Fra Catania e Roma - Come (non) si celebra, e come si celebra, la Santa Messa
Spinti da un imprevisto nonché da indissolubile sete del Vero, domenica 19 febbraio, nell'intento di assistere alla celebrazione della S.Messa, entrammo nella chiesa intitolata al SS.Crocifisso dei Miracoli, in via Umberto a Catania. Il tempio è noto per essere la sede dell'Ordine dei Gesuiti, i quali un tempo erano i più fedeli figli e guardiani della Chiesa cattolica e del Papa. Iddio vorrà avere misericordia se queste notarelle documentano esattamente il contrario, sia sotto l'aspetto della liturgìa che della dottrina. La funzione sacra si svolge: a celebrarla è il noto p.Gianni Notari ivi parroco, persona già 'celebre' non solo per essere stato, sino al 2010 (anno in cui venne rimosso da tale incarico ed inviato a Catania) , direttore del centro di formazione politica "Pedro Arrupe" di Palermo, ma anche per le sue 'battaglie' a pro degli emarginati, dei senza casa, delle prostitute e degli immigrati, iniziate a Napoli sua città nativa da quando cominciò, nel 1978, l'attività sacerdotale. Oggi padre Gianni Notari è un sessantenne dalla voce suadente, il sorriso pronto, il viso bonario, che continua ad avere un 'ruolo politico' nella capitale dell'Isola. Avevamo già assistito alla Messa celebrata da lui circa due anni fa, poco dopo il repentino arrivo: si vede che lo Spirito Santo -chi è cristiano può credervi- ha voluto ancora spingerci ivi, per documentare quanto segue.
Piena la chiesa, soprattutto di gente di mezza e tarda età. L'omelìa, con tono indubbiamente da docente di Antropologia quale è, la inizia citando "La Repubblica" (noto quotidiano della sinistra radical-chic) ed un articolo di Stefano Rodotà (altro esponente di quella sinistra intellettuale, che usa piazzare i figli in posti di potere salvo poi ad ergersi paladina dei diritti degli ultimi...), argomento i "bond della morte": da lì una lunghissima filippica, in stile prettamente gesuitico, che contorcendosi intorno alle parole, giunge alla melensa conclusione, in un quadro piuttosto vago di ecumenismo perbenista adatto del resto al quartiere di cui il sacerdote è parroco. Ciò non è tutto: si sa, padre Notari è un fedele del comportamento liturgico postconciliare: quindi non esita a far salire, dopo i consueti tamburelli e canti, dei bambini attorno a lui vicino all'altare, compresi dei genitori -pubblicamente elogiati- con una infante di tre giorni (da notare che la chiesa era freddissima), per rimanere attorno a lui. Ordina , con fare sicuro, di recitare il 'Padre Nostro' tenendosi rigorosamente per mano tutti (chi scrive e chi lo accompagnava rifiutano, come è ovvio...); infine giunge il frangente sacro della distribuzione della Comunione, e lì spunta la vera anima del sacerdote gesuita progressista: chiama un suo coadiuvatore laico e gli suggerisce di dividere l'Ostia dall'altare, mentre lui... lestamente, si reca verso la porta della chiesa, col calice! E molta della gente che già si era spinta verso l'altare, fa dietrofront per andare a prendere il Pane della Vita dal celebrante... alla porta! Immancabile l'appello economico a favore di alcuni senza tetto ricoverati in parrocchia: del resto ultimamente comune, ed irritante, a molte comunità. Concludendo la funzione, il sacerdote si 'salva' facendo recitare un'Ave Maria, in italiano naturalmente.
Alla fine della Messa, non contento, padre Notari si piazza nuovamente all'ingresso della chiesa, e cerca di salutare tutti, di stringere la mano a tutti. Noi con velocità e dal lato opposto al suo usciamo, altrimenti non avremmo potuto evitare di proferire delle parole che un sacerdote non dovrebbe mai sentirsi dire. Un rito che di cattolico ha molto molto poco, che contrasta con le direttive ultime del Santo Padre Benedetto XVI, un rito che nell'omelia e nella liturgìa lungi dal purificare rende tutto l'imbarazzo ed il malcostume di questi quarant'anni nefasti, precisamente di nefasta interpretazione, del post-Concilio. Ciò senza nulla togliere alla interiore sincerità del sacerdote: quasi certamente padre Notari è convinto in cuor suo di essere nel giusto: ed è questo il dramma, l'assioma terrificante che stride fra una liturgìa quasi bimillenaria, ed un comportamento -e dei suggerimenti 'politici'- che non sono congrui con la preghiera e la teologia, come alcuni dopo la funzione ci hanno manifestato, che dovrebbero essere predicati in una chiesa cattolica. Lo stile infatti fu notato da almeno la metà dell'uditorio, e non certo apprezzatissimo: e però, da una città tollerante, adeguatamente sopportato con rassegnazione. No, così non si celebra la Santa Messa.
Qualche settimana fa, Roma, chiesa della Trinità dei Pellegrini. Sacra funzione pomeridiana: celebra Don Marco Cuneo (ligure, uno dei preti più apprezzati per fedeltà alla tradizione), assistito dai diaconi in cotta e stola, anch'egli rivestito dei paramenti tradizionali. La Santa Messa è svolta nel Rito Romano Antico, secondo il motu proprio "Summorum Pontificum" voluto nel 2007 da Benedetto XVI, per un ritorno alla autentica tradizione, liturgica e dottrinale, del Cristianesimo. La Messa è tutta in lingua latina, e quasi del tutto si partecipa stando in ginocchio, sulle assi consumate dai secoli dell'antico tempio. Vi sono turisti, fedeli 'tradizionalisti', abitanti del quartiere, alcuni esponenti della antica nobiltà romana. Il celebrante è assorto nella completa contemplazione del Dio uno e trino, "versus Deo". La Comunione Santa è alla balaustra, due volte (le particole debbono essere consumate completamente). Infine si legge il prologo del Vangelo di Giovanni: "In principio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum... in ipso vita erat, et vita erat lux hominum; et lux in tenebris lucet, et tenebrae eam non comprehenderunt". La sacra funzione, in quella chiesa che è specialmente concessa dal Santo Padre, si celebra quotidianamente e con costante fedeltà. Passione sentita, misticismo allo stato puro, portano il fedele -aiutato dal senso e dalla competenza del Sacerdote il quale in tal caso è davvero unito al popolo dei cristiani, non con le parole ma con i fatti- a sentirsi "unicum" con la spiritualità del Rito di sempre. La liturgìa, la lingua latina, sono ottime vie verso la Luce. Nessun canto se non quelli gregoriani, nessuna 'invasione' dell'altare, che del resto è rivolto a Dio: solo silenzio, attenzione, contemplazione. Sì, così si celebra la Santa Messa.
Se avessimo voluto diventare protestanti, lo avremmo fatto. Se pensiamo alle funzioni sacre dei Cristiani ortodossi, con il loro fasto fascinoso ed il loro amore per il Dio ignoto, non sfugge la suggestione verso quel rito mai mutato. Ma da liberi pensatori e sempre in cammino verso la Luce, nati nel Battesimo abbiamo scelto di rimanere cristiani e cattolici secondo la Tradizione. Grazie soprattutto all'attuale Pontefice, la riscoperta e la bellezza del rito tradizionale, che attrae molti giovani, sarà la primavera del presente millennio. I cascàmi del protestantismo in cui, volenti o nolenti, ci siamo imbattuti, sono destinati a perire. Il significato del prologo del Vangelo di Giovanni, non perirà.
(F.Gio)
Piena la chiesa, soprattutto di gente di mezza e tarda età. L'omelìa, con tono indubbiamente da docente di Antropologia quale è, la inizia citando "La Repubblica" (noto quotidiano della sinistra radical-chic) ed un articolo di Stefano Rodotà (altro esponente di quella sinistra intellettuale, che usa piazzare i figli in posti di potere salvo poi ad ergersi paladina dei diritti degli ultimi...), argomento i "bond della morte": da lì una lunghissima filippica, in stile prettamente gesuitico, che contorcendosi intorno alle parole, giunge alla melensa conclusione, in un quadro piuttosto vago di ecumenismo perbenista adatto del resto al quartiere di cui il sacerdote è parroco. Ciò non è tutto: si sa, padre Notari è un fedele del comportamento liturgico postconciliare: quindi non esita a far salire, dopo i consueti tamburelli e canti, dei bambini attorno a lui vicino all'altare, compresi dei genitori -pubblicamente elogiati- con una infante di tre giorni (da notare che la chiesa era freddissima), per rimanere attorno a lui. Ordina , con fare sicuro, di recitare il 'Padre Nostro' tenendosi rigorosamente per mano tutti (chi scrive e chi lo accompagnava rifiutano, come è ovvio...); infine giunge il frangente sacro della distribuzione della Comunione, e lì spunta la vera anima del sacerdote gesuita progressista: chiama un suo coadiuvatore laico e gli suggerisce di dividere l'Ostia dall'altare, mentre lui... lestamente, si reca verso la porta della chiesa, col calice! E molta della gente che già si era spinta verso l'altare, fa dietrofront per andare a prendere il Pane della Vita dal celebrante... alla porta! Immancabile l'appello economico a favore di alcuni senza tetto ricoverati in parrocchia: del resto ultimamente comune, ed irritante, a molte comunità. Concludendo la funzione, il sacerdote si 'salva' facendo recitare un'Ave Maria, in italiano naturalmente.
Alla fine della Messa, non contento, padre Notari si piazza nuovamente all'ingresso della chiesa, e cerca di salutare tutti, di stringere la mano a tutti. Noi con velocità e dal lato opposto al suo usciamo, altrimenti non avremmo potuto evitare di proferire delle parole che un sacerdote non dovrebbe mai sentirsi dire. Un rito che di cattolico ha molto molto poco, che contrasta con le direttive ultime del Santo Padre Benedetto XVI, un rito che nell'omelia e nella liturgìa lungi dal purificare rende tutto l'imbarazzo ed il malcostume di questi quarant'anni nefasti, precisamente di nefasta interpretazione, del post-Concilio. Ciò senza nulla togliere alla interiore sincerità del sacerdote: quasi certamente padre Notari è convinto in cuor suo di essere nel giusto: ed è questo il dramma, l'assioma terrificante che stride fra una liturgìa quasi bimillenaria, ed un comportamento -e dei suggerimenti 'politici'- che non sono congrui con la preghiera e la teologia, come alcuni dopo la funzione ci hanno manifestato, che dovrebbero essere predicati in una chiesa cattolica. Lo stile infatti fu notato da almeno la metà dell'uditorio, e non certo apprezzatissimo: e però, da una città tollerante, adeguatamente sopportato con rassegnazione. No, così non si celebra la Santa Messa.
Qualche settimana fa, Roma, chiesa della Trinità dei Pellegrini. Sacra funzione pomeridiana: celebra Don Marco Cuneo (ligure, uno dei preti più apprezzati per fedeltà alla tradizione), assistito dai diaconi in cotta e stola, anch'egli rivestito dei paramenti tradizionali. La Santa Messa è svolta nel Rito Romano Antico, secondo il motu proprio "Summorum Pontificum" voluto nel 2007 da Benedetto XVI, per un ritorno alla autentica tradizione, liturgica e dottrinale, del Cristianesimo. La Messa è tutta in lingua latina, e quasi del tutto si partecipa stando in ginocchio, sulle assi consumate dai secoli dell'antico tempio. Vi sono turisti, fedeli 'tradizionalisti', abitanti del quartiere, alcuni esponenti della antica nobiltà romana. Il celebrante è assorto nella completa contemplazione del Dio uno e trino, "versus Deo". La Comunione Santa è alla balaustra, due volte (le particole debbono essere consumate completamente). Infine si legge il prologo del Vangelo di Giovanni: "In principio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum... in ipso vita erat, et vita erat lux hominum; et lux in tenebris lucet, et tenebrae eam non comprehenderunt". La sacra funzione, in quella chiesa che è specialmente concessa dal Santo Padre, si celebra quotidianamente e con costante fedeltà. Passione sentita, misticismo allo stato puro, portano il fedele -aiutato dal senso e dalla competenza del Sacerdote il quale in tal caso è davvero unito al popolo dei cristiani, non con le parole ma con i fatti- a sentirsi "unicum" con la spiritualità del Rito di sempre. La liturgìa, la lingua latina, sono ottime vie verso la Luce. Nessun canto se non quelli gregoriani, nessuna 'invasione' dell'altare, che del resto è rivolto a Dio: solo silenzio, attenzione, contemplazione. Sì, così si celebra la Santa Messa.
Se avessimo voluto diventare protestanti, lo avremmo fatto. Se pensiamo alle funzioni sacre dei Cristiani ortodossi, con il loro fasto fascinoso ed il loro amore per il Dio ignoto, non sfugge la suggestione verso quel rito mai mutato. Ma da liberi pensatori e sempre in cammino verso la Luce, nati nel Battesimo abbiamo scelto di rimanere cristiani e cattolici secondo la Tradizione. Grazie soprattutto all'attuale Pontefice, la riscoperta e la bellezza del rito tradizionale, che attrae molti giovani, sarà la primavera del presente millennio. I cascàmi del protestantismo in cui, volenti o nolenti, ci siamo imbattuti, sono destinati a perire. Il significato del prologo del Vangelo di Giovanni, non perirà.
(F.Gio)
Nelle immagini: la chiesa del Crocefisso dei Miracoli di Catania e quella della Trinità dei Pellegrini di Roma
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