Il nuovo Presidente Mattarella e la Sicilia
Dal 31 gennaio, che per i cattolici è la festa di San Giovanni Bosco, il santo dei ragazzi specie quelli più bisognosi (e per gli esoteristi è l'immortalità, il 13 al contrario...), l'Italia ha un nuovo Presidente della Repubblica. Per la prima volta dalla nascita del nuovo stato nel giugno 1946, è un siciliano: Sergio Mattarella, quasi 74 anni, giudice Costituzionale, già ministro DC negli anni Ottanta. Dopo tre Presidenti napoletani, due sardi e gli altri del nord, diciamo pure che alla Sicilia spettava questo onore, con un candidato degno. E il professore Mattarella certamente lo è. Si conosce la sua famiglia, originaria più che di Palermo, di Castellammare del Golfo: pare sia di umili origini. Il padre fu più volte Ministro nei governi da De Gasperi in poi, il fratello maggiore fu Presidente della Regione Siciliana e venne barbaramente trucidato da mano assassina nel gennaio 1980: trentacinque anni dopo quel fratello che lo tenne fra le braccia cogliendone l'ultimo respiro, assurge alla massima carica dello Stato repubblicano. Laddove i simboli hanno importanza, si fanno notare.
In queste ore, e continuerà nei giorni prossimi, si ciancia tanto, "chiacchiarìa" come si dice nell'isola nostra, del ritorno o trionfo o rigurgito della vecchia Democrazia Cristiana: Mattarella è sempre stato un "moroteo", si risveglia la "balena bianca", eccetera. La realtà è più semplice e complessa insieme, a nostro avviso: da parte del Presidente del Consiglio Renzi, che è pur nella spregiudicatezza del "nominato" più scaltro e abile politicamente di quanto ci si aspettasse, si còlse la sensibilità comune, nella fattispecie meridionale e siciliana, di quello che vorremmo definire il "nostalgismo di ritorno", che non alberga soltanto nelle anime dei pensionati e di coloro che hanno passato gli "anta", ma per sublimazione più che per rassegnazione psichica -perchè nulla si crea e si distrugge ma tutto si plasma alchemicamente- anche fra le ultime generazioni cresciute a computer e facebook, che del democristiano transitato al PD Mattarella nulla sanno, ma ogni giorno dai mezzi di comunicazione e dalle famiglie senton dire, che fino agli anni Ottanta del XX secolo "si stava bene e la società era migliore".
Non era esattamente così, noi lo rammentiamo: ma una gran parte di verità c'è, è innegabile. Ed è stato perfettamente delineato, in un frangente di pericolo immane per la sicurezza dei popoli d'Europa seguito ai sanguinari atti terroristici di Parigi, il profilo tranquillizzante di un Capo dello Stato che, nella sua adamantina serietà e trasparenza nei valori come nel suo essere "ncristiànu bbònu", sempre per usare l'espressione popolare della lingua siciliana, manifesta in maniera esatta il senso di rassicurazione da dare all'intiera Nazione, nonchè un segnale chiaro al meridione ed alla Sicilia.
Già, la Sicilia. L'assessore all'Economia ci spiegò giorni fa che in sede di esercizio provvisorio, il bilancio regionale, gravato da un mutuo strictu sensu necessario alla sopravvivenza dell'ente Regione, è tecnicamente in fallimento. Ma il Presidente Crocetta, espressione della minoranza che nel 2012 andò a votare (per la prima volta nella storia delle elezioni siciliane), gòngola per l'elezione del primo Presidente siciliano. Fra l'altro Mattarella in qualità di giudice della Consulta, insieme al Presidente della Corte Gaetano Silvestri (altro siciliano, già rettore dell'Alma Mater di Messina), pochi mesi fa siglò lo "svuotamento" di fatto delle funzioni del Commissario dello Stato, che come già spiegammo in altro nostro intervento, dal 1944 gravava come un macigno sul governo autonomista della Sicilia. Sempre segnali che chi sa, può cogliere.
Alcuni paventano da ciò una possibile diminuzione del ruolo delle regioni a Statuto speciale, nei prossimi mesi: è possibile. Come non crediamo parimenti ipotizzabile che lo Statuto siciliano, nato per regio decreto da parte di Re Umberto II il 15 maggio 1946 in seguito alla guerra civile che in Sicilia contrappose l'allora Regio governo del CLN al Movimento Indipendentista (e il neo Presidente Mattarella lo sa bene, per tradizione paterna), possa essere "depotenziato" nelle sue parti salienti: casomai potrebbero essere ridiscussi certi passaggi sulla gestione finanziaria, con la supervisione del nuovo garante della Costituzione e dell'Unità nazionale, il quale conosce, per farne parte, benissimo la forma mentis del siciliano che si sente "altra razza" da chiunque, ma in senso federalistico gradisce (reciproca convenienza?) di continuare a fare parte della compagine nazionale. Nè dimentichiamo il ruolo strategico che la Sicilia ha svolto dall'estate 1943, svolge e svolgerà in futuro, per la NATO e nella fattispecie, i nostri alleati statunitensi (sognammo, o alcuni sognarono, di essere il "Movimento per la 49° stella"...), per la sicurezza del mondo libero.
Per tutto ciò, vediamo positivamente l'elezione del professor Mattarella, a cui formuliamo i migliori auguri per il settennato, auspicando non solo l'attenzione massima, come ha già dichiarato, verso gli ultimi, i poveri, i più disagiati economicamente (più di un milione in Italia!), ma anche di ridurre le sfarzose spese quirinalizie (224 milioni di euro nel 2015, a fronte dei 48 milioni del palazzo reale britannico di Sua Maestà Elisabetta II...) a pro dei bisognosi e dei disastrati. Tanto per essere concreti, il reddito minimo di inserimento per le fasce più deboli (disoccupati, famiglie povere e anziani con reddito insufficiente) che chiede la Comunità Europea e l'Italia ancora non si decide ad applicare (alla Camera vi sono proposte in tal senso nelle relative Commissioni), potrebbe essere finanziato da tali decurtazioni. Sono sempre segnali, che un Presidente dalla storia personale e familiare integerrima, può dare.
Salutiamo infine il nuovo e dodicesimo inquilino del Colle romano, con un celebre salmo davidico, il 132 (133 nella nuova versione), che farà piacere rileggere nella lingua millenaria, il latino:
Ecce quam bonum et quam iucùndum, habitàre fratres in unum:
Sicut òleum òptimum in càpite, quod défluit in barbam, barbam Aaron,
quod défluit in oram vestiménti eius;
sicut ros Hermon, qui descéndit super montem Sion:
nam illic largìtur Dominus benedictiònem, vitam usque in saèculum.
Ecce, quam bonum et quam iucùndum, habitàre fratres in unum!
FGio
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