Elogio della tradizione in "Cavalleria rusticana" e "Civitoti in Pretura", al Don Bosco di Catania
Per la XXI stagione teatrale al "Don Bosco" di Catania, il gruppo d’Arte "Sicilia Teatro" diretto con la consueta attenzione da Tino Pasqualino, ha dato alle scene nei giorni scorsi due celeberrimi atti unici, che costituiscono indubbiamente l’ossatura del teatro di ambientazione siciliana: "Cavalleria rusticana", dalla novella di Giovanni Verga, e "Civitoti in Pretura", del Martoglio. L’allestimento scenico del dramma verghiano, regista la giovane Elisa Franco (anche attrice nella parte di Santuzza) è stato particolarmente curato, con le dipinture in bianconero a simboleggiare quel mondo perduto della autentica sicilianità contadina che lo scrittore catanese vòlle rappresentare in prosa, e Mascagni mettere in opera (con le conseguenti liti legali che insorsero contro lo stesso Verga). E se dal 1884, anno della prima rappresentazione scenica nell’allora lontanissima Torino, "Cavalleria rusticana" è presente sui palcoscenici di tutto il mondo, soprattutto mercè l’indimenticata ed unica interpretazione di quel genio della tragicità che fu Giovanni Grasso, gradì assai l’odierno pubblico catinense la riproposizione affatto tradizionale, fedele al testo ed anche con indulgenze cinematografiche (se F.Gambino-compar Alfio ispiràvasi a Grasso, la Gna Lola- St.Micale richiamava alla memoria la nota versione in pellicola anteguerra del dramma, con la diva Doris Duranti…), dell’atto di forte valenza simbolica, laddove il fuori scena del classico omicidio del fedigrafo Turiddu Macca è preceduto da intensi recitativi, alternati a brani mascagniani classici (il coro del vino, il rientro di Alfio). Una dramma, quello di "Cavalleria rusticana", che deve interessare a nostro avviso sempre più il teatro italiano e quello siciliano in particolare, non solo poiché amato dal pubblico, ma anche per la soverchia presenza nei cartelloni di esotismi ed esterofilìe di autori ignoti che rischiano, pur nella loro importanza e senza dimenticare la sperimentazione, di far disperdere la tradizione antica e rinnovata, della narrativa isolana.
Sulla medesima linea di ripresa dell’antico uso si mosse "Civitoti in Pretura", che vide in Cicca Stonchiti (Rita Biondi) e Messer Rapa (G.Di Benedetto), i personaggi centrali del chiassoso e divertentissimo testo martogliano, come è noto completamente intessuto di vocaboli vernacolari del quartiere catanese della Civita, un tempo sede di pescatori e basso popolo. Bisognò che la ironica dose di equivoci lessicali, aventi terminologie ora desuete ma ancor comprensibili alla gran parte del pubblico, si declamasse in tutta la sua interezza, e una buona dose di temperamento ‘colorito’ si estrinsecasse in sala, perché l’atto scendesse verso la farsa: del resto, aspetti che il pubblico del teatro in lingua siciliana, almeno la più gran parte di esso, apprezza e gradisce.
Così la continuità del gruppo d’arte "Sicilia Teatro" segue la tradizione, ma anche sceglie di vagare con autori d’oltralpe e di caratura mondiale. I prossimi appuntamenti vedranno in scena il fuori abbonamento "Tra varietà ed operetta" con T.Sapienza e Turi Killer il 14 e 15 gennaio, nonché "Il borghese gentiluomo" di Moliere, il 17, 18 e 19 febbraio.
Francesco Giordano
(foto di F.Gio.)
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