martedì 7 dicembre 2010

Mentre la Sicilia muore... la Regione langue


Il tempo è quasi scaduto per le riforme


Sicilia moribonda, e la Regione langue


Le intenzioni laudevoli del Presidente Lombardo si scontrano violentemente con il quadro disastroso della situazione descritto da Lo Bello leader di Confindustria Sicilia – Ora o mai più -


Da queste colonne, sin dalla fine del 2009 che vide la svolta del governo regionale presieduto da Raffaele Lombardo in senso riformista, prima emarginando vasti settori di quella maggioranza, il PDL, che l’aveva sostenuto alle elezioni del 2008, poi esautorandolo di fatto col governo ‘tecnico’ il quale, da settembre, ha il sostegno esplicito del centrosinistra (ossia PD ed alleati), abbiamo osservato, commentando con simpatia il percorso politico –ed anche personale- del Presidente. Anche perché egli è stato, e lo abbiamo constatato, il primo e l’unico a parlare, a rivendicare verbalmente sia il concetto storico politico dell’autonomìa dell’isola dallo stato centrale unitario (la cui indissolubilità nessuno, neppure Lombardo, ha mai messo in discussione: a differenza dei leghisti al nord…), sia la mentalità in certo senso unica dei siciliani i quali, dall’indotto al coltissimo, posseggono nel DNA il senso della propria identità nazionale sicula. Bisogna dargli atto, e la storia lo ricorderà, di codesto grande merito, di questa apertura mentale senza dubbio coraggiosa, che nessuno dei predecessori, nei 64 anni di Statuto speciale, ha mai avuto (egli stesso eccettua Silvio Milazzo, e l’esperimento breve e fallimentare del 1958 dell’USPS).
Questo è un dato di fatto. Purtroppo, è stato, lo scriviamo con tristezza dato che il tempo rappresentato dai grani della clessidra è giunto al fine, vano eloquio ancorché nobilissimo, non tradottosi in realtà tangibili. E che ciò sia, lo afferma senza mezzi termini la compagine imprenditoriale la quale, con sfumature varie, si era espressa in modo favorevole alla svolta riformista ed autonomistica di Raffaele Lombardo, ovvero Confindustria Sicilia. L’intervista infatti che il suo Presidente, Ivan Lo Bello, ha rilasciato al quotidiano del Direttore Mario Ciancio lo scorso 12 ottobre, è eloquente nel fotografare con drammatica evidenza, il disastro della economìa, e della classe politica al governo, siciliana, asseverando che si è affatto fuori da ogni logica di investimenti, assenti, nell’isola e che così continuando (per tutto il Sud Italia, aggiungiamo noi), è stabilito verso l’abisso il destino della Sicilia.
Tali i passaggi cruciali: "La situazione economica della nostra regione è drammatica. Certo non per responsabilità di questi ultimi due anni, ma per situazioni che vanno accumulandosi da tanto tempo, troppo tempo. Oggi, purtroppo, siamo arrivati ad un punto di non ritorno e non è più possibile perdere tempo e nemmeno prendere tempo. Bisogna fare scelte precise, con coraggio, con lucidità e con chiarezza. Ma ora…C'è il crollo delle entrate fiscali, che rappresentano sino ad oggi il 65% dei bilancio della Regione, cui dovremo sommare l'anno prossimo anche la decurtazione dei trasferimenti di risorse per effetto della Finanziaria di Tremonti. Si tratta di un combinato che può avere per la Sicilia effetti letali, è sotto gli occhi di tutti, così come è chiaro che per fronteggiare l'emergenza non basta il blocco della spesa. Oggi per evitare di finire nel precipizio, bisogna agire con maggiore determinazione per puntare a risanare il bilancio, cominciando ad eliminare le tante spese legate ancora ad un sistema parassitario, a snellire quella rete clientelare che continua a costare ai siciliani un occhio della testa…un Pil negativo, da cui con questa situazione politica, e con le incertezze che si stanno evidenziando, difficilmente si riuscirà a riprendersi senza un'azione forte, perché saremo a lungo ancora con questa crisi alle prese con consumi in calo e, soprattutto, investimenti inesistenti…Sapete che che cosa sta accadendo in Europa? Che ci sono rappresentanti di grandi imprese che vanno in giro, cercano nei vari paesi le migliori condizioni per capire se conviene investire lì o altrove. E i paesi e le Regioni fanno ponti d'oro per cercare di attrarre gli investitori. Dalla Sicilia stanno scappando, è la triste e dura verità….si decida una volta per tutte. Si dica sì a questo, no a quello, definitivamente. Perché per gli investitori la situazione più stressante, che li fa scappare alla fine via, è quella dell'incertezza. E parliamo di investimenti pubblici e privati".
E’ un q uadro impietoso, desolante, drammatico: di chi vede la ‘crozza’ appunto sopra il ferro del cannone: è questa la Sicilia del nostro futuro, dei nostri figli, dopo tante illusioni perdute? Pare proprio di sì. Gli investitori stranieri non solo scappano, come dice Lo Bello, per le assurdità della burocrazia regionale e per il dichiarato fallimento di essa –come si è letto dalle affermazioni dell’Assessore Armao, che ha negoziato il prestito per le spese correnti, e certamente ciò non prevede idee di sviluppo, poiché chi deve limitarsi a reperire il ‘pane quotidiano’ non ha la possibilità di progettare una crescita sociale collettiva- ma cercano, e trovano, mercati favorevoli. E’ delle settimane scorse l’affitto (quasi una vendita) ultratrentennale del porto industriale del Pireo in Atene al governo cinese, che ivi importerà (i traffici merci dalla Cina sono per l’ottanta per cento via mare) le mercanzie ivi, quindi attraverso le efficienti reti ferroviarie balcaniche, distribuirle in Europa. E qui ancor si discetta, ma la casa automobilistica smentisce, di eventuale acquisto dello stabilimento quasi ex Fiat di Termini, da parte di Toyota Mentre le piccole realtà imprenditoriali (esempio il tessile, fallimento dell’impresa camiciaria Castello ubicata a Brolo, acquisita con diversa strategìa da Spatafora, anch’essa in crisi) languono e se non fossero agganciate a piccoli e grandi potentati politici, sarebbero strangolate, il governo regionale deve negare i fondi a 140 comuni che rischiano il dissesto finanziario; mentre è quasi inverno, e si spera nell’ajuto della Madonna Odigitria protettrice della Sicilia, perché a Giampilieri (ed in altre simili realtà), poiché nulla o quasi è stato messo in sicurezza, non crolli ex novo la montagna di fango, seppellendo vite innocenti la cui sola ‘colpa’ è quella di essere atavicamente legate alla terra nativa. Sia chiaro, le responsabilità sono decennali e di tutti: anche e soprattutto di quel centrodestra , o PDL, che oggi guerreggia con Lombardo per puri scopi di potere, infischiandosene del bene comune, o fondando partitelli specchio per le allodole (vedi Forza Sud di Micciché, il cui comportamento è meglio non definire…); mentre da parte dei maggiorenti del PD, v’ha l’aire di un clima da caduta degli dèi laddove sino all’ultimo giorno, si rimane per motivi oscuri, ma a molti noti, bellamente incollati alla poltrona. Ed il clientelismo da parte dei sindacati, delle corporazioni, dei raccomandati dai politici, impera sovrano, con l’illegalità evidentissima, il commercio dilagante degli stupefacenti, il mercato nero, che è ben più grave di quel "ribellatevi al male" che un Pontefice come Benedetto XVI, evidentemente disinformato dai medesimi Vescovi di Sicilia, ha avuto la tristezza di predicare settimane fa, nella sua visita in Palermo. Egli non sa che è ben difficile vivere onestamente in Sicilia, e che il suo invito alla ribellione, sovente vuol dire morire (sia moralmente che, a volte, pure fisicamente). Avrebbe fatto meglio, lo scriviamo col massimo rispetto per la sacra pantofola dell’Altare di Pietro, a predicare un brano delle virtù francescane o, meglio ancora, dei Benedettini che tanto egli ama.
Non è necessario citare la sociologìa di Alberoni su innamoramento e amore, per constatare che ove la fiamma del sentimento, ed è così per l’autonomismo sicilianista di Raffaele Lombardo, non sia ravvivata da atti concreti, spengesi inevitabilmente nella trista polvere del tempo. Il chiasso dei peones e di coloro che fan parte della corte, non servono in questi casi che a sanzionare il fallimento. Lo si ribadisce: Raffaele Lombardo è uomo di coraggio, ma il tempo è pressoché finito: o si sceglie ora, con gesti impositivi che non possono più essere quelli finora registrati (sanità e gestione rifiuti han generato apprezzamenti ma anche vasti malumori), bensì di rilevanza concreta (esempio: abolizione d’autorità di tutti i passaggi burocratici per gli investimenti delle imprese di qualsivoglia importanza in Sicilia, detassazione assoluta degli utili per i primi tre anni dall’investimento, come accadde nella Romania post comunista; e per i cittadini comuni, riappropriazione delle accise petrolifere delle grandi compagnie sulla Benzina, e redistribuzione di quei 30 miliardi di euro l’anno, di cui lo stesso Lombardo in una non lontana intervista a La7 disse di non voler pretendere la restituzione dallo Stato, e la pretenda ora, ai cittadini medesimi, attraverso bonus benzina agevolati a tutti i residenti in Sicilia) e rivoluzionari. Altrimenti, sarà come una bella e non dimenticata melodia napoletana (a volte la canzone classica ajuta a capire più di mille discorsi) cantata da Sergio Bruni e presentata al Festival di Piedigrotta del 1964, "Sì turnata": "sì tu, sì tu, ccò è stisse capìlle, ccò è stisse buscìe, ssì ttu, si tu: \ sì turnata, nun mmè vasà, dàmmece ‘a mano, facimme finta, còmme si fosse mò, ca ‘nce ‘ncuntrasse". E se Heidegger ammoniva qualche decennio fa che "ormai solo un dio ci può salvare", a noi non resta che laicamente fidare in quella Natura onnigena la quale, in tante epoche, ha purificato l’aria dalle mefitiche essenze, ridonando dopo molte e reiterate sofferenze, l’azzurra Luce.


Francesco Giordano

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