venerdì 4 dicembre 2009

Chiesa San Nicolò la Rena di Catania, ancora in abbandono

Nulla cambia in città, nonostante imperversino entro il Monastero, nell'auditorium della Facoltà di Lettere nonché nella splendida sala Vaccarini della Biblioteca ex benedettina, presentazioni di libri, mostre e spettacoli varii... La cupola maestosa dell'Ittar, come documentiamo con l'allegata immagine da Francesco Giordano scattata a fine novembre 2009, rimane ingabbiata scònciamente. Ad onta dei responsabili politici che s'avvoltolano in truogoli di vuote parole.
Per fortuna, la maestà del Tempio benedettino, la complessa e possente architettura del monastero, rimane testimonianza imperitura. "Se colui che subisce l'ingiustizia è buono, anche l'ingiustizia conduce, per lui, a un bene" (Plotino, Enneadi, IV 3, 16).

mercoledì 18 novembre 2009

Ricordo di padre Giovanni Piro, sacerdote di rara sensibilità


Fondò la comunità di SS.Pietro e Paolo


Addio a padre Giovanni Piro, un uomo buono



Animatore per quarant’anni della parrocchia nel quartiere Sanzio-Giuffrida, fu persona mite e disponibile
con tutti – Le porte della chiesa, ieri come oggi, aperte ai poveri ed a ognuno che lo chiedesse -






Con la concelebrazione della Messa da parte dell’Arcivescovo di Catania e di circa una ventina di sacerdoti, affollatissima cerimonia, tanto che ad un certo punto –nelle due ore della durata- divenne quasi impossibile accedere al tempio, si è dato il 14 settembre l’ultimo abbraccio terreno a padre Giovanni Piro, parroco emerito della parrocchia, e fondatore della omonima comunità, dei Santi Pietro e Paolo in Catania, morto a quasi ottanta anni l’undici settembre. Intensa commozione, fra i convenuti, nel salutare l’uomo buono, noto per la sua mitezza, il suo candore, la sua adamantina umiltà, che nel 1969 inaugurava la chiesa, sòrta nel nuovo quartiere Sanzio-Giuffrida che prendeva forma negli anni Sessanta, oggi uno dei centri più movimentati della città, e dedicava anima e corpo alla edificazione di un centro di aggregazione sociale molto conosciuto, anche e soprattutto per la visione moderna del rapporto che il frequentatore di quella chiesa doveva avere, per volontà degli animatori, con la religione: conseguenze del post-Concilio, che tra i meriti ha avuto quello di avviare il Cattolicesimo, chi lo ha recepito, verso le fonti originarie, il rapporto diretto con gli ultimi, i diseredati, i poveri, i bisognosi: ma anche quello di far pensare autonomamente onde giungere da soli, se lo si voleva o se era possibile, all’incontro colla fede; e qualora ciò non avveniva, rimanere comunque legati a quel luogo eretto in modo semplice, spartano, in cemento armato contro ogni tradizionalismo degli edifizi ecclesiastici, con lo sguardo rivolto alla sostanza, senza fronzoli, senza orpelli.
Padre Piro era un uomo che alla sostanza guardava, con profonda fede, e grande ‘humilitade’, per citare il San Francesco del Cantico, alle cui orme egli sempre guardò. Siamo oggi felici di aver ricevuto dalle sue mani, che osservammo già preda del misterioso gòrgo della morte, nella esposizione del corpo che in chiesa si fece dopo la cerimonia, sia l’imposizione del Battesimo che la prima Comunione, avendo frequentato in anni lontani ma decisivi per la traccia che la formazione da lui voluta, unitamente ai coadiutori –di cui l’attuale parroco e suo primo sodale, padre Alfio Carciola, è degnissimo erede- ha lasciato nell’animo nostro. "Mentalità aperta ed irrituale", è stato scritto nel sito della Comunità, quella che padre Piro trasmetteva ai giovani di diverse generazioni: anche a noi, ed è assolutamente vero. Epperò è anche a cagione di codesta irritualità che, se la Chiesa Cattolica ha un futuro, senza obliare la tradizione, dal punto di vista filosofico e sostanziale è destinata a vivere indefinitamente. Padre Piro, come lo ricordiamo, era il fulcro di un amore al messaggio evangelico non astratto ma concreto: per cui il sostegno verso i poveri e le opere (notevole quella in Burkina Faso) edificate, lo denotano costruttore di pace. Ma è la assoluta unicità della sua accoglienza verso tutti, in particolare verso i dubbiosi, i non credenti, i lontanissimi dalla struttura canonica della Chiesa cristiana, che ha per quarant’anni caratterizzato la comunità di San Pietro e Paolo. Qui ognuno di noi, per breve o lungo tempo, ha potuto formarsi una libertà di pensiero, ed è straordinario affermarlo se si bada al contesto della storia della Chiesa dalla parte dei fedeli degli ultimi mille e settecento anni, che ha poi nella crescita individuale di ciascuno, permesso di fare le proprie personali scelte, diversissime magari, e tuttavia convergenti verso quel luogo, divenuto un simbolo, un fulcro di Luce, discreto, silente ma stabile, ove padre Piro, ed ora padre Carciola, era il ‘gran cofto’ di quella lectio evangelica basata sull’amore e sulla libertà. Concezioni ribelli, se si vuole: le quali diedero, sovente con ragione altre volte con duri pregiudizi, dovuti magari a precise posizioni di qualcuno, la scaturigine per etichettare la comunità come sovversiva, appartenente ad una determinata parte politica, in opposizione al potere comunque. Vero è, lo ricordiamo noi perché vivemmo quella stagione, che anche da parte del Vescovado a volte si desiderò zittire quella voce fuori dal coro. Ma poi non si ebbe la forza di calcare la mano: ove si sapeva che la mitezza, il sorriso sovente silenzioso di padre Piro era la garanzia della continuità evangelica e della applicazione, senza se e senza ma, dell’autentico lascito di Gesù, l’amore verso il prossimo, e precipuamente verso gli ultimi, senza speculare, senza pretendere nulla in cambio: anzi donare. Sia sufficiente un ‘quadretto’, che denota la diversità della ‘chiesa di padre Piro’ dalle altre: egli, ed è così anche oggi, non pretese mai –come purtroppo molti altri sacerdoti, alcuni addirittura propagandandolo, o peggio…- che si versasse un obolo prestabilito per le cerimonie religiose che si tenevano nel tempio: così ottenendo, senza discussioni, che la immancabile generosità di coloro che han chiesto un qualunque ufizio in chiesa, si esplicasse nel silenzio e nell’anonimato, attraverso la cassetta delle offerte, all’ingresso. Era questi padre Piro, un prete senza tempo, un prete di Luce. Un uomo di Chiesa che ha insegnato ai moltissimi giovani che ha conosciuto, e molto amato, poi divenuti adulti, a pensare con la propria testa. Ed a capire taluni, scegliere altri, rimanere fedeli altri ancora.
Una figura rara di pastore, se si volge lo sguardo al panorama odierno, ma anche a quello del passato, fra i parroci. Assolutamente benefica per il corpo della Chiesa, come lo furono Don Milani, Papa Giovanni e Papa Luciani, per citare tre personaggi a cui istintivamente lo si può avvicinare. Vedendolo fasciato nell’orrore della morte, per noi si chiuse un’epoca che ha coinciso colla fanciullezza. Esperienza condivisa da molti. L’augurio è che il messaggio di ecumenismo, di solidarietà e di libertà sia nell’alveo del Cristianesimo che fuori da questo, continui oltre il suo cammino, come già si persegue da tempo nella comunità da lui fondata: ed anche in diverse altre forme e luoghi si possa esplicare. "Camminate mentre avete la luce, affinché la tenebra non vi sorprenda, perché chi cammina nella tenebra, non sa dove va. Mentre avete la luce, credete nella luce, onde diveniate figli della luce" (Gv.12, 35-36). Se il percorso dell’Uomo è sperimentare da solo, come il pellegrino eremita, la propria via, il messaggio di tolleranza di umiltà di rispetto ed amore di padre Piro è stato cercare di far comprendere il significato di quella Luce che, simbolicamente, fiammella delicata si accese,attraverso la candela, salutandone le spoglie verso l’estrema dimora. Quella Luce che, sin quando il soffio della vita abbrancherà con fervida passione le carni belle ma al disfacimento avviate, rimane.



Bar.Sea.


(pubblicato su Sicilia Sera n°322 del 1° novembre 2009)

Pedonalizzare tutto il centro storico di Catania


Dopo il provvedimento di chiusura della ‘ztl’


Purgato dalle auto il rione del Teatro Bellini: si pedonalizzi tutto il centro storico


Mentre sono evidenti gli effetti salutari del provvedimento, che si auspica anche per la zona dell’ex monastero
dei Benedettini, si riflette sul significato – Conservare la bellezza artistica degli antichi edifici -



La chiusura, durante la trascorsa estate, prima in via provvisoria e da settembre definitiva, della porzione del centro storico delimitata dalle vie Vittorio Emanuele parte est, piazza Università, di San Giuliano e Ventimiglia –ossia la zona detta del Teatro Bellini- , è senza dubbio un buon risultato raggiunto dalla attuale amministrazione comunale. Noi sovente critici, qui accettiamo la decisione che, oltre le normali proteste di quei pochi che si opposero, inizia un percorso di pedonalizzazione completa di talune vie del centro, già operativo e molto apprezzato nelle città e luoghi d’arte del Nord. Siccome non è nostro costume scrivere per sentito dire, abbiamo per due volte, la seconda in bicicletta, visitato la definitiva ‘ztl’, onde constatare l’andamento della situazione. Aggiungasi che il trasferimento, dal largo Paisiello a via Teatro Massimo, del commissariato di PS ‘centrale’ avvenuto da poco, ha senza dubbio messo in ulteriore sicurezza la zona. Accedendo alla quale, specie in giornate di intenso traffico (il catanese, come è noto, usa più che altri italiani attaccarsi all’automobile anche solo per pochi tratti: ben minore è il numero di coloro che scelgono di spostarsi a piedi, ancon più esigui i velocipedisti), si passa dal noto frastuono dei mezzi a scoppio, ad atmosfere quasi irreali: silenzio e tranquillità sembrano regnare fra le vie che delimitano il Teatro intitolato al Cigno etneo, mentre transenne provvisorie (abbiamo letto della prossima costruzione di quelle elettroniche, iniziativa plausibile) ne delimitano l’ingresso, come è giusto, ai soli residenti.
Ma costoro, chi sono? Notasi case disabitate, come i molti ‘pubs’ che ivi animavano la vita notturna, in vendita col cartello ‘cedesi attività’. Naturalmente altri, specie in via Landolina, rimangono attivi nelle ore della notte: epperò è inevitabile constatare il già avviato, e dal presente provvedimento accelerato, spopolamento del rione, un tempo abitato da molti, ora pullulante di appartamenti vuoti od in vendita. Quindi è quasi spontaneo il sorgere di alcune questioni, le quali sono evidenti all’osservazione di ciascuno: se è evidentemente un bene, in luoghi teatro per molto tempo di episodi criminosi (spaccio di droghe, presenza di alcolizzati, rapine, prostituzione), circoscriverne il movimento al fine di stroncare tali fenomeni, nel tempo breve, quale sarà a raggio medio e lungo, il destino di codesta zona? E qualora, come è apparso nelle parole, più che nelle intenzioni, del Sindaco, di voler continuare la chiusura di altri tratti del grande centro storico di Catania (il quale, come si dovrebbe sapere, si estende da piazza Stesicoro al Duomo a piazza Palestro sino a piazza dei Martiri), di che genere sarebbe il destino dei residenti, molti in età avanzata, di quest’ultimo, ovvero quali attività e sopra tutto quali proprietà, in zone dalla mutazione antropica molto veloce, considerati i tempi di multiculturalismo, subentreranno e quindi decideranno del futuro degli antichi edifizi settecenteschi? Sia per questo sufficiente ipotizzare, considerando l’ampiezza della zona gravitante attorno all’ex monastero dei Benedettini ora sede delle Facoltà umanistiche dell’Università, la pedonalizzazione della parte alta delle vie Vittorio Emanuele e Garibaldi, dal Duomo all’incrocio con la via del Plebiscito. Da anni è codesta una iniziativa che auspichiamo, fra l’altro. E nondimeno, nell’invocarla anche ora, è necessario chiedersi chi ‘gestirebbe’, nel senso della micro e macro economìa –intendendo anche gli affitti agli studenti stagionali, oltre l’indotto della movimentazione extra automobilistica- tale passaggio importantissimo, ove si ricordi che sia l’ex Manifattura dei Tabacchi in via Garibaldi, edificio enorme e sinora inutilizzato, sia il deposito cavalli Stalloni di via Vittorio Emanuele prima di piazza Risorgimento, risultano di proprietà statale, e destinati, almeno negli intenti di circa un decennio orsono, ad usi di utilità pubblica e studentesca.
Insomma, o si crea un vero e proprio piano di concerto complessivo per l’intero centro storico catanese, magari segmentato in porzioni come già si è fatto, e coinvolgendo i comitati civici che spontaneamente sorgono in codesti casi i quali sono interlocutori indispensabili, e sopra tutto si intenda agire colla massima trasparenza, creando una bacheca –magari sul sito web del Comune- ove tutti gli atti e le delibere sono resi noti, anche nei progetti per cui se ne pòssa discutere prima della loro applicazione: oppure la pedonalizzazione del centro, se accontenterà noi ciclisti e pedoni, potrà non solo scontentare altri, ma dare il colpo definitivo non tanto al piccolo commercio, che anche per altre ragioni è destinato lentamente a svanire, ma snaturerà, filosoficamente come anche culturalmente e dal punto di vista antropologico, l’antico centro narrato nelle vecchie cronache, intriso di arcani profumi e dolci malìe. Sempre la plasticità degli esempi, ajuta a comprendere: dei molti ‘bed and breakfast’ sòrti nella ‘ztl’ di cui sopra, solo pochissimi rispettano le vestigia architettoniche dei palazzi settecenteschi, taluni opere somme di insigni ‘mastri architetti’ del secolo dei Lumi: ed è sintomatico che ciò accada ispirandosi ad esempi ove (si pensi a Firenze, ad un motore di condizionatore eretto sulle finestre di palazzo Vecchio… è inimmaginabile…!) certe brutture, in una città che sino a cinquant’anni or sono coltivava nettamente l’amore del bello e la sua conservazione. Insomma, si chiuda pure tutto il centro, proseguendo magari con l’area delimitata dal monastero ex benedettino: così rendendo felici i cittadini invasi dall’oramai vergognoso traffico automobilistico le cui strade non furono giammaj per esso concepite: epperò si agisca con criterio e razionalità, comminando sanzioni non indiscriminate, come troppo spesso e di recente si nota, e non ai privati, ma principalmente a quegli operatori commerciali che imbrattano la bellezza dei nostri antichi palazzi, con superfetazioni ed aggiunte che nulla hanno di gradevole, anzi costituiscono un obbrobrio inaccettabile. Ed inoltre, sia ciò detto senza polemiche ma con molto realismo e triste constatazione, si sorvegli davvero il centro, ove persevera e costantemente avanza la micro criminalità e l’esercizio, in molte case private, del meretricio etero ed omosessuale, mentre l’operazione detta ‘strade sicure’ a ben poco serve, se non è davvero incisiva, come da attenti osservatori non vedemmo, sperando magari di non essercene accorti. Per cui quelle belle ragazze (da qualche tempo, le donne son soldatesse) dalle forme notevoli accompagnate da baldi giovinotti, tutti fasciati da gloriose divise del nostro Esercito, non facciano solamente bella e giusta mostra di sé, ma perseverino nello stroncare comportamenti delinquenziali, donando così sicurezza ai cittadini, in qualunque ora. Il centro storico, il quale non avrebbe del resto bisogno di essere militarizzato, si difende, almeno per brevi tempi, anche così. Ma sul serio.


Bar.Sea.


(pubblicato su Sicilia Sera n° 322 del 1° novembre 2009)



martedì 6 ottobre 2009

Si autotassino i consiglieri comunali di Catania


Proposte per il risanamento etico di Catania


Se quattrocentoventi mila Euro per i poveri vi sembran pochi…


La auto tassazione dei consiglieri comunali e presidenti di quartiere donerebbe quel forte segnale di riscatto morale
Di cui la città ha urgente bisogno – L’opposizione in Consiglio inizi a dare il buon esempio -


Una recente notizia impressiona i reggitori dei pubblici comuni (d’oltre oceano): l’amministrazione comunale di Chicago, tra le massime città degli USA e dove ha svolto tutta la carriera politica l’attuale Presidente Obama, ha dichiarato il fallimento, non come da noi tecnico, ma reale, stante lì una legge che impedisce ai Comuni –come agli Stati federali- di indebitarsi colle banche per risanare il bilancio: donde le proteste di alcune centinaja di dipendenti comunali, a cui in queste settimane è decurtato lo stipendio, come la sospensione, nei giorni scorsi, di tutti i servizi sanitarii comunali, onde risparmiare, così il rimborso dei giorni di ferie ai dipendenti.
Stiano tranquilli i panciafichisti della nostra Catania, qui le leggi nazionali consentono ai comuni, in primis al nostro in dissesto finanziario (anche se il Sindaco Stancanelli assicura questo sia ‘rientrato’ tecnicamente… allo stato dei fatti, guardando intorno la situazione dei servizi pubblici, non risulta affatto…!) di continuare a contrarre debiti colle banche, le quali si fanno garanti, con le proprietà immobiliari che l’amministrazione etnea possiede, del debito pubblico. Però qui è il caso di insistere sulla scia del nostro precedente articolo, ove denunziammo la vergogna della indegnità degli alti stipendi dei consiglieri comunali, nonché la volontà di diminuirli secondo un ddl presentato alla Regione da parte della attuale giunta. Nessun segnale, come si scriveva, da Catania ridotta al disastro sociale –basti osservare la situazione davvero spaventosa dell’AMT, la cui azienda di intera proprietà del Comune, se ha cambiato da luglio il proprio direttore, il quale non potrà far altro, se vi riuscirà, di ‘traghettarla’ verso la privatizzazione entro dicembre pena il commissariamento, immette ogni giorno nel traffico poco più che un centinajo di vetture, a fronte delle trecento esistenti, sol per la mancanza dei fondi che consentano alla officina meccanica di acquisire i ricambi necessari alla manutenzione dell’esistente- e vessata, da parte dei cittadini, dall’aumento spropositato ed illegale delle tasse ‘di base’ (come la TARSU, in media decuplicata per una abitazione di 90mq, dal 2006 al 2008), senza un adeguato corrispettivo in termini di funzionamento delle strutture comuni, quali pubblici giardini (l’abbandono della Villa Bellini, la cui ristrutturazione e riapertura il Sindaco, in una delle sue promesse da marinajo, aveva previsto per l’estate; come egli stesso aveva affermato l’abbattimento del ponte del tondo Giorni per metà agosto, prima della ripresa delle scuole…) e centri di divulgazione culturale (si è dovuti giungere, per l’antica e storica Biblioteca Civica ai Benedettini, all’atto di pignoramento da parte dei dipendenti in pensione che non hanno ricevuto la liquidazione, per costringere il Sindaco a provvedere per tempo: mentre l’attuale direttrice, sacrificandosi per il bene pubblico, da oltre un anno non riceve la diaria mensile…). Una città allo sfacelo e sotto gli occhi di tutti se pure il glorioso arenile della Plaja, si legge nelle lettere di protesta dei cittadini ai giornali locali, si mostra sporco e carico di inquinamento solido, non imputabile altresì ai gestori dei lidi ma alle navi che scaricano i loro lerci contenuti in mare, sfregiando una delle poche zone che sino a breve tempo addietro costituiva degna presentazione della città.
E se impunemente le turiste come le donne anziane vengono scippate e malmenate in vie cittadine, oltre la solerzia del nuovo Prefetto che mette in strada tutte le disponibili risorse onde fronteggiare la deriva, urgono segnali evidentissimi di stampo morale, che non siano solo simbolici ma reali, al fine di determinare quella inversione di tendenza collettiva la quale pònga le premesse per la rinascita di Catania, nella solidarietà. Ciò è condiviso da tutti, appunto: ma nessuno si muove.
Inizino dunque i politicanti locali a dare il buon esempio. Principalmente la cosiddetta opposizione (poiché sulla attuale maggioranza, degna erede ed in molti casi continuatrice con le stesse persone, di quella precedente che ci ha portato alla rovina dopo molte fallaci speranze, non v’ha da invocar granché). La proposta che ufficialmente formuliamo, più volte in varie forme qui reiterata ma adesso con chiare forme resa esplicita, è la seguente: sappiamo che i ‘capi’ della attuale opposizione in Consiglio Comunale a Catania sono il Senatore Enzo Bianco, già Ministro degli Interni, e l’ex eurodeputato Nello Musumeci, già Presidente della Provincia: due persone che conosciamo e stimiamo da anni, pertanto sappiamo non svolgere attività politica a fini di lucro né per ambizioni proprie, ovvero per amore grande verso la nostra città (pure essendo entrambi, come l’attuale Sindaco, ‘adottati’ perché di origini provinciali): dìano costoro per primi il buon esempio, tassando la propria retribuzione mensile di consiglieri (la quale, come documentammo nel precedente articolo, è di 3000 Euro per chi svolge solo quella attività, e 1500 euro per chi dichiara di avere altre mansioni) di 500 euro al mese, nonché costringendo politicamente sia i propri consiglieri (il che è alla stregua di un ordine…) che quelli della maggioranza, a fare altrettanto: per un anno solamente. Stessa autotassazione per i Presidenti dei consigli di quartiere, che son dieci. Il conto, stile servetta del monte, è presto compiuto: sessanta consiglieri più dieci presidenti di quartiere, per cinquecento euro ciascuno frutterebbero alle casse comunali, in un anno di autotassazione, ben 420 mila euro (vogliamo includere il Sindaco, tra gli autotassati…?) Questa cifra è certo modesta, in paragone alla voragine finanziaria del Comune: epperò può essere impiegata per uno scopo socialmente utile, da scegliere secondo referendum fra tutti i cittadini (perché le varie associazioni pseudo culturali facenti capo ai varii politicanti, non si impegnano così ?) in accordo armonico. Un esempio veloce: tale cifra ‘sfamerebbe’ letteralmente, con un assegno ad hoc di 233 euro circa, precisamente 150 famiglie o soggetti catanesi in situazioni di reale, e non fittizia, indigenza, al mese per un anno: si paragonino i 750 euro al giorno (!!!…) riscossi dall’attuale direttore generale del Comune, nominato appunto con delibera (visibile su Internet) del Sindaco…
E’ certamente un simbolo, un segnale importante: già a Macerata i consiglieri ed il Sindaco, dal mese di gennaio, si sono decurtati lo ‘stipendio’ mensile (ripugna usare codesto termine, per persone che svolgono attività molto comode e poco impegnative specie dal punto di vista materiale, a fronte dei molti lavoratori a rischio licenziamento, abbondanti in città…), seppure in modo ridotto, del dieci per cento. Catania ha assolutamente bisogno di una spinta più forte, più possente, più decisiva. E’ una città, ripetono molti, tornata in parte nell’immobilismo di un tempo: in gran parte fallita (i dati della Confcommercio locale denunziano la continua chiusura di esercizi commerciali medio piccoli, a fronte dell’espansione degli ipermercati) nel suo mito di centro di commerci e minuterie, sopravvive grazie alla struttura pubblica nazionale ed alle ricchezze accumulate negli ultimi trenta anni, da chi ha saputo investirle. Questa l’ufficialità: la realtà sommersa, che tutti vedono e nessuno denunzia, nàrra senza parole di fiumi di droga, di prostituzione invadente, di usura strisciante e vergognosa; di studentesse dedite al mercimonio onde poter vivere nel lusso, di truffe a cielo aperto di grandi e piccoli soggetti, nella indifferenza, troppo spesso, di chi dovrebbe reprimere e lo fa solo quando strettamente necessario o per dovere di immagine. Come se ci fossero, ci si consenta l’ipotesi da romanzo, ‘ordini precisi’ allo scopo di procurare l’affondamento di una corazzata corrosa ed un tempo ben imbastita.
Dunque si dòni un forte segnale, magari nel modo qui proposto, attraverso l’auto tassazione di una notevole somma da parte delle diarie dei consiglieri comunali, e la si destini, scegliendo magari un responsabile religioso o laico, al di sopra di ogni sospetto, ai poveri, ai bisognosi, ai deboli che in città non mancano. La solidarietà concreta, gnostica atea o cristiana che la si voglia appellare, è questa solamente. Il rimanente, lo si lasci galleggiare, con disdoro, nelle fòsse del torrente Acquicella.


Bar.Sea.



(pubblicato su Sicilia Sera n°321 del 4 ottobre 2009)

mercoledì 5 agosto 2009

Abbandonata la chiesa di San Nicolò la Rena


Triste situazione del grandioso tempio catanese


Indegno abbandono della Chiesa di San Nicolò la Rena


Diciannove anni dopo il terremoto del 1990 la cupola è ancora incastellata e non restaurata – Le colombe
danneggiano il locale vastissimo, e la meridiana è semidistrutta – Colpe degli enti responsabili -

Semplicità e vastità, porte definibili dell’infinito. Non potrèbbesi definire con molti altri modi, il tempio monumentale di San Nicolò la Rena, che orna la semicircolare piazza e s’erge, maestoso a coronamento del monastero benedettino da alcuni anni sede delle facoltà universitarie, sulla collina detta della Cipriana, antico ricettacolo della Catania ellenica, soprastante il mare. Ancor oggi i turisti che ne varcano i fèrrei cancelli, sono sconcertati ed ammirati dalla visione di grandiosità ed immensità, oltreché dalla frescura, donata dai monaci benedettini, autentici artefici in unità co’ mastri intagliatori ed architetti settecenteschi, di cotal maraviglia. Il tempio, come si sa, dalla divisione dei beni ecclesiastici, è di proprietà (seppur negli ultimi tempi controversa) del Comune catinense. Ne scrivemmo su queste pagine nel 2005, a proposito del discusso restauro conservativo dell’organo, un tempo tra i giojelli della enorme chiesa, il quale fu di Donato del Piano. In quella occasione rammentammo come i lavori di consolidamento della cupola, opera finita nel 1780 e creata da Stefano Ittar, tra i massimi genì artistici del barocco mediterraneo (cavaliere di Malta, è fra l’altro il costruttore del palazzo Magistrale, ora sede del governo, della piccola isola), con l’imbragamento metallico interno della struttura danneggiata dal terremoto detto di Santa Lucia (13 dicembre 1990), sia per la parte esterna che per l’interno, andassero a rilento. E’ davvero indegno constatare come, dopo quattro anni dalla nostra ricognizione e ben diciannove anni dall’infausto tremuoto, mentre –vien da citare il felice esempio- la cupola del Duomo di Noto, anch’essa giojello del barocco siculo, fu sapientemente restaurata e rimessa in piena sicurezza recentemente, la nostra sacrale dominante attraverso il lucernario l’intiera città, versa in stato di abbandono da parte del Genio Civile che, per legge, ha la responsabilità della sua ricostruzione.
Da notizie raccolte dal personale ivi operante, pare che i tecnici del Genio avrebbero dovuto riprendere i lavori di restauro, più volte negli anni interrotti, nel febbraio scorso: epperò nulla si fece e tutto è fermo allo stato attuale, come l’immagine fotografica qui riprodotta può documentare. Caso davvero gravissimo e deplorevole non soltanto per le amministrazioni comunali succedutesi negli anni che avrebbero dovuto avere il dovere etico di ottenere dai responsabili del Genio Civile il sollecito riscontro dei lavori, ma anche per l’assenza di quella che un tempo si appellava coscienza civica, ossia un mòto d’opinione spontaneo e disinteressato da parte dei cittadini, per la salvaguardia di un monumento che è prezioso ed intangibile per ognuno. Solamente si osservi che la struttura metallica che sorregge la cupola, da oramai più di tre lustri, deturpa vilipende e danneggia in modo davvero barbarico la grande e suprema meridiana, voluta e fatta costruire dai monaci nel 1841 attraverso l’opera del Barone tedesco Waltershausen e del dottor Peters: e se di codesti astronomi le figure son state ricordate qualche anno fa attraverso una pellicola cinematografica ivi girata (e poi stranamente scomparsa dai circuiti, mentre l’uso didattico della stessa avrebbe magari spronato all’interesse per la costruzione), la meridiana, di cui pochi scrivono e s’interessano, vèrsa in stato di deplorevole abbandono. Anche se qualche anno fa volontari del locale circolo astrofili, validamente coadiuvati dal collega Luigi Prestinenza, ne curarono il restauro dei bei simboli-segni zodiacali in pietra, mentre l’iscrizione latina che ne rammenta la costruzione è ancora semisgretolata, dai 21,9 metri dello gnomone il raggio che ogni mezzodì, "con una approssimazione a meno di un secondo" (rammentavano le guide di fine ottocento) colpiva i 37,36 metri della marmorea lastra, è offeso e spezzato, quasi che simbolicamente pure al sole sia stato impedito di compiere col suo guidato ‘dito’, la carezza precisa della Natura plasmata dall’homo scientificus.
La chiesa enorme, a’ tempio suoi ideata dal Contini architetto insigne di Roma e completata, per tutto il Settecento, dagli Amato, dai celeberrimi regj architetti Battaglia, la cui facciata ciclopica è come si può vedere rimasta incompiuta, documentando nei secoli la potenza non già e soltanto materiale, ma esoterica del corpo vitale dei figli di San Benedetto, se fino al primo Ottocento accoglieva tra gli otto enormi bianchi pilastri che dividono le tre navate –quella centrale è di 105 metri- la festa augusta del Santo Chiodo, seconda per solennità e sfarzo solo a quella di Sant’Agata, e dal 1926 ospita il sacrario dei Caduti delle due guerre, ora oltre i turisti è ricettacolo delle colombe. Poiché il Comune, nella attuale sua amministrazione, non è neppure capace attraverso l’Assessore al ramo, che si pasce di altre e ben più remunerative politicamente, faccende, di inviare alcuni operaj dell’ufficio manutenzioni al fine di sostituire dei vetri ròtti da mesi, i pennuti invasivi han preso possesso non solo del vastissimo locale, ma anche depositano i loro escrementi –i quali è noto esser dannosissimi- entro le cànne del restaurato organo, compromettendone così la già non grande (chi ricorda la sera della sua inaugurazione nel 2005, ne ha contezza) funzionalità. Ciò accade da tempo, altresì vanificando il lavoro –ed i finanziamenti, pubblici- ricevuti a suo tempo e spesi in cotal opera. Vero è che i visitatori da qualche anno, previa firma del foglio di manleva da parte del Comune (anche su ciò vi sarebbe da discettare) possono accedere al cosiddetto percorso di gronda, cioè salire quel centinajo circa di gradini che, attraverso una scala circolare, potrano sui tetti della chiesa, godendo così di panorama unico e spettacolare: atto codesto che mitiga in parte le storture, le quali però sono evidenti.
Nel tempio, anzi nella sagrestia di esso, l’ivi residente (in ala attigua del monastero) sacerdote Don Pino Ruggieri, celebra Messa ogni domenica pomeriggio: altra strana anomalìa, per la quale si ritiene la Diocesi abbia dei motivi, onde non solo far abitare un sacerdote per quanto autorevole all’interno delle mura di un complesso già ecclesiastico, però da oltre cento anni statale, e non inviare un prete, magari benedettino (come fece l’allora Arcivescovo Bommarito, autore del ritorno della Comunità cassinense in Catania: ora questa alloca nel monastero poco fuori Nicolosi, sull’Etna) a dir Messa in orari mattutini, o comunque cònsoni alla partecipazione di molta più gente che i pochissimi frequentanti le funzioni del suddetto sacerdote. Forse, la si interpreti come ipotesi magari straordinaria ma verisimile per chi ha interessi oltre il solo ambito razionale, il tempio come l’intiero complesso monastico sono ancor sotto l’effetto della ‘maledizione’ del beato Cardinale Dusmet, l’angelo dei poveri, il ‘padre’ spirituale dei catanesi di fine Ottocento, colui che vendette il proprio pettorale per distribuire il ricavato ai poveri, dopo i tristi effetti del colera (curiosa circostanza, proprio nel tempio benedettino, il 2 febbrajo di quest’anno, viene rubato il pettorale all’attuale Arcivescovo Gristina: affollatissima di poliziotti la chiesa in occasione della commemorazione della morte dell’ispettore Raciti, non si è più riusciti a trovare il ladro…). Il Dusmet, ultimo abate del monastero, assisté alla consegna di esso alle autorità del governo nazionale, nel 1870: la chiesa aveva sofferto l’invasione dei garibaldini nella spedizione del maggio 1860, i quali, alcuni, pare che ivi abbiano compiuto sconcezze di tipo satanico; il sant’uomo dunque, si racconta avesse pronunciato delle parole di terribile sdegno contro coloro che in quel momento storico, e fino alla Conciliazione del 1929, erano gli "usurpatori" dei beni della Chiesa. Parole che impedivano ai reggitori ‘laici’ di aver pace in quel luogo. Certamente il tempio negli anni seguenti è stato tormentato da molti eventi funesti: le tele rubate e poi sostituite da copie, quelle attuali; l’invasione dei carri armati inglesi, nell’agosto 1943 al suo interno; la spoliazione delle canne dell’organo originario e di altri arredi sacri; la storia dai contorni poco chiari delle cosiddette ‘messe nere’, che portò alla tomba un valente studioso, per crepacuore; le sempre insistenti ‘voci’ di presenze, fantasmi asseriscono alcuni convintamene, all’interno ed anche all’esterno del complesso; le ultime vicende anzidette. Meglio non scherzare e prender sottotono i santi, e le loro volontà: specie se si tratti di colui che fermò le lave dell’Etna, a piedi nudi, nel 1886 alle porte di Nicolosi. Piuttosto ci si affidi, per chi crede, al patrono della chiesa San Nicola qui detto "de harenis", venuto dal mare, di cui Dante rammenta la virtù: "…della larghezza \ che fece Niccolò alle pulcelle \ per condurre ad onor lor giovinezza" (Purg.XX, 31-33), alludendo alla storia del Santo che gittò tre borse con monete d’oro in casa di un uomo che era quasi per avviare al meretricio le tre figlie, non potendole maritare per estrema miseria.
Quelle tre borse auree aiutino a comprendere quanto, a fronte dell’avarizia, s’illumini di Vera Luce la santa povertà evangelica; e dai sette gradini percorsi i quali dal sagrato si accede a quel tempio, si invochino i sette angeli-pianeti, alla cui sommità il ‘deus absconditus’, veglia e rende morte ai rei, giustizia ai giusti.


Barone di Sealand

(Pubblicato su Sicilia Sera n°319 del 5 luglio 2009 - fotografia di Francesco Giordano, scattata nel maggio 2009)

Inceneritore di Acerra clonato in Sicilia?

Dopo l’inaugurazione, i problemi

L’inceneritore di Acerra si clonerà anche in Sicilia?


Impianto di smaltimento rifiuti estremamente contestato dalla popolazione campana, anche per la disinformazione
sul reale tasso di inquinamento – L’autorevole voce del Vescovo Riboldi -

Nelle scorse settimane, la inaugurazione da parte del Presidente del Consiglio con tanto sfarzo e solennità mediatica come oggi è d’uso, del così detto termovalorizzatore (noi preferiamo, e da qui innanzi lo appelleremo, inceneritore) in quel di Acerra, ha segnato il preludio, secondo le dichiarazioni dei politici siciliani riprese dalla stampa nonché le parole dello stesso Berlusconi, alla edificazione di un impianto simile in Sicilia, la quale come la Campania ha il problema cronico dello smaltimento dei rifiuti.
I dati che sovvengono alla opinione pubblica, quella raziocinante e non drogata dal bombardamento della immagine e dal rimbecillimento collettivo dei programmi semi demenziali diffusi dai canali televisivi, narrano tuttavia di altre storie, ben più tristi. Se infatti è innegabile che necessita operare al fine di trovare una concreta soluzione alla massa immensa di rifiuti, che la irrefrenabile popolazione dell’Occidente avvezza a consumare sovente in modo smodato, produce ogni dì, parimenti non si possono diffondere informazioni fuorvianti ed ingannevoli, al solo fine di ottenere consensi già strappati con metodi che per eufemismo diremmo poco ortodossi. Sia sufficiente il seguente esempio. La dichiarazione del Presidente del Consiglio, che l’inceneritore acerrano –il quale invero, come dimostrato dalla trasmissione televisiva di inchiesta "Annozero", è in fase di collaudo per tutto il 2009, giungendo a regime l’anno prossimo- "inquina come tre automobili di media cilindrata", è passata nel sentire comune senza quasi obiezione veruna. Il dato è quantomeno opinabile. Vi è chi si è dedicato a confutarlo, con i medesimi strumenti informativi messi a disposizione dalle fonti governative. Il dottor Pio Russo Krauss, responsabile del settore Educazione sanitaria e ambientale Asl Napoli 1Centro, ha rilasciato pubblica dichiarazione dopo aver consultato sia il sito Internet dell’Ispra, Istituto per l’Ambiente dipendente dall’omonimo ministero, che quello del Commissariato per i rifiuti della Campania diretto dal dottor Bertolaso, i quali forniscono i dati sulle emissioni inquinanti delle automobili, e dell’impianto di smaltimento rifiuti di Acerra. Ebbene confrontando le emissioni di una auto cosiddetta euro 3, media cilindrata, con i dati della Fibe-Impregilo che gestisce l’inceneritore di Acerra, ne scaturisce il seguente risultato, afferma il dottor Kraus: "quest´ultimo non inquina come tre auto ma come 115.702 auto per quanto riguarda la CO2, come 61.000 auto per quanto riguarda gli ossidi di azoto, come 27.000 auto per quanto riguarda le polveri e come 562 per quanto riguarda il monossido di carbonio". A quale livello sia giunto il pervertimento della informazione in Italia, da codesto caso è evidenziato con gravità inaudita. Non si dimentichi inoltre altra frase, sempre del Presidente Berlusconi, a proposito dell’impianto acerrano: questa struttura, secondo lui, è "un dono di Dio". Or qui non si vuole discettare su le scaturigini della divinità alla quale il capo del governo abbia voluto riferirsi in tale frangente; è tuttavolta inevitabile il ricorso, per un cristiano, al libro il più celebre per la fantasmagoria realistica della sua veggenza, ovvero l’Apocalisse: "…dal pozzo salì un fumo come il fumo di un’immane fornace e s’oscurarono il sole e l’aria per il fumo del pozzo.." (cfr.9,2). Ivi la caduta dell’angelo ribelle fa scaturire un pùzzo ammorbante che inonda le genti, a causa dei loro abomìni. Sono quegli stessi "mercanti della terra su di lei, piangeranno e faranno lamento, perché la loro merce oramai nessuno più vuole acquistare, mercanzia d’oro e d’argento…" (18,11). Visioni le quali si innestano in modo preoccupante alla realtà inquinatrice e mefitica di tali impianti, che –se non fossero sufficienti i veleni del petrolchimico gelese, le quaranta antenne della base della Marina Militare americana in quel di Niscemi con l’annunziato sistema di amplificazione, nonché gli impianti di Priolo- in prospettiva si intende costruire in Sicilia, terra come la Campania già martoriata da troppe piaghe.
Alla inaugurazione dell’inceneritore, osteggiato come dovrebbe sapersi e ripetersi spesso, da gran parte della popolazione acerrana, non intervennero, anzi si opposero recisamente sia la Chiesa nella configurazione della locale diocesi, sia molti movimenti spontanei, i quali son reduci da battaglie coraggiose per la difesa del territorio, offeso in passato dalla famigerata Montefibre, ed anche dall’espansionismo dell’impianto automobilistico Alfa di Pomigliano, ora a rischio chiusura per le politiche Fiat. Tra coloro che con autorevolezza rara han levato alta la loro voce per la difesa della popolazione, l’Arcivescovo emerito di Acerra Monsignor Antonio Riboldi, celebre sentinella di Dio, sacerdote a cui molto deve anche la Sicilia (laddove la popolazione dell’isola ne ricorda con commozione l’impegno forte in quella vicenda, la politica locale colpevole, non lo valorizza adeguatamente), per essersi egli fieramente battuto per i disastrati del Belice, ove era parroco, dopo il terremoto del 1968. Oggi il suo sito Internet (www.vescovoriboldi.it) è riferimento importante per pellegrini che da tutto il mondo, traggono dalle prediche ‘telematiche’ del prelato, ajuto conforto e speranza. Dal suo pulpito di pastore senza tentennamenti nella difesa della verità evangelica, egli ha tuonato ed ancor sottolinea: "oggi pare che la politica più che sul rispetto della gente preferisca la pomposità che è il 'comparire' che è 'ingannare' ". Egli ed altri pochi, sentono qual sacrale missione la difesa dei più umili, dei diseredati, di coloro che non hanno voce e son sopraffatti dalle violenze: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo" (Mt.28,20), precisò il divin Maestro, sul Tabor nell’ascendere. In tale consapevolezza vi è anche la forza, per coloro che credono nella Luce ed oltre ogni crudeltà, verso la rinascita suprema.

Bar.Sea.

(Pubblicato su Sicilia Sera n°319 del 5 luglio 2009)

Stipendi d'oro ai consiglieri comunali di Catania



Un male annoso, proposte per contenerlo


Stipendi d’oro a consiglieri, la Regione propone il dimezzamento: quali esiti a Catania?


Mentre il T.U. stabilisce compensi dai 3000 ai 1500 euro per i consiglieri comunali, se ne chiede la drastica riduzione - Le conseguenze etiche di tale vuoto – Devolvere i tre quarti della cifra ai bisognosi -

Una città il cui vuoto pneumatico, dal punto di vista etico, si fa sempre più grande, costringendo coloro che non condividono l’andazzo o ad emigrare, o ad autoescludersi dalla vita civile, lasciando quindi il campo libero allo spadroneggiare dei delinquenti, essendo il termine inteso in senso affatto metastorico quindi onnicomprensivo, è destinata presto o tardi a sgretolarsi, nelle sue pur nobili ed antiche fondamenta. Ci pare che sia il caso di Catania. Qui non ci si riferisce solamente al dissesto finanziario, che pare ‘tecnicamente evitato’, come pomposamente annuncia l’amministrazione Stancanelli, quanto alla nullità etica di taluni comportamenti, evidenti per chi vuol vedere, nascosti per i clientes, i famigli dei politicanti, gli interessati in prima persona al perpetuarsi del malcostume.
Si rammenti che, oltre le recenti elezioni europee, circa il venticinque per cento dei cittadini, qui ed in tutta Italia, non si reca alle urne a votare: ciò non solo è un diritto al pari di chi vota (che non esclude, come recita una legge del 1967, al contrario di quanto si afferma talvolta, dal godimento dei diritti politici, a cui si va incontro solo in casi di gravissime condanne penali), ma costituisce un grande, seppur silente, partito. Non diremmo che è il partito degli onesti o degli antidemocratici, epperò ci pare poterne identificare almeno una caratteristica: quella di tenersi al largo dalla politica infame dei panciafichisti e degli allibratori del comune bene, per interessi personali.
Qui si affronta, senza mezzi termini, il caso davvero doloroso, e vergognoso, degli stipendi dei consiglieri comunali e di quartiere. Già è assurdo che Catania, con trecentomila residenti, abbia dieci circoscrizioni. Rileggiamo quel che scriveva il Sole 24 Ore del 18 maggio 2007: "…la norma che regola le indennità degli amministratori delle città, compresa nel Testo unico degli enti locali del 2000: le retribuzioni devono essere fissate in base alla dimensione demografica, e ai gradi di capoluogo, delle diverse realtà, tenuto conto della fluttuazione stagionale della popolazione, della percentuale «delle entrate proprie rispetto al totale delle entrate, nonché dell'ammontare del bilancio di parte corrente». L'ammontare delle cifre per le indennità è fissato da un regolamento del Viminale che determina le varie fasce, ma consente ai Comuni di «aumentare o diminuire» le indennità o i gettoni di presenza. In caso di incrementi, però, la cifra non deve superare il 30% per i comuni con più di 100mila abitanti. Non è necessario però indossare la fascia tricolore per "sistemarsi". Anche assessori e consiglieri possono avere retribuzioni di tutto rispetto", aggiungendo: "La norma poi stabilisce che gli enti locali, nella loro autonomia, possono decidere di trasformarlo in indennità. È il caso di Catania: i consiglieri ricevono 3mila euro al mese, ma da questa somma vengono sottratti 100 euro per ogni giorno d'assenza. Tuttavia, le indennità sono dimezzate se si sceglie di continuare a svolgere, una volta in carica, il proprio lavoro". Insomma, siamo a circa 1500-1700 euro per quello che è da tempo un ‘mestiere’, il consigliere comunale: il doppio, per coloro i quali dichiarano di svolgere tale unica mansione. La giunta regionale del Presidente Lombardo, qualche mese prima della fine del 2008, ha cercato di pòrre un freno a tale spreco, varando un disegno di legge, si legge altrove, ove è prevista "la riduzione del numero degli assessorati nei Comuni e nelle Province, taglio alle indennità aggiuntive per sindaci e presidenti, gettoni di presenza al posto di stipendi fissi per i consiglieri. Non è finita, c’è anche l’addio all’aspettativa retribuita per gli eletti nei consigli e niente più retribuzione per i consiglieri nelle circoscrizioni dei comuni non capoluogo, stop al cumulo per sindaci e presidenti di Provincia col doppio incarico di deputato e ai permessi per i consiglieri-dipendenti che non potranno più andare in aspettativa con contributi a carico dell’ente. I consiglieri percepiranno un gettone al posto dello stipendio: a Palermo sarà di 126 euro, con un tetto massimo mensile (intorno a 1.900 euro, oggi è fino a 2.500 euro)". Ma tale iniziativa, che pure è stato fatto osservare non collima con la conseguente diaria mensile, assai più congrua, degli assessori e deputati regionali (però le riforme si cominciano dal basso… o no?), nulla ha mutato in Catania. Anzi: dalle opposizioni, che ogni tanto si rammentano di dover svolgere un compito ben importante e che invece si nota poco o nulla, si è rilevato come la recente assunzione, tanto per fare un gravissimo esempio, del nuovo direttore generale del Comune, il dottor Maurizio Lanza, abbia comportato uno stipendio mensile per costui, a carico delle casse comunali, di circa 22.285 euro al mese, in evidente discrasia con i continui appelli del Sindaco al rigore ed alla sobrietà, nonché colle iniziative dei privati (ultima la risistemazione di piazza Nettuno) che a loro spese, ed a parer nostro nella vergogna del Comune che dovrebbe occuparsene –come dovrebbe intervenire per non far sfrattare la scuola Doria, a San Cristoforo, altra questione ignobile a carico della Giunta- hanno effettuato tali lavori. Si rifletta, a fronte di lavoratori del settore pulizie che minacciano di gettarsi dai cornicioni dei palazzi, a fronte di sfrattati e poveri diavoli che non hanno ‘santi in paradiso’ a cui rivolgersi, alla evidenza aritmetica che il nuovo direttore generale del Comune costa a tutti i catanesi esattamente settecento e cinquanta euro al giorno, come è del tutto chiaro che le tasse da noi versate (Ici, Tarsu, tosap, Irap e le altre) incrementano non solo gli stipendi dei lavoratori comunali, ma anche le mensilità di codesti professionisti della politica, che sono i consiglieri comunali e di quartiere, nonché gli assessori.
Noi non pretendiamo, anche se sarebbe dati i tempi necessario, richiamare l’augusto esempio di Marco Porcio Catone, "esiguo era il suo patrimonio, modesto egli fu per continenza e in tenor di vita, pochi clienti ebbe, chiusa all’ambizione era la sua casa, una sola era stata la personalità insigne da parte paterna, fiero era il suo cipiglio, ma ineccepibile sotto ogni riguardo fu la sua virtù" (V.Massimo, "Detti memorabili", l.II,10,8): chiediamo tuttavolta che l’attività politica, sin dalle sue cellule primigenie che son lo svolgersi degli affari cittadini, tòrni ad essere passione pura, e per ciò fare sia quasi del tutto aliena da compensi che la configurino come un mestiere, dalle conseguenze sporchissime. Pertanto utile il ddl regionale, ma forse anche insufficiente: alle prossime elezioni comunali, dato che sinora tale esempio è mancato, si svolga da parte di tali soggetti, la proposta di destinare l’ottanta per cento della propria diaria ai poveri, ai bisognosi, ai diseredati. Solo in tal caso, codesti circensi di infima levatura, potranno avere credito, nel consesso di coloro che ancor credono e distillano il sale della civiltà.
Bar. Sea.
(Pubblicato su Sicilia Sera n°320 del 5 agosto 2009)