a consumare sovente in modo smodato, produce ogni dì, parimenti non si possono diffondere informazioni fuorvianti ed ingannevoli, al solo fine di ottenere consensi già strappati con metodi che per eufemismo diremmo poco ortodossi. Sia sufficiente il seguente esempio. La dichiarazione del Presidente del Consiglio, che l’inceneritore acerrano –il quale invero, come dimostrato dalla trasmissione televisiva di inchiesta "Annozero", è in fase di collaudo per tutto il 2009, giungendo a regime l’anno prossimo- "inquina come tre automobili di media cilindrata", è passata nel sentire comune senza quasi obiezione veruna. Il dato è quantomeno opinabile. Vi è chi si è dedicato a confutarlo, con i medesimi strumenti informativi messi a disposizione dalle fonti governative. Il dottor Pio Russo Krauss, responsabile del settore Educazione sanitaria e ambientale Asl Napoli 1Centro, ha rilasciato pubblica dichiarazione dopo aver consultato sia il sito Internet dell’Ispra, Istituto per l’Ambiente dipendente dall’omonimo ministero, che quello del Commissariato per i rifiuti della Campania diretto dal dottor Bertolaso, i quali forniscono i dati sulle emissioni inquinanti delle automobili, e dell’impianto di smaltimento rifiuti di Acerra. Ebbene confrontando le emissioni di una auto cosiddetta euro 3, media cilindrata, con i dati della Fibe-Impregilo che gestisce l’inceneritore di Acerra, ne scaturisce il seguente risultato, afferma il dottor Kraus: "quest´ultimo non inquina come tre auto ma come 115.702 auto per quanto riguarda la CO2, come 61.000 auto per quanto riguarda gli ossidi di azoto, come 27.000 auto per quanto riguarda le polveri e come 562 per quanto riguarda il monossido di carbonio". A quale livello sia giunto il pervertimento della informazione in Italia, da codesto caso è evidenziato con gravità inaudita. Non si dimentichi inoltre altra frase, sempre del Presidente Berlusconi, a proposito dell’impianto acerrano: questa struttura, secondo lui, è "un dono di Dio". Or qui non si vuole discettare su le scaturigini della divinità alla quale il capo del governo abbia voluto riferirsi in tale frangente; è tuttavolta inevitabile il ricorso, per un cristiano, al libro il più celebre per la fantasmagoria realistica della sua veggenza, ovvero l’Apocalisse: "…dal pozzo salì un fumo come il fumo di un’immane fornace e s’oscurarono il sole e l’aria per il fumo del pozzo.." (cfr.9,2). Ivi la caduta dell’angelo ribelle fa scaturire un pùzzo ammorbante che inonda le genti, a causa dei loro abomìni. Sono quegli stessi "mercanti della terra su di lei, piangeranno e faranno lamento, perché la loro merce oramai nessuno più vuole acquistare, mercanzia d’oro e d’argento…" (18,11). Visioni le quali si innestano in modo preoccupante alla realtà inquinatrice e mefitica di tali impianti, che –se non fossero sufficienti i veleni del petrolchimico gelese, le quaranta antenne della base della Marina Militare americana in quel di Niscemi con l’annunziato sistema di amplificazione, nonché gli impianti di Priolo- in prospettiva si intende costruire in Sicilia, terra come la Campania già martoriata da troppe piaghe.
Alla inaugurazione dell’inceneritore, osteggiato come dovrebbe sapersi e ripetersi spesso, da gran parte della popolazione acerrana, non intervennero, anzi si opposero recisamente sia la Chiesa nella configurazione della locale diocesi, sia molti movimenti spontanei, i quali son reduci da battaglie coraggiose per la difesa del territorio, offeso in passato dalla famigerata Montefibre, ed anche dall’espansionismo dell’impianto automobilistico Alfa di Pomigliano, ora a rischio chiusura per le politiche Fiat. Tra coloro che con autorevolezza rara han levato alta la loro voce per la difesa della popolazione, l’Arcivescovo emerito di Acerra Monsignor Antonio Riboldi, celebre sentinella di Dio, sacerdote a cui molto deve anche la Sicilia (laddove la popolazione dell’isola ne ricorda con commozione l’impegno forte in quella vicenda, la politica locale colpevole, non lo valorizza adeguatamente), per essersi egli fieramente battuto per i disastrati del Belice, ove era parroco, dopo il terremoto del 1968. Oggi il suo sito Internet (www.vescovoriboldi.it) è riferimento importante per pellegrini che da tutto il mondo, traggono dalle prediche ‘telematiche’ del prelato, ajuto conforto e speranza. Dal suo pulpito di pastore senza tentennamenti nella difesa della verità evangelica, egli ha tuonato ed ancor sottolinea: "oggi pare che la politica più che sul rispetto della gente preferisca la pomposità che è il 'comparire' che è 'ingannare' ". Egli ed altri pochi, sentono qual sacrale missione la difesa dei più umili, dei diseredati, di coloro che non hanno voce e son sopraffatti dalle violenze: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo" (Mt.28,20), precisò il divin Maestro, sul Tabor nell’ascendere. In tale consapevolezza vi è anche la forza, per coloro che credono nella Luce ed oltre ogni crudeltà, verso la rinascita suprema.

Bar.Sea.

(Pubblicato su Sicilia Sera n°319 del 5 luglio 2009)

Stipendi d'oro ai consiglieri comunali di Catania



Un male annoso, proposte per contenerlo


Stipendi d’oro a consiglieri, la Regione propone il dimezzamento: quali esiti a Catania?


Mentre il T.U. stabilisce compensi dai 3000 ai 1500 euro per i consiglieri comunali, se ne chiede la drastica riduzione - Le conseguenze etiche di tale vuoto – Devolvere i tre quarti della cifra ai bisognosi -

Una città il cui vuoto pneumatico, dal punto di vista etico, si fa sempre più grande, costringendo coloro che non condividono l’andazzo o ad emigrare, o ad autoescludersi dalla vita civile, lasciando quindi il campo libero allo spadroneggiare dei delinquenti, essendo il termine inteso in senso affatto metastorico quindi onnicomprensivo, è destinata presto o tardi a sgretolarsi, nelle sue pur nobili ed antiche fondamenta. Ci pare che sia il caso di Catania. Qui non ci si riferisce solamente al dissesto finanziario, che pare ‘tecnicamente evitato’, come pomposamente annuncia l’amministrazione Stancanelli, quanto alla nullità etica di taluni comportamenti, evidenti per chi vuol vedere, nascosti per i clientes, i famigli dei politicanti, gli interessati in prima persona al perpetuarsi del malcostume.
Si rammenti che, oltre le recenti elezioni europee, circa il venticinque per cento dei cittadini, qui ed in tutta Italia, non si reca alle urne a votare: ciò non solo è un diritto al pari di chi vota (che non esclude, come recita una legge del 1967, al contrario di quanto si afferma talvolta, dal godimento dei diritti politici, a cui si va incontro solo in casi di gravissime condanne penali), ma costituisce un grande, seppur silente, partito. Non diremmo che è il partito degli onesti o degli antidemocratici, epperò ci pare poterne identificare almeno una caratteristica: quella di tenersi al largo dalla politica infame dei panciafichisti e degli allibratori del comune bene, per interessi personali.
Qui si affronta, senza mezzi termini, il caso davvero doloroso, e vergognoso, degli stipendi dei consiglieri comunali e di quartiere. Già è assurdo che Catania, con trecentomila residenti, abbia dieci circoscrizioni. Rileggiamo quel che scriveva il Sole 24 Ore del 18 maggio 2007: "…la norma che regola le indennità degli amministratori delle città, compresa nel Testo unico degli enti locali del 2000: le retribuzioni devono essere fissate in base alla dimensione demografica, e ai gradi di capoluogo, delle diverse realtà, tenuto conto della fluttuazione stagionale della popolazione, della percentuale «delle entrate proprie rispetto al totale delle entrate, nonché dell'ammontare del bilancio di parte corrente». L'ammontare delle cifre per le indennità è fissato da un regolamento del Viminale che determina le varie fasce, ma consente ai Comuni di «aumentare o diminuire» le indennità o i gettoni di presenza. In caso di incrementi, però, la cifra non deve superare il 30% per i comuni con più di 100mila abitanti. Non è necessario però indossare la fascia tricolore per "sistemarsi". Anche assessori e consiglieri possono avere retribuzioni di tutto rispetto", aggiungendo: "La norma poi stabilisce che gli enti locali, nella loro autonomia, possono decidere di trasformarlo in indennità. È il caso di Catania: i consiglieri ricevono 3mila euro al mese, ma da questa somma vengono sottratti 100 euro per ogni giorno d'assenza. Tuttavia, le indennità sono dimezzate se si sceglie di continuare a svolgere, una volta in carica, il proprio lavoro". Insomma, siamo a circa 1500-1700 euro per quello che è da tempo un ‘mestiere’, il consigliere comunale: il doppio, per coloro i quali dichiarano di svolgere tale unica mansione. La giunta regionale del Presidente Lombardo, qualche mese prima della fine del 2008, ha cercato di pòrre un freno a tale spreco, varando un disegno di legge, si legge altrove, ove è prevista "la riduzione del numero degli assessorati nei Comuni e nelle Province, taglio alle indennità aggiuntive per sindaci e presidenti, gettoni di presenza al posto di stipendi fissi per i consiglieri. Non è finita, c’è anche l’addio all’aspettativa retribuita per gli eletti nei consigli e niente più retribuzione per i consiglieri nelle circoscrizioni dei comuni non capoluogo, stop al cumulo per sindaci e presidenti di Provincia col doppio incarico di deputato e ai permessi per i consiglieri-dipendenti che non potranno più andare in aspettativa con contributi a carico dell’ente. I consiglieri percepiranno un gettone al posto dello stipendio: a Palermo sarà di 126 euro, con un tetto massimo mensile (intorno a 1.900 euro, oggi è fino a 2.500 euro)". Ma tale iniziativa, che pure è stato fatto osservare non collima con la conseguente diaria mensile, assai più congrua, degli assessori e deputati regionali (però le riforme si cominciano dal basso… o no?), nulla ha mutato in Catania. Anzi: dalle opposizioni, che ogni tanto si rammentano di dover svolgere un compito ben importante e che invece si nota poco o nulla, si è rilevato come la recente assunzione, tanto per fare un gravissimo esempio, del nuovo direttore generale del Comune, il dottor Maurizio Lanza, abbia comportato uno stipendio mensile per costui, a carico delle casse comunali, di circa 22.285 euro al mese, in evidente discrasia con i continui appelli del Sindaco al rigore ed alla sobrietà, nonché colle iniziative dei privati (ultima la risistemazione di piazza Nettuno) che a loro spese, ed a parer nostro nella vergogna del Comune che dovrebbe occuparsene –come dovrebbe intervenire per non far sfrattare la scuola Doria, a San Cristoforo, altra questione ignobile a carico della Giunta- hanno effettuato tali lavori. Si rifletta, a fronte di lavoratori del settore pulizie che minacciano di gettarsi dai cornicioni dei palazzi, a fronte di sfrattati e poveri diavoli che non hanno ‘santi in paradiso’ a cui rivolgersi, alla evidenza aritmetica che il nuovo direttore generale del Comune costa a tutti i catanesi esattamente settecento e cinquanta euro al giorno, come è del tutto chiaro che le tasse da noi versate (Ici, Tarsu, tosap, Irap e le altre) incrementano non solo gli stipendi dei lavoratori comunali, ma anche le mensilità di codesti professionisti della politica, che sono i consiglieri comunali e di quartiere, nonché gli assessori.
Noi non pretendiamo, anche se sarebbe dati i tempi necessario, richiamare l’augusto esempio di Marco Porcio Catone, "esiguo era il suo patrimonio, modesto egli fu per continenza e in tenor di vita, pochi clienti ebbe, chiusa all’ambizione era la sua casa, una sola era stata la personalità insigne da parte paterna, fiero era il suo cipiglio, ma ineccepibile sotto ogni riguardo fu la sua virtù" (V.Massimo, "Detti memorabili", l.II,10,8): chiediamo tuttavolta che l’attività politica, sin dalle sue cellule primigenie che son lo svolgersi degli affari cittadini, tòrni ad essere passione pura, e per ciò fare sia quasi del tutto aliena da compensi che la configurino come un mestiere, dalle conseguenze sporchissime. Pertanto utile il ddl regionale, ma forse anche insufficiente: alle prossime elezioni comunali, dato che sinora tale esempio è mancato, si svolga da parte di tali soggetti, la proposta di destinare l’ottanta per cento della propria diaria ai poveri, ai bisognosi, ai diseredati. Solo in tal caso, codesti circensi di infima levatura, potranno avere credito, nel consesso di coloro che ancor credono e distillano il sale della civiltà.
Bar. Sea.
(Pubblicato su Sicilia Sera n°320 del 5 agosto 2009)