martedì 11 settembre 2018

Il Presidente della Regione Siciliana Musumeci riceve una delegazione dell'Accademia Nazionale Acconciatori Misti a Catania palazzo ESA




CATANIA – Un incontro più che proficuo e piacevole quello avvenuto ieri a palazzo Esa a Catania fra i vertici dell’Accademia Nazionale Acconciatori Misti Sicilia e il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci. Il governatore ha ricevuto una delegazione dell’Accademia per rivolgerle gli auguri d’incoraggiamento poco prima della partenza per Parigi. È qui dove i maestri catanesi sono, infatti, atterrati in queste ore per competere al “HairWorld Paris 2018”, il campionato mondiale di acconciatura. Il concorso internazionale è in programma dal 9 all’11 settembre 2018 all’interno del ParisExpo Porte de Versailles e vedrà in gara i talenti provenienti da circa quaranta paesi del mondo.
All’incontro a palazzo ESA, c’erano il presidente dell’A.N.A.M Sicilia, Salvo Ruffino, il presidente dell’A.N.A.M Centro di Catania, Giuseppe Gambino e un gruppo di maestri e trainer dell’Accademia di alta formazione catanese.
A prendere parola è stato Ruffino che, dopo aver ringraziato  il presidente, ha parlato del mondo A.N.A.M. e dell’emozione in vista della competizione parigina. Il governatore dal canto suo ha espresso tutto il suo apprezzamento per un mestiere così antico e per un’arte – come  lui stesso l’ha definita – in cui si fondono, storia, passione e coraggio imprenditoriale. “I barbieri e gli acconciatori hanno fatto la storia delle nostre comunità”, ha detto Musumeci.  “Sono i custodi di una arte antica, nobile e impegnativa. Ritengo che il settore dell’artigianato sia una risorsa importante sul piano culturale ed economico per la nostra terra, perché si fonda su una tradizione solida. E se oggi è qui presente una rappresentanza così significativa dell’A.N.A.M. non può essere un caso”. 
E l’occasione si è rivelata utile anche per illustrare le problematiche che affliggono il settore della formazione. Istanze che il governatore ha raccolto di buon grado e con spirito propositivo. “Ci tengo a dirvi che in me avrete sempre un interlocutore attento - ha proseguito il presidente - e vi staremo vicini. La formazione negli anni passati in Sicilia ha subito ingerenze inusuali e inopportune. Occorre mettere ordine con responsabilità attraverso figure competenti che non pensino al portafoglio”. E infine il presidente Musumeci lancia la proposta di un progetto che ha a cuore da tempo: “Potremo organizzare eventi. Mi piace il tema della ricostruzione storica. Sarebbe bello realizzare in Sicilia un museo dei saloni. Noi ci metteremo l’impegno finanziario, ma voi dovrete aiutarci per coordinare e realizzare il progetto”.
Il team A.N.A.M. Sicilia volato a Parigi è composto per la categoria femminile dai maestri Rosario Di Bella e Mariella Surace. Per la categoria acconciatura maschile gareggeranno invece Giuseppe Criscione e Daniele Belvedere. Ad accompagnare i maestri il presidente regionale dell’Accademia Nazionale Acconciatori Misti, Salvo Ruffino, il presidente dell'A.N.A.M. Centro di Catania, Giuseppe Gambino, il maestro Salvo Scavo ed il presidente di A.N.A.M. Palermo, Matteo Abbate. E con loro anche un folto gruppo di acconciatori della Regione siciliana.
Ad allenare i partecipanti per la categoria femminile è stata la trainer nazionale Daniela Sperotto; per il maschile invece Pierfilippo FranciaAntonio Sciandra e Pietro Colantuono. Trainer dei concorrenti siciliani è stato Salvo Scavo. Il team siciliano e la delegazione italiana sono, inoltre, accompagnati dal presidente nazionale A.N.A.M., Lino Fabbian, dal responsabile tecnico, Antonio Coscia e dal presidente INAI (Istituto nazionale acconciatori italiani), Elio Vassena.
I maestri si sfideranno in tagli, colori e acconciature.  Saranno valutati da una giuria internazionale. 

martedì 10 luglio 2018

Il Sindaco di Catania Pogliese al convegno sullo sbarco in Sicilia del 10 luglio 1943



IL SINDACO POGLIESE AL CONVEGNO SULLO SBARCO IN SICILIA: “RILANCIARE IL TURISMO STORICO, RICCHEZZA DELLA NOSTRA TERRA”


Il nuovo Sindaco di Catania Onorevole Salvo Pogliese, ha inaugurato alle Ciminiere -ove sorge il Museo dello Sbarco in Sicilia, voluto da Nello Musumeci allora Presidente della Provincia- il convegno sul 75° anniversario della “Operazione Husky”
“Rilanciare il Museo dello Sbarco, una delle realtà più belle che abbiamo, e inserirlo nel circuito del turismo a Catania ed in Sicilia, particolarmente il turismo storico militare che conta molti interessati: non è pensabile un numero di cinquemila visitatori annui per questa bella struttura, escludendo le scolaresche, quando il museo di Caen in Normandia ne conta oltre trecentomila: Catania come Comune e città metropolitana farà la sua parte col mio impegno personale per costruire un cammino di grande valorizzazione turistica che va oltre anche questo importante evento di oggi e quelli che seguiranno”.
Con queste parole, vibranti di entusiasmo (anche per la passione personale per la Storia che lo caratterizza), il nuovo Sindaco di Catania Onorevole Salvo Pogliese, ha inaugurato alle Ciminiere -ove sorge il Museo dello Sbarco in Sicilia, voluto da Nello Musumeci allora Presidente della Provincia- il convegno sul 75° anniversario della “Operazione Husky”, ossia lo sbarco degli Anglo-Anmericani nell’Isola che costituisce pagina essenziale della seconda guerra mondiale. Fortemente voluto da Pogliese (che cinque anni fa per il settantesimo ha organizzato analoga manifestazione), il convegno ha visto la partecipazione dell’Assessore al Turismo della Regione Siciliana Sandro Pappalardo, del Magnifico Rettore dell’Università di Catania prof. Francesco Basile, del Comandante dell‘Esercito in Sicilia Generale Minghetti, del giornalista e storico Ezio Costanzo (il quale con le sue pubblicazioni ha promozionato molto la struttura e divulgativamente dato un importante contributo, che continuerà in modo concreto), nonché autorità civili e militari, molti esponenti della giunta comunale ieri insediatasi, il Comandante del CEDOC di Catania Colonnello Privitera, associazioni combattentistiche e d’arma (Aeronautica, Associazione Nazionale del Fante di Catania  e altre),  gli storici Lucio Villari e Andrea Ungari i quali hanno nei loro interventi apportato elementi essenziali per la comprensione e l’inquadramento storico del fatto; così il breve video curato dal collega Costanzo ha mostrato quanto le coste tra Gela e Licata siano altresì ricche di costruzioni militari italo-tedesche abbandonate ma che devono essere riprese e curate per costituire volano di lancio per la conoscenza storica del territorio siciliano.
“Il Museo dello Sbarco in Sicilia”, ha proseguito Pogliese, “sarà presente con uno stand a Milano al convegno sui musei storici: vogliamo impegnarci con una scelta prioritaria perché si devono individuare dei settori specifici che il turista può e deve conoscere al massimo, come accade a Malta, che è un esempio in quanto piccola isola ma che conta ben 14 milioni di turisti: noi dobbiamo impallidire se paragoniamo il nostro immenso patrimonio artistico culturale, che tutti ci invidiano, cercando come amministrazione di dare il massimo perché il turista si fermi e apprezzi le nostre ricchezze”.    Sullo stesso tono l’intervento dell’Assessore Pappalardo, che ha assicurato la sinergia completa della Regione Siciliana al fine di cooperare per il rilancio del turismo in questo settore, rivendicando “come un obbligo che non esige ringraziamenti, perchè è specifico compito della Regione” il contributo anche economico al rilancio del Museo e delle attività connesse; “La Regione”, ha precisato Pappalardo, “sta riaprendo tutti gli infopoint a Catania, il prossimo all’aeroporto, i quali erano stati inspegabilmente chiusi: ciò faremo con grande determinazione, non si può chiedere informazione turistica al tabaccaio, deve essere l’ente pubblico a darla”.
Approva ed è in consonanza l’Università, con la parola del Rettore Basile: “È una opportunità non frequente di essere sulla stessa linea di pensiero tra Comune, Regione e Università”, ha egli affermato, “per cui proporrò un gemellaggio tra i nostri siti storici e museali e il Museo dello sbarco, affinché non solo gli studenti, di cui sono il referente, ma anche i turisti possano conoscerne al meglio e apprezzarne le potenzialità”.
Ricordiamo che la cosiddetta “Operazione Husky” del dieci luglio 1943, con lo sbarco in Sicilia di oltre cento ottanta mila uomini americani inglesi canadesi australiani e delle colonie, costò molto sangue agli allora nemici (l’Italia faceva parte dell’Asse) poiché le quasi eguali forze italiane e germaniche, contrariamente alle previsioni del Premier inglese Churchill e del Presidente USA Roosevelt, contrastarono incisivamente, dopo la facilità degli approdi nelle coste gelesi, licatesi ed ad Avola e Pozzallo, l’avanzata delle truppe Alleate (le quali commisero diversi errori anche di ubicazione dei siti poiché molti militari morirono anche per motivi futili): se entro il luglio la linea Patton avanzò a Palermo conquistandola (e ivi nacque il primo quotidiano dell’Europa libera, “Sicilia Liberata”, diretto da giovani giornalisti del POW, tra cui un ebreo che poi diverrà famoso, Ugo Stille) verso Catania la facile “camminata” alleata si infranse al Ponte di Primosole, ove la tenacissima resistenza del Regio Esercito Italiano (tra gli ufficiali che pugnarono l’allora Maggiore Nino Bolla, poi capo ufficio stampa del governo brindisino; giornalista monarchico, nel dopoguerra scrisse un fondamentale resoconto della battaglia) e della divisione Goering della Wermacht, solo ai primi di agosto ritiratisi su per le strade dell’Etna da Bronte a Randazzo, permisero l’occupazione di Catania; furono salvati oltre centomila militari attraverso lo stretto di Messina mentre la battaglia doveva infuriare sul Continente. L'”Operazione Husky” fu politicamente il colpo mortale che permise, alla Monarchia italiana già convinta, la caduta del regime fascista e l’avvento del governo tecnico del Maresciallo Pietro Badoglio, che ci porterà all’armistizio e a salvare il nucleo fondante dello Stato, schierandosi con la compagine Anglo-Americana.
Gli eventi del Museo dello Sbarco continueranno con mostre fotografiche, esposizione di mezzi storici, di modellismo, presentazione di foto inedite e libri, da luglio a dicembre.

http://www.globusmagazine.it/sindaco-pogliese-al-convegno-sullo-sbarco-sicilia-rilanciare-turismo-storico-ricchezza-della-nostra-terra/#.W0Td0dIzbIU
                                                                                        

mercoledì 21 marzo 2018

Riuscita la "Traviata" al teatro Bellini di Catania


RIUSCITA LA “TRAVIATA” AL TEATRO BELLINI DI CATANIA


Con interpreti all’altezza dei ruoli, la produzione in versione regionalistica del celebre dramma parigino di Giuseppe Verdi fu apprezzata dal pubblico catanese

“La Traviata ha fatto un fiascone”, scriveva Giuseppe Verdi nel marzo 1853 a proposito della prima rappresentazione della sua opera alla Fenice di Venezia: complice la novità per l’epoca del testo, ma verrà a trionfare dall’anno dopo e oggi può dirsi l’opera italiana più rappresentata al mondo, che porta il genio popolare del compositore bussetano, immerso nel tricolore stemmato con la croce di Savoja (Verdi fu Cavaliere dell’Ordine Civile della Real Casa Sabauda, che oggi vive nell’Ordine al Merito Civile), nei quattro continenti.
L’edizione di Traviata la cui prima si diede la sera del 16 marzo nel teatro Bellini di Catania, rispettando i canoni dell’opera popolare (anche se la forma sta perdendosi nel pur foltissimo pubblico delle grandi occasioni: pochissimi smoking per gli uomini, che preferiscono la meno impegnativa cravatta; donne in età curate ma più giovani che non disdegnano i jeans, senza contare alcuni individui con orribili polpacci senza calzini…), ha riscosso il notevole successo dei convenuti: si “giocava in casa”, è vero, produzione del teatro Massimo di Palermo, allestimento scenico in Liberty che è stato ripreso dalla capitale siciliana del XIX secolo, arieggiando i Basile e i Florio, senza considerare che l’opera, come tutti sanno e come sovente ripete il libretto di Francesco M.Piave, è ambientata in Parigi; con  codesto indulgere a certo “regionalismo” ultimamente in voga (se chiamarlo provincialismo, per tale opera universale, appare fuori luogo…), la catanese “Traviata” ebbe un riscontro più che buono, nelle sue tre ore di spettacolo.

La regia del Pontiggia non forzò eccessivamente la mano e mise l’ottimo coro delle maestranze del teatro a proprio agio nelle scene collettive; il direttore Jordi Bernacer, seppure a volte non susseguente, si mostrò adeguato alla partitura; ottime le voci del sempre brillante Riccardo Palazzo (Gastone), incisiva quella del mezzosoprano Sabrina Messina (Flora) come anche Carmen Maggiore (Annina); da apprezzare Piero Terranova (Giorgio Germont); bravo Gianluca Tumino (il Marchese)  mentre senza infamia e senza lode, fu il tenore Javier Palacios, nel primo atto senza dubbio sotto tono, poi ripresosi nei successivi.
Il ruolo di Violetta Valery, come sappiamo “soffre” degli immensi càlchi novecenteschi di Joan Sutherland, di Maria Callas, nonché della versione teatrale e cinematografica della Margherita Gauthier, la Signora delle Camelie, che fu Greta Garbo come Eleonora Duse. Qui abbiamo avuto la voce del soprano Daniela Schillaci, che già aveva interpretato quel ruolo anni fa anche al Bellini: la Schillaci ha un pubblico di fan (presente anche alla prima, nel loggione) che la supportano, una bella presenza e una voce notevole: nel primo atto fu troppo irruenta (“Follie…Follie”) come lo era stata nelle versioni registiche precedenti, “rimaneggiando” poscia in positivo l’impostazione tonale nei successivi atti, laddove la mano del regista ha rammentato al soprano che Violetta non è una donna di vita (pasolinianamente), ma una ragazza raffinata del puro Ottocento, che deve per mantenersi, scegliere una “protezione” altolocata la quale alfine la porta alla tragedia ed alla morte.  In questo senso il ruolo vocale fu ben svolto da Daniela Schillaci; il personaggio un po’ meno, anche se molto dal pubblico etneo le è concesso, anche il fuori scena dopo il primo atto a raccogliere i certo meritati applausi, i quali di solito si mietono alla fine e, quantunque il pubblico dei convenuti fosse partecipe perchè Verdi è Verdi e Traviata la conoscono tutti, non furono così prolungati come forse alcuni si attendevano.
Un plauso alla valente orchestra del teatro Bellini, i cui elementi non mancano mai di mostrare la loro partecipazione intensa, anche quando vi è meno solennità, figurarsi in una opera come codesta, tanto amata dalle masse per le sue arie celebri e pezzi musicali anche mutati per banda. “Alfredo Alfredo, di questo core, non puoi comprendere tutto l’amore…tu non conosci che fino al prezzo del tuo disprezzo, provato io l’ho… io spenta ancora, pur t’amerò”, si azzarda a dire Violetta dopo che Alfredo l’ha svergognata dinnanzi a tutti, pria che il padre venga a fermarlo: dramma cosmico dell’amore che anche nei tumulti dell’anima non dimentica di aver sofferto e dònasi davvero per sempre, “spenta ancora”, come era nel grande, irripetibile XIX secolo: e se è vero, come lo stesso Verdi ha affermato, che in Violetta egli vedeva la convivente, poi moglie, il soprano Giuseppina Strepponi, ciò dia luogo di intendere come il personaggio di Violetta non sia una cortigiana, bensì una donna davvero intensa e persino timorata di quel Dio che aleggia in molte pagine del pur miscredente Verdi.
Violetta deve morire, perché “se tornando”, dice ad Alfredo, “non mi hai salvato, a niuno in terra salvarmi è dato”: dannazione cosmica di colei che fece soffrire e perciò appare destinata all’annientamento? Non sappiamo fino a che punto, ma oggi come ieri, è questa la fine di chi spezza i sacri vincoli che giurò un giorno: la Nèmesi dell’antichità esiste e nessuno può cambiarla, neppure se la camelia da sagrifizio diventa rosa rossa del destino e di un amore rinnovato in nuove mani e in nuove strade.  Questi ed altri messaggi lancia “Traviata” che nella edizione marzo 2018 del Bellini, può dirsi tecnicamente riescita, anche se non è la voce del momento, bensì il personaggio che vive in eterno,  memento mori del fiore che non tramonta.

http://www.globusmagazine.it/132072-2/#.WrIq2-jOXIU

venerdì 2 febbraio 2018

Gala del Coro Lirico Siciliano alla Badia di Sant'Agata e premio a Fiorenza Cossotto


CATANIA, PREMIATA LA “DIVINA” MEZZOSOPRANO FIORENZA COSSOTTO


Riconoscimento alla carriera ad una delle artiste più grandi della lirica novecentesca, unitamente ai Maestri Vaccari e Arlia e luminosa galleria di brani eseguiti dagli artisti diretti dal Maestro Francesco Costa, alla presenza del Vescovo Gristina e di foltissimo pubblico
Serata molto bella all’insegna dell’eleganza e della buona musica nonché nel premiare grandi nomi della lirica, quella svoltasi il 31 gennaio a Catania, nella monumentale chiesa dellaBadia di Sant’Agata, accanto il Duomo (giojello settecentesco, codesta chiesa, la cui forma particolarissima e la ricchezza architettonica furono il dono che l’architetto Vaccarini vòlle fare alla Santa catanese, prima del suo ritiro), mercè il Coro Lirico Siciliano, che ha voluto organizzare un gran Galà nell’ambito della settimana musicale agatina, giunta ormai alla quarta stagione. Con il supporto della rettorìa della chiesa, la serata si svolse in modo intenso ed elegante: la stella di prima grandezza ospitata fu la “divina” Fiorenza Cossotto,notissimo mezzosoprano dalla lunga carriera, che in sessanta anni di palcoscenico, esordendo alla Scala negli anni ’50 diretta da Maestri della levatura di Votto e Serafin, ha avuto una brillantissima e fenomenale  vita artistica, cantando dal Covent Garden di Londra a Chicago ai maggiori teatri di ogni nazione, affermandosi come massima espressione del ruolo di mezzosoprano nei toni alti e gravi, dalla brillantezza timbrica assoluta. Onorando l’Italia nel mondo, è giusto che la Repubblica l’abbia insignita del titolo di Cavaliere Gran Croce dell’Ordine al Merito.      
La signora Cossotto appena giunta in città ha voluto subito deporre una rosa bianca sulla tomba di Vincenzo Bellini; ella è rimasta una diva anche nella serata catanese dispensando sorrisi e gentilezze al pubblico della città etnea che dopo anni di assenza, la accolse con grandissimo affetto;  è la stessa artista sublime che ha cantato nei ruoli di Suzuki nella Butterfly, la indimenticata Eboli del Don Carlo,  Adalgisa e Teresa in Norma e Sonnambula,  Santuzza in Cavalleria e Cherubino nelle Nozze di Figaro, negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, accanto a Maria Callas, Mario Del Monaco, Carlo Bergonzi, Alfredo Kraus, Renata Scotto, Montserrat Caballè, entrando a pieno diritto nel novero dei grandi della lirica mondiale: il mezzosoprano per eccellenza è lei…  e come i bei tempi, a Catania ha avuto ancora frotte di ammiratori (e corteggiatori) d’ogni età.   Perchè quando si entra nella dimensione del mito, le barriere spazio-tempo non più esistono.    Premio meritatissimo quindi il genius loci del Coro Lirico, il Maestro Francesco Costa (che ha diretto il suo Coro), non poteva che attribuire alla signora Cossotto, la quale ha altresì fatto dono della sua ancor ottima voce, nell’assolo “Panis angelicus” di Franck, accompagnata coralmente dagli artisti.  La presenza dell’Arcivescovo Metropolita di Catania Monsignor Salvatore Gristina, che ha voluto personalmente consegnare il riconoscimento alla “divina” Cossotto, è stato un ulteriore segno della importanza della serata.
Fra i premiati vi furono il Sovrintendente del teatro Petruzzelli di Bari Giandomenico Vaccari,noto musicologo (consegnò il premio il dottor Filippo Donzuso, del comitato per i festeggiamenti agatini) e il più giovane direttore di conservatorio d’Italia, in Calabria, Filippo Arlia, pianista e promettente interprete della musica classica : si pensi che il 29 maggio dirigerà alla Carnegie Hall di New York l’unico tributo a Rossini previsto da quel teatro.    Assente il pur premiato tenore augustano Marcello Giordani.   
brani eseguiti e molto partecipati dal foltissimo pubblico, oltre all’Inno a Sant’Agata di Licciardello con parole del sacerdote poeta Antonio Corsaro e lo “stans B.Agatha” di Tarallo, , furono  l’Inno alla vita del Maestro Francesco Costa (dedicato al rettore della chiesa Massimiliano Parisi), l’Ave verum di Mozart e il Te Deum in do maggiore di Bellini, un omaggio a Rossini nel 150° dalla morte col corale “Dal tuo stellato soglio” dal Mosè in Egitto (solisti S.Fiura, S.Cravara, A.Munafò, R.Bosco), un trittico verdiano (Verdi è sempre Verdi…) con “va pensiero…”, “coro di zingarelle”  e “vedi le fosche notturne spoglie” da Nabucco, Traviata e Trovatore; indi sempre per coro, Mascagni di Cavalleria Rusticana con “regina coeli inneggiamo…” e il celebre “Inno del sole” dall’Iris, ove si notò la perfetta bravura piasnistica di Alistair Sorley; infine chiusura corale con “brindisi” dalla Traviata, per la grande opera italiana che il Coro Lirico Siciliano esporta nel mondo: reduce dal viaggio in Cina che ha portato a notevoli successi, la compagine del Maestro Francesco Costa non poteva che inaugurare degnamente le festività agatine con un evento così denso e importante.

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mercoledì 17 gennaio 2018

La prima della Rondine al Bellini di Catania alla presenza del Presidente della Repubblica


AL BELLINI DI CATANIA CON “LA RONDINE” ALLA PRESENZA DEL PRESIDENTE MATTARELLA


Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha assistito martedì 16 gennaio, a Catania, a ‘La rondine’ di Giacomo Puccini, che ha aperto la stagione lirica del Teatro Bellini di Catania. 

La Rondine pucciniana a Catania vola alto solo per uditi raffinati: questo il sunto dell’apertura della stagione 2018 del teatro Bellini di Catania, scenario che si prospettò fastoso per la presenza, prima volta nella storia del tempio della lirica catanese, del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (che in precedenza visitò il quartiere periferico di Lebrino) accompagnato dal nuovo Presidente della Regione Nello Musumeci e dal Sindaco etneo Enzo Bianco, nonché dagli immancabili corazzieri e da un foltissimo apparato di sicurezza, che ha ampiamente fatto anticipare l’ingresso degli spettatori,  passati da due improvvisati “metal detector”. Pubblico delle grandi occasioni con donne insolitamente ingiojellate e a volte eccessivamente cariche di velluti, ma non folta presenza (già il terzo settore era semivuoto e in platea diverse file rimasero tristamente sguarnite), per il fatto che l’opera pucciniana, seppure magnificata dal direttore-regista ospite Gianluigi Gelmetti, non ha smosso più di tanto il tradizionalissimo pubblico dei melomani catanesi.

Eppure la trama (ad avviso  non tanto nostro, ma di eccellenti musicologi che interrogammo) spacciata per “protofemminista” quando in realtà è la storia di una cortigiana la quale, incontrando il vero amore ma squattrinato, si rende conto, laddove deve decidere fra il cuore e i piaceri del denaro e dei divertimenti, che questi ultimi le sono più congeniali  e non esita a mollare il giovinotto, per tornare dall’amante ricco che la mantiene, è quanto di più attuale e degna della storia del mondo, dalle piramidi al terzo millennio, si possa imaginare. E se alcuno ha descritto Puccini come “maschilista”, gli è che il musicista toscano ben conobbe l’animo femminile: nel periodo di composizione della Rondine (1913-16) egli amoreggiava con la sposata baronessa Josephine Von Stengel di Monaco di Baviera. La Rondine doveva essere l’opera che celebrava la triplice alleanza ma, col sopravvenuto mutamento politico e la guerra al secolare nemico austroungarico nel maggio 1915, Puccini (devotissimo a Casa Savoia: grazie ad una borsa di studio della Regina Margherita egli potè andare in Conservatorio a Milano, poiché orfano di padre: si vantava dei titoli sabaudi, essendo Grande Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia) dovette modificare l’impianto primevo, affidando il libretto al commediografo Giuseppe Adami, che tessè una trama convenzionale. Andata in scena nel marzo 1917 al teatro di Montecarlo, diretta da Marinuzzi e con il grande Tito Schipa nella parte di Ruggero, La Rondine fu poi subito rimaneggiata da Puccini: la partitura originale pare sia perduta e l’opera si rappresenta periodicamente, poiché certo non ai livelli di Turandot, Boheme, Tosca, Madama Butterfly, per cui il gran pubblico stravede.

Questa Rondine catanese  ebbe tuttavia una laudevole Magda nel soprano Patrizia Ciofi, voce senza sbavature ed all’altezza del ruolo, anche se a volte sembrò bassa nei toni, considerando la la dimensione dello spartito; il tenore Giuseppe Filianoti, calabrese e gloria del sud nei teatri mondiali, fu un perfetto Ruggero, che alle sapienti tonalità vocali esperite soprattutto nel secondo e nel terzo atto, donò una presenza scenica attoriale di tutto rispetto, che ne confermano le doti di notevolissimo interprete per il suo eclettico repertorio; buone anche le prestazioni vocali del baritono Marco Frusoni(Rambaldo) e del soprano Angela Nisi (Lisette), mentre senza infamia e senza lode fu l’orchestra, che sovente risultò troppo amplificata e ciò era chiarissimo in platea ed in taluni passaggi del terzo atto.   Inutili anche certe sottolineature registiche di carattere erotico alla fine del primo e all’inizio del terzo atto, come se fossero necessarie a precisare una storia che di sensuale ha tutto dall’inizio alla fine, pur senza dirlo: e quando Magda, sin dall’inizio, parla di sentimento, “fanciulla, è sbocciato l’amore, difendi difendi il tuo cuore, dei baci e sorrisi l’incanto, si paga con stille di pianto”, è come un sommario del tragico destino predettole dal poeta Prunier dietro il sipario: “Forse, come la rondine migrerete oltre il mare, verso un chiaro paese di sogno…”, che sarà la scoperta del vero amore con Ruggero. Il quale però ingenuamente crede sia eterno, scrive alla madre, le dice “per sempre” sin da subito: la furba Magda, che rammentava le parole dell’amante che la manteneva a Parigi (ove gran parte della scena si svolge, nei locali peccaminosi della Parigi del secondo Ottocento), all’atto di lasciarlo, “possiate non pentirvene”, ci ripensa poi quando il poeta-ruffiano inviato da Rambaldo nel nido dei due amanti, le ricorda che l’ex è pronto a riprenderla e a coprire la situazione debitoria che ella con Ruggero aveva creato, per una sorta di abbandono estatico ai sentimenti ed ai sensi: insomma, due cuori e una capanna, è una illusione ieri come oggi.
Sembra di sentir dire Magda: “mi porti a vivere nelle macerie?”; indi lascia senza pietà l’infelicissimo Ruggero, che invano la implora: però gli ammanta il gesto con un modo bonario, come se ciò fosse per il suo bene mentre ella, “riprendo il mio volo e la mia pena”, sa di tornare ad una vita dissoluta ma non le rincresce, se non per aver perduto l’unico bene che potevasi avere nella breve umana vita, l’Amore puro.    Come tante, Magda ha indossato la maschera dell’ipocrisia, rifiutando il cuore, per interesse.  Una storia eterna, che però probabilmente l’ultimo Puccini, immerso in problemi che ormai lo sormontavano, non poté definire nei precisi contorni, che comunque conserva immutato fascino,  per uditori finissimi e affermante crude verità: non meravigliano pertanto gli applausi sentiti sì, ma tiepidi alla fine dell’opera che non si prolungarono neppure alla chiusura del sipario.

Nota di colore: molti aspettavano che, quale supremo rappresentante delle istituzioni, il Presidente Mattarella, nelle pause, salisse al foyer (ove la statua del povero Bellini è stata ostruita da osceni cartoni pubblicitari di località siciliane, sempre per motivi di sicurezza ma senza rispettare chi è  “padrone di casa”) per salutare i convenuti. Il Presidente e l’entourage con Musumeci e Bianco, hanno invece scelto di rimanere chiusi nel “cerchio magico” della strabordante sicurezza, senza miscelarsi con la gente, che non era il popolo minuto. Scelte inevitabili? Sarà, ma non si può evitare di pensare che se i massimi rappresentanti di una democrazia parlamentare si chiudono a riccio in momenti in cui portrebbero manifestare la loro socievolezza, specie dopo che tutti i presenti intonammo cum laude l’Inno di Mameli, i tempi sono veramente tristi. Figurarsi le scelte del cuore, come la Rondine pucciniana che volò via verso il proprio destino oscuro.
“Il nostro amore troverà in quell’ombra, la sua luce più pura e più serena”, canta Ruggero a Magda nel terzo atto (con chiaro riferimento latomistico: Puccini, come Mascagni e Toscanini e Alfano e Schipa e tanti altri, era frammassone): quell’amore sperato tramutòssi invece in materia , ove il metallo l’ebbe vinta sul cuore, a dimostrazione che (per certe donne come per certi uomini) l’Ideale è ben lungi dalla realtà spietata e, spesso, ferocemente grigia.  Però senza ideale non esiste senso alla vita, e come nella romanza di Tosti, “torna caro ideal, torna un istante a sorridermi ancora”, l’essere umano magicamente per virtù d’Amore, dalle proprie ceneri rinasce.

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