lunedì 8 marzo 2010

Venditori extracomunitari e locali in corso Sicilia a Catania

Da parte dei Vigili Urbani e della Polizia

Cacciare i venditori extracomunitari dal corso Sicilia ? Si sanzionino i commercianti locali

Invece di procedere a stroncare il traffico di minuterie nel colorito suk cittadino, le forze dell’ordine
verifichino le innumerevoli irregolarità ed illegalità dei venditori catanesi – La trave e la pagliuzza -
 
Nelle scorse settimane, anche in seguito alle note situazioni di ampiezza nazionale, si sono intensificate le repressioni del commercio illegale, da parte dei Vigili Urbani di Catania coadiuvati dalla Polizia, contro gli extracomunitari i quali, da diversi anni, stazionano offrendo le loro mercanzie (orologi di marche famose ‘clonati’, vestiario della medesima provenienza, eccetera) sotto i portici di Corso Sicilia. E se, dopo pochissimo tempo, i giovani di colore, la più gran parte provenienti dall’Africa equatoriale, ritornano a svolgere silenziosamente il loro commercio in loco, è aumentata la frequenza dei controlli, con il conseguente fuggi fuggi da parte degli interessati, ed il sequestro del materiale.
E’ una situazione la quale, constatati i fatti recenti di Rosarno, ha delle possibilità, benché minime in una città massimamente tollerante come Catania, di degenerare. Già delle avvisaglie vi sono state –scontri fisici tra forze dell’ordine e stranieri, come dichiarazioni feroci da parte di alcuni-; quindi è bene non sottovalutare la situazione. Si legge che il Console onorario del Senegal ha chiesto alle autorità comunali uno spazio apposito ove gli extracomunitari possano svolgere il loro commercio di mercanzie: è una soluzione già trovata per città come Firenze, ove i venditori abusivi di colore dallo storico ponte Vecchio e strade limitrofe, son da qualche anno stati ‘dirottati’ in una vicina piazzetta. Se tale opzione può avere, psicologicamente, una giustificazione antropologica nel nord dell’Italia, qui il loro significato potrebbe leggersi quale ulteriore ghettizzazione: risulta infatti che, in molti quartieri del centro storico, pacifica e silente è la convivenza, ove vi sia rispetto e tolleranza da ambo le parti, fra extracomunitari e nativi. Pertanto, il volere ad ogni costo imbrigliare i venditori ambulanti, certamente abusivi, in una piazza –al fine senza dubbio di ottenerne il controllo poliziesco e, non ultimo, di impedirne la fuga- sèmbraci quasi la costruzione di una gabbia, ove dei feroci e pericolosi animali possano essere confinati, onde non nuocciano a qualcuno. Bisogna invece indagare sulla vera identità dei ‘mandanti’ etici di codesta repressione. Non sono costoro assolutamente la più gran parte dei catanesi, i quali ogni dì si intrattengono a comperare, a volte scambiare, merce con i venditori di colore –lo si può verificare con molta facilità- in quel ‘suk’, sia detto ciò senza alcuna accezione negativa, anzi come nota di positivo colore ed integrazione in quella città la quale, durante la plurisecolare dominazione degli Arabi in Sicilia (secoli IX e X), venne chiamata "Medinat el-fil", città dell’elefante (o Balad el-fil, secondo il geografo Idrisi), che da qualche lustro è il corso Sicilia: catanesi che sono ben lieti di intrattenere rapporti commerciali con i venditori ‘neri’.
Dunque da chi lo spunto per la repressione di questi giovani, venuti nella nostra isola con aspirazioni di miglioramento? Dai comunicati dalle associazioni di categoria emessi, come da rapide verifiche, si evince che lo stimolo a colpire gli ambulanti extracomunitari proviene dai commercianti locali, specie quelli gravitanti nell’area incriminata. Sono loro che, attraverso i rappresentanti politici che provvedono a fare eleggere in Consiglio comunale, esigono una maggiore stroncatura di queste vendite, le quali –a loro avviso- infliggono gravi danni al già ferito commercio dei ‘regolari’ negozianti di Catania.
Invitiamo qui le autorità comunali e di polizia, che sappiamo nei loro vertici perfettamente consci della autentica realtà, a procedere sì ai dovuti controlli, ma verso in primis i commercianti locali, iniziando dai cosiddetti ‘bancarellari’ del mercato quotidiano di piazza Carlo Alberto: le irregolarità e le illegalità che ivi si riscontrano ogni giorno, dalla mancata emissione dello scontrino fiscale (per costoro, la macchina obbligatoria è oramai un fantasma…) agli innumerevoli abusi di cui l’Annona si dovrebbe far carico, sono troppo evidenti e lampanti, perché da parte di questo gruppo di rivenditori si possa pretendere legalità verso gli extracomunitari, le cui storie tutti sanno. Inoltre, si verifichino i bilanci giornalieri dei negozianti viciniori, e si potrà agevolmente scoprire, comparando il loro volume d’affari, quale ammanco per le casse del pubblico erario si nasconde. Solo dopo aver dato, da parte degli allogeni, il cosiddetto buon esempio, si potrà procedere a sopprimere la vendita delle mercanzie degli abusivi di colore.
Riguardo i quali, a loro vantaggio, bisogna riconoscere una diffusa educazione e gentilezza, che sovente i venditori catanesi, qualora l’avessero di base, dimenticano di manifestare, obliando che il cliente ha quasi la necessità di essere blandito, corteggiato, persino convinto a quella sorta di mercanteggiamento assolutamente orientale nello spirito, carattere che il venditore ‘nero’ conosce assaj bene e mette in pratica con passione, attraverso scene quasi teatrali che poi spesso si concludono con la transazione sul prezzo, possibilità scomparsa sia nei negozi che nelle bancarelle. Per non dire della autentica situazione economica dei soggetti: laddove è noto che molti commercianti, i quali molti hanno un reddito annuo dichiarato di poche migliaia di Euro, posseggono case ville ed automobili di lusso ed altri cespiti: mentre non ci risulta allo stato dei fatti, che anche qualcuno di codesti beni –facilmente verificabili dalla Guardia di Finanza, per segnalare un esempio- sia nell’uso e nella disponibilità degli extracomunitari, le cui condizioni sociali sono a tutti note.
"Perché osservi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, mentre non consideri la trave che è nel tuo occhio? O come puoi dire a tuo fratello: lascia che io ti levi la pagliuzza dal tuo occhio, mentre c’è la trave nel tuo occhio? Ipocrita, leva prima la trave dall’occhio ed allora vedrai di cavare la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello" (Mt. 7, 3-5). Le parole sacrate del Maestro Gesù sono estremamente chiare in proposito, come quelle del santo Corano, secondo cui "annunzia agli ipocriti che per essi è preparato un castigo doloroso" (Sùra IV, 137). Così stanno le cose: coloro i quali, in ogni caso, agiscono secondo gli impulsi della convenienza interessata e non della ragione, ove anche la religione (se si vuole riferirsi al pensiero kantiano) rimane in tali limiti, hanno già ipso facto la loro ricompensa. Che sarà adeguata alle loro azioni.
Bar.Sea.




(pubblicato su Sicilia Sera n° 326 del 7 marzo 2010)

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