Fondò la comunità di SS.Pietro e Paolo
Addio a padre Giovanni Piro, un uomo buono
Animatore per quarant’anni della parrocchia nel quartiere Sanzio-Giuffrida, fu persona mite e disponibile
con tutti – Le porte della chiesa, ieri come oggi, aperte ai poveri ed a ognuno che lo chiedesse -
Con la concelebrazione della Messa da parte dell’Arcivescovo di Catania e di circa una ventina di sacerdoti, affollatissima cerimonia, tanto che ad un certo punto –nelle due ore della durata- divenne quasi impossibile accedere al tempio, si è dato il 14 settembre l’ultimo abbraccio terreno a padre Giovanni Piro, parroco emerito della parrocchia, e fondatore della omonima comunità, dei Santi Pietro e Paolo in Catania, morto a quasi ottanta anni l’undici settembre. Intensa commozione, fra i convenuti, nel salutare l’uomo buono, noto per la sua mitezza, il suo candore, la sua adamantina umiltà, che nel 1969 inaugurava la chiesa, sòrta nel nuovo quartiere Sanzio-Giuffrida che prendeva forma negli anni Sessanta, oggi uno dei centri più movimentati della città, e dedicava anima e corpo alla edificazione di un centro di aggregazione sociale molto conosciuto, anche e soprattutto per la visione moderna del rapporto che il frequentatore di quella chiesa doveva avere, per volontà degli animatori, con la religione: conseguenze del post-Concilio, che tra i meriti ha avuto quello di avviare il Cattolicesimo, chi lo ha recepito, verso le fonti originarie, il rapporto diretto con gli ultimi, i diseredati, i poveri, i bisognosi: ma anche quello di far pensare autonomamente onde giungere da soli, se lo si voleva o se era possibile, all’incontro colla fede; e qualora ciò non avveniva, rimanere comunque legati a quel luogo eretto in modo semplice, spartano, in cemento armato contro ogni tradizionalismo degli edifizi ecclesiastici, con lo sguardo rivolto alla sostanza, senza fronzoli, senza orpelli.
Padre Piro era un uomo che alla sostanza guardava, con profonda fede, e grande ‘humilitade’, per citare il San Francesco del Cantico, alle cui orme egli sempre guardò. Siamo oggi felici di aver ricevuto dalle sue mani, che osservammo già preda del misterioso gòrgo della morte, nella esposizione del corpo che in chiesa si fece dopo la cerimonia, sia l’imposizione del Battesimo che la prima Comunione, avendo frequentato in anni lontani ma decisivi per la traccia che la formazione da lui voluta, unitamente ai coadiutori –di cui l’attuale parroco e suo primo sodale, padre Alfio Carciola, è degnissimo erede- ha lasciato nell’animo nostro. "Mentalità aperta ed irrituale", è stato scritto nel sito della Comunità, quella che padre Piro trasmetteva ai giovani di diverse generazioni: anche a noi, ed è assolutamente vero. Epperò è anche a cagione di codesta irritualità che, se la Chiesa Cattolica ha un futuro, senza obliare la tradizione, dal punto di vista filosofico e sostanziale è destinata a vivere indefinitamente. Padre Piro, come lo ricordiamo, era il fulcro di un amore al messaggio evangelico non astratto ma concreto: per cui il sostegno verso i poveri e le opere (notevole quella in Burkina Faso) edificate, lo denotano costruttore di pace. Ma è la assoluta unicità della sua accoglienza verso tutti, in particolare verso i dubbiosi, i non credenti, i lontanissimi dalla struttura canonica della Chiesa cristiana, che ha per quarant’anni caratterizzato la comunità di San Pietro e Paolo. Qui ognuno di noi, per breve o lungo tempo, ha potuto formarsi una libertà di pensiero, ed è straordinario affermarlo se si bada al contesto della storia della Chiesa dalla parte dei fedeli degli ultimi mille e settecento anni, che ha poi nella crescita individuale di ciascuno, permesso di fare le proprie personali scelte, diversissime magari, e tuttavia convergenti verso quel luogo, divenuto un simbolo, un fulcro di Luce, discreto, silente ma stabile, ove padre Piro, ed ora padre Carciola, era il ‘gran cofto’ di quella lectio evangelica basata sull’amore e sulla libertà. Concezioni ribelli, se si vuole: le quali diedero, sovente con ragione altre volte con duri pregiudizi, dovuti magari a precise posizioni di qualcuno, la scaturigine per etichettare la comunità come sovversiva, appartenente ad una determinata parte politica, in opposizione al potere comunque. Vero è, lo ricordiamo noi perché vivemmo quella stagione, che anche da parte del Vescovado a volte si desiderò zittire quella voce fuori dal coro. Ma poi non si ebbe la forza di calcare la mano: ove si sapeva che la mitezza, il sorriso sovente silenzioso di padre Piro era la garanzia della continuità evangelica e della applicazione, senza se e senza ma, dell’autentico lascito di Gesù, l’amore verso il prossimo, e precipuamente verso gli ultimi, senza speculare, senza pretendere nulla in cambio: anzi donare. Sia sufficiente un ‘quadretto’, che denota la diversità della ‘chiesa di padre Piro’ dalle altre: egli, ed è così anche oggi, non pretese mai –come purtroppo molti altri sacerdoti, alcuni addirittura propagandandolo, o peggio…- che si versasse un obolo prestabilito per le cerimonie religiose che si tenevano nel tempio: così ottenendo, senza discussioni, che la immancabile generosità di coloro che han chiesto un qualunque ufizio in chiesa, si esplicasse nel silenzio e nell’anonimato, attraverso la cassetta delle offerte, all’ingresso. Era questi padre Piro, un prete senza tempo, un prete di Luce. Un uomo di Chiesa che ha insegnato ai moltissimi giovani che ha conosciuto, e molto amato, poi divenuti adulti, a pensare con la propria testa. Ed a capire taluni, scegliere altri, rimanere fedeli altri ancora.
Una figura rara di pastore, se si volge lo sguardo al panorama odierno, ma anche a quello del passato, fra i parroci. Assolutamente benefica per il corpo della Chiesa, come lo furono Don Milani, Papa Giovanni e Papa Luciani, per citare tre personaggi a cui istintivamente lo si può avvicinare. Vedendolo fasciato nell’orrore della morte, per noi si chiuse un’epoca che ha coinciso colla fanciullezza. Esperienza condivisa da molti. L’augurio è che il messaggio di ecumenismo, di solidarietà e di libertà sia nell’alveo del Cristianesimo che fuori da questo, continui oltre il suo cammino, come già si persegue da tempo nella comunità da lui fondata: ed anche in diverse altre forme e luoghi si possa esplicare. "Camminate mentre avete la luce, affinché la tenebra non vi sorprenda, perché chi cammina nella tenebra, non sa dove va. Mentre avete la luce, credete nella luce, onde diveniate figli della luce" (Gv.12, 35-36). Se il percorso dell’Uomo è sperimentare da solo, come il pellegrino eremita, la propria via, il messaggio di tolleranza di umiltà di rispetto ed amore di padre Piro è stato cercare di far comprendere il significato di quella Luce che, simbolicamente, fiammella delicata si accese,attraverso la candela, salutandone le spoglie verso l’estrema dimora. Quella Luce che, sin quando il soffio della vita abbrancherà con fervida passione le carni belle ma al disfacimento avviate, rimane.
Bar.Sea.
(pubblicato su Sicilia Sera n°322 del 1° novembre 2009)