venerdì 26 marzo 2010

Stagione estiva 2010 teatro Erwin Piscator terrazza Ulisse Catania

Fornita dall'amico Carmelo Failla, direttore della struttura, pubblichiamo la locandina degli spettacoli estivi che il Teatro Erwin Piscator si accinge a presentare, quest'estate, nella terrazza Ulisse di Catania. In seguito saranno comunicate le date

lunedì 8 marzo 2010

Indecenza e mancata vigilanza al parco Gioeni di Catania

Una situazione disastrosa

Indecenza ed assenza di vigilanza al parco Gioeni

Situazioni che hanno dell’immorale a fronte di bimbi che ivi giocano, non possono essere contestate per l’assenza di Vigili Urbani – Il sindaco inaugura centri benessere… -
 
Non c’è catanese che oramai non conosca la cronica situazione delle casse del Comune, e l’operatività del Sindaco Stancanelli nel risparmiare sui servizi, che egli ritiene non indispensabili ai fini di pubblica utilità. Peccato che, come si è notato di recente dalle pagine del quotidiano locale, la sua faccia sorridente tagli nastri di "centri di relax e ristoro", installati nella fattispecie nella piscina comunale di Nesima (vedremo fra qualche mese l’utilizzo che se ne farà da parte degli abitanti del rione, i quali ben diversi bisogni hanno…), mentre altri e ben più frequentati luoghi di socialità versano nel vergognoso abbandono, da parte di quelle forze di Polizia Municipale, od altre appositamente adibite, che dovrebbero garantire la pubblica incolumità e decenza. L’elenco dei siti trascurati o meglio, abbandonati, sarebbe lungo: l’ultimo di cui ci viene data notizia, nei giorni scorsi, è la stradina da tempo pedonalizzata di via Biblioteca, attigua all’ingresso della Biblioteca Civica ed innanzi all’istituto Ingrassia di Anatomia, ove il vigilante privato, non essendo possibile al Comune pagarlo per il giornaliero servizio, non è più presente. Con le conseguenze deleterie del caso, per chi conosce la situazione locale. Qui tuttavolta si stigmatizza con forza l’assenza, da mesi almeno, dei Vigili Urbani al parco Gioeni, luogo –in particolare la domenica- di ritrovo di molti catanesi con prole: anche per l’inagibilità in gran parte del giardino Bellini (sulla cui situazione indegna già scrivemmo, e torneremo a sottolinearne l’abbandono prossimamente). Eppure l’attuale amministrazione comunale si è l’anno scorso attivata per ristrutturare il luogo, con risultati lusinghieri: dimenticandosi però, come è ovvio purtroppo a Catania, di sorvegliarlo (eccettuate le telecamere).
Un episodio di cui ébbimo personale contezza, può illuminare al riguardo delle condizioni non solo di indecenza, ma anche della assoluta inanità del cittadino, innanzi a qualsivoglia sopruso, ove questi desideri, come la civiltà suggerisce, rivolgersi alle forze dell’ordine in caso di bisogno. Una domenica di metà dello scorso dicembre, l’assolato piazzale del parco Gioeni è meta di gruppi di adulti e bambini festanti: alcuni di essi fanno, illegalmente e senza guinzaglio, scorazzare ivi dei cani i quali, come la natura a volte suggerisce, decidono di accoppiarsi pubblicamente. E mentre i proprietarii di essi, uomini e donne, sogghignano quasi compiaciuti, v’ha un papà che protesta con questa gentaglia, facendo notare l’indecenza dell’atto e come non sia stato stroncato, a causa della presenza di molti bimbi di pochissimi anni di età, nel cui immaginario ancor fragile lo spettacolo può avere conseguenze inimmaginabili (ma che la psicologìa dell’età evolutiva ben stabilisce). In altri tempi ciò sarebbe stato lodato: mentre è accaduto che colui il quale segnala l’indecorosità, venga fatto oggetto di improperii e minacce da parte dei proprietari dei cani, persino tentati di aggredirlo fisicamente per aver fatto notare la loro, si dica metaforicamente, negligenza. Constatata l’assenza di vigilanza, la vittima telefona ai Carabinieri: la pattuglia di militari tuttavia, impegnata in varii servizi, giunge nel luogo solo tre quarti d’ora dopo il fatto, quando i responsabili (im)morali dell’atto, resisi conto del pericolo, si son dileguati. Niuna colpa deve naturalmente attribuirsi ai fedeli operatori dell’Arma, che hanno comunque espletato il loro servizio in garanzia del cittadino: è il responsabile Comune che invece, lasciando totalmente sguarnito di Vigili Urbani, che almeno la domenica ivi dovrebbero esser presenti, emerge quale colpevole complice della situazione di inaccettabile decadimento. La video sorveglianza ivi installata e strombazzata da cartelli, funzioni o meno, poco o nulla può nel reprimere le varie situazioni di pericolo o di indecenza, come in tal frangente: il che dimostra con lampante evidenza quanto sia funesta la troppa libertà, a popoli che ancor dell’educazione hanno solo la facciata superficiale.
Ma nelle dorate sale di palazzo degli Elefanti e negli Assessorati competenti, si pensa evidentemente a tagliar nastri, ad inaugurare luoghi del benessere… mentre la società crolla, e gli emolumenti per i reggitori assunti con contratto privato dall’amministrazione comunale gònfiasi di cifre esorbitanti, che ben più utile sarebbe stornare per incrementare gli appannaggi, o creare ex novo nuovi posti di lavoro per gli agenti di quella polizia municipale, in Catania ridottasi a vero e proprio ectoplasma. E non certo a causa dei suoi dirigenti, o del personale .
Bar.Sea.




(pubblicato su Sicilia Sera n°326 del 7 marzo 2010)

Venditori extracomunitari e locali in corso Sicilia a Catania

Da parte dei Vigili Urbani e della Polizia

Cacciare i venditori extracomunitari dal corso Sicilia ? Si sanzionino i commercianti locali

Invece di procedere a stroncare il traffico di minuterie nel colorito suk cittadino, le forze dell’ordine
verifichino le innumerevoli irregolarità ed illegalità dei venditori catanesi – La trave e la pagliuzza -
 
Nelle scorse settimane, anche in seguito alle note situazioni di ampiezza nazionale, si sono intensificate le repressioni del commercio illegale, da parte dei Vigili Urbani di Catania coadiuvati dalla Polizia, contro gli extracomunitari i quali, da diversi anni, stazionano offrendo le loro mercanzie (orologi di marche famose ‘clonati’, vestiario della medesima provenienza, eccetera) sotto i portici di Corso Sicilia. E se, dopo pochissimo tempo, i giovani di colore, la più gran parte provenienti dall’Africa equatoriale, ritornano a svolgere silenziosamente il loro commercio in loco, è aumentata la frequenza dei controlli, con il conseguente fuggi fuggi da parte degli interessati, ed il sequestro del materiale.
E’ una situazione la quale, constatati i fatti recenti di Rosarno, ha delle possibilità, benché minime in una città massimamente tollerante come Catania, di degenerare. Già delle avvisaglie vi sono state –scontri fisici tra forze dell’ordine e stranieri, come dichiarazioni feroci da parte di alcuni-; quindi è bene non sottovalutare la situazione. Si legge che il Console onorario del Senegal ha chiesto alle autorità comunali uno spazio apposito ove gli extracomunitari possano svolgere il loro commercio di mercanzie: è una soluzione già trovata per città come Firenze, ove i venditori abusivi di colore dallo storico ponte Vecchio e strade limitrofe, son da qualche anno stati ‘dirottati’ in una vicina piazzetta. Se tale opzione può avere, psicologicamente, una giustificazione antropologica nel nord dell’Italia, qui il loro significato potrebbe leggersi quale ulteriore ghettizzazione: risulta infatti che, in molti quartieri del centro storico, pacifica e silente è la convivenza, ove vi sia rispetto e tolleranza da ambo le parti, fra extracomunitari e nativi. Pertanto, il volere ad ogni costo imbrigliare i venditori ambulanti, certamente abusivi, in una piazza –al fine senza dubbio di ottenerne il controllo poliziesco e, non ultimo, di impedirne la fuga- sèmbraci quasi la costruzione di una gabbia, ove dei feroci e pericolosi animali possano essere confinati, onde non nuocciano a qualcuno. Bisogna invece indagare sulla vera identità dei ‘mandanti’ etici di codesta repressione. Non sono costoro assolutamente la più gran parte dei catanesi, i quali ogni dì si intrattengono a comperare, a volte scambiare, merce con i venditori di colore –lo si può verificare con molta facilità- in quel ‘suk’, sia detto ciò senza alcuna accezione negativa, anzi come nota di positivo colore ed integrazione in quella città la quale, durante la plurisecolare dominazione degli Arabi in Sicilia (secoli IX e X), venne chiamata "Medinat el-fil", città dell’elefante (o Balad el-fil, secondo il geografo Idrisi), che da qualche lustro è il corso Sicilia: catanesi che sono ben lieti di intrattenere rapporti commerciali con i venditori ‘neri’.
Dunque da chi lo spunto per la repressione di questi giovani, venuti nella nostra isola con aspirazioni di miglioramento? Dai comunicati dalle associazioni di categoria emessi, come da rapide verifiche, si evince che lo stimolo a colpire gli ambulanti extracomunitari proviene dai commercianti locali, specie quelli gravitanti nell’area incriminata. Sono loro che, attraverso i rappresentanti politici che provvedono a fare eleggere in Consiglio comunale, esigono una maggiore stroncatura di queste vendite, le quali –a loro avviso- infliggono gravi danni al già ferito commercio dei ‘regolari’ negozianti di Catania.
Invitiamo qui le autorità comunali e di polizia, che sappiamo nei loro vertici perfettamente consci della autentica realtà, a procedere sì ai dovuti controlli, ma verso in primis i commercianti locali, iniziando dai cosiddetti ‘bancarellari’ del mercato quotidiano di piazza Carlo Alberto: le irregolarità e le illegalità che ivi si riscontrano ogni giorno, dalla mancata emissione dello scontrino fiscale (per costoro, la macchina obbligatoria è oramai un fantasma…) agli innumerevoli abusi di cui l’Annona si dovrebbe far carico, sono troppo evidenti e lampanti, perché da parte di questo gruppo di rivenditori si possa pretendere legalità verso gli extracomunitari, le cui storie tutti sanno. Inoltre, si verifichino i bilanci giornalieri dei negozianti viciniori, e si potrà agevolmente scoprire, comparando il loro volume d’affari, quale ammanco per le casse del pubblico erario si nasconde. Solo dopo aver dato, da parte degli allogeni, il cosiddetto buon esempio, si potrà procedere a sopprimere la vendita delle mercanzie degli abusivi di colore.
Riguardo i quali, a loro vantaggio, bisogna riconoscere una diffusa educazione e gentilezza, che sovente i venditori catanesi, qualora l’avessero di base, dimenticano di manifestare, obliando che il cliente ha quasi la necessità di essere blandito, corteggiato, persino convinto a quella sorta di mercanteggiamento assolutamente orientale nello spirito, carattere che il venditore ‘nero’ conosce assaj bene e mette in pratica con passione, attraverso scene quasi teatrali che poi spesso si concludono con la transazione sul prezzo, possibilità scomparsa sia nei negozi che nelle bancarelle. Per non dire della autentica situazione economica dei soggetti: laddove è noto che molti commercianti, i quali molti hanno un reddito annuo dichiarato di poche migliaia di Euro, posseggono case ville ed automobili di lusso ed altri cespiti: mentre non ci risulta allo stato dei fatti, che anche qualcuno di codesti beni –facilmente verificabili dalla Guardia di Finanza, per segnalare un esempio- sia nell’uso e nella disponibilità degli extracomunitari, le cui condizioni sociali sono a tutti note.
"Perché osservi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, mentre non consideri la trave che è nel tuo occhio? O come puoi dire a tuo fratello: lascia che io ti levi la pagliuzza dal tuo occhio, mentre c’è la trave nel tuo occhio? Ipocrita, leva prima la trave dall’occhio ed allora vedrai di cavare la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello" (Mt. 7, 3-5). Le parole sacrate del Maestro Gesù sono estremamente chiare in proposito, come quelle del santo Corano, secondo cui "annunzia agli ipocriti che per essi è preparato un castigo doloroso" (Sùra IV, 137). Così stanno le cose: coloro i quali, in ogni caso, agiscono secondo gli impulsi della convenienza interessata e non della ragione, ove anche la religione (se si vuole riferirsi al pensiero kantiano) rimane in tali limiti, hanno già ipso facto la loro ricompensa. Che sarà adeguata alle loro azioni.
Bar.Sea.




(pubblicato su Sicilia Sera n° 326 del 7 marzo 2010)

martedì 16 febbraio 2010

Rassegna di marionette e burattini e spettacoli teatrali 2010 al Teatro Erwin Piscator di Catania







Per concessione dell'amico Carmelo Failla, Direttore del Teatro Erwin Piscator di Catania, pubblichiamo la locandina della 31° rassegna mediterranea di marionette, pupi e burattini attualmente in corso, nonché il manifesto di alcune produzioni di queste settimane.

mercoledì 10 febbraio 2010

Restaurato il fossato del castello Ursino di Catania


Opera importante per il prestigio della città


Restaurato il fossato del castello Ursino


I fondi POR dell'Unione Europea ben spesi dal governo Lombardo che ha investito con intelligenza nella valorizzazione
del nostro patrimonio artistico - Visibili le fortificazioni cinquecentesche -
 
Finalmente, dopo anni di incuria, quel monumento glorioso della storia di Sicilia che è il castello Ursino, il quale fu sede dei Sovrani dell'Isola e dove si amministrò, nel secolo XIV e XV poiché nelle sue vetuste sale ebbe sede il Parlamento, il governo di Trinacria, vede la non superficiale attenzione della politica: oltre le feste, le mostre pur necessarie e doverose, il maniero necessitava di un intervento che riprenda quel risorgimento laico verso il nuovo suo splendore. L'assessorato alla Cultura della Regione, diretto da Lino Leanza, con lo sprone indispensabile del Presidente Raffaele Lombardo, ha colmato ale grave lacuna, dando incarico alla sezione tecnica della Soprintendenza di Catania, la quale -nei mesi scorsi- ha ultimato i lavori, finanziati dai fondi POR dell'Unione Europea, restaurando ed aprendo al pubblico nella seconda decade di novembre il fossato -parte est e sud- del castello Ursino di Catania, che mette a nudo, dal travasamento lavico del 1669, le antiche fortificazioni del XVI secolo, opera del Viceregno di Spagna per arginare le incursioni dei pirati barbareschi, che circondavano il maniero prima della colata che le sommerse, nonché fa emergere una curata garitta secentesca, detta della Vela (nome della vicina via). Le opere di restauro sono state inaugurate dall'Assessore Leanza, e consegnate successivamente alla città, con la partecipazione di alcune scolaresche.
Siamo stati, come sempre, di persona a verificare: è un bel lavoro. Anche se la stampa locale non diede, a nostro avviso, il meritevole risalto. Forse sarà l'invidia di coloro i quali, disastrando l'antica e splendida Villa Bellini, si dovrebbero vergognare innanzi a chi invece riesce nei fatti e senza chiacchiere a raggiungere evidenti risultati. Il cittadino può giudicare anche da tale operazione come l'intiero quartiere che ruota attorno al castello, benefici delle opere di restauro del fossato, in quanto esso può essere mèta non solo dei ragazzi del rione che hanno un ulteriore luogo di ricreazione, ma anche piacevole 'gita' domenicale per coloro, e son molti con meraviglia di alcuni, che poco o punto conoscono i segreti od hanno visitato il glorioso monumento. Molto altro v'ha da fare: informare meglio e densamente il pellegrino con pubblicazioni ad hoc che non siano solamente testi accademici nè succinti resoconti scopiazzati da veccchie mappe; incrementare il personale del castello e la vigilanza. Festina lente, ma con estremo giudizio. Senza dimenticare mai il passato, il quale ci narra che la prima sistemazione completa del fossato, nonché il completamento e la cura perfetta della piazza Federico di Svevia -i cui aggiustamenti successivi non fanno testo- furon svolti per mera volontà del governo Fascista negli anni 1930-34, raggiungendo i risultati di bellezza ancor ora visibili; in quel contesto venne creato e formato il Museo Civico del castello -poi le note vidende-, e solennemente inaugurato dal Re Vittorio Emanuele III, giunto a Catania il 20 ottobre 1934: sotto una fitta pioggia, la piazza, scrivono i cronisti dell'epoca, era gremita di ombrelli. Recita la lapide dell'evento, che può leggersi nella quadrata corte: "Questo castello, eretto da Federico II di Svevia a difesa della città, offre sicuro asilo alla corte aragonese nelle tempestose lotte di parte; reggia fortezza caserma nei sette secoli di sua vita, conobbe l'ira degli elementi, gli oltraggi degli uomini e del tempo; il Comune di Catania auspice il Ministro dell'Educazione restaurava il vetusto edificio per custodirvi cimeli di storia, celebrandone la rinascita all'augusta presenza di S.M. Vittorio Emanuele III addì 20 ottobre MCMXXXXIV, duce Benito Mussolini, anno XII e.f."
Le opere che si disvelano all'occhio del passeggiero, come si evince anche dalla istantanea qui publicata, sono importanti per la storia cinquecntesca di Catania: le mua infatti vennero erette nel 1541 su ordine del Viceré spagnolo Giovanni De Vega, e vennero 'censite', insieme alle porte d ai bastioni civici, nel 1621 in una relazione dell'ingegnere Lucadello. Sommerse, come cennavasi, dalla distruttiva colata lavica del XVII secolo che trasformò il castello da baluardo sul mare a fortilizio cittadino, riemergono da un oblìo durato secoli, per esser conservate quale testimonianza bellica di sublime valore. Non solo: esse evidenziano la srietà del egio Governo di Sua Maestà il Re delle Spagne, nel provvedere alla guarentigia dei propri domini, anche se le spese per l'erezione delle mura furono affrontate dai siciliani, in ogni cità ove si provvide a tale atto. Quindi in certo qual senso oprava già all'epoca l'autonomìa viceregia, come gli storici coevi e successivi dimostrano. Ben sarebbe anche illminare quei secoli che non furono per nulla di silnzio, almno sotto il rispetto culturale, per la Sicilia: sia bastevole il nome del sommo scienziato Giovan Battista Hodierna, che da Palma di Montechiaro dissertando sulle ottiche al pari di Galilei, era tra le intelligenze di spicco del periodo, pur senza mai muoversi dal suo paese.
La Sicilia, da Catania a Palermo a Siracusa e Trapani, è come si sa oltremodo ricca di tali testimonianze storiche, che è assaj bene riprendere, quel minimo di opera conservativa che rimane senza stravolgerne il senso (come a volte è stato fatto) e le intenzioni degli antichi costruttori, ai fini di elevazione morale del popolo siciliano. Il quale ne ha, oggi forse più di jeri, estremo bisogno.


Barone di Sealand


(pubblicato su Sicilia Sera n°325 del 7 febbrajo 2010; l'istantanea è dell'autore del blog)
 
 
 

Pannelli solari in Sicilia: un bene per il popolo?


A breve partirà in Sicilia la produzione industriale


Pannelli solari, nell’isola la più grande fabbrica: quali benefici per i siciliani ?


Oltre a soddisfare le necessità dell’uso fotovoltaico verso le nazioni mediterranee, il governo
Regionale sia determinato ad imporne la diffusione fra la nostra gente -
 
Con la firma, nei primi giorni di gennaio, ad Agrate del protocollo che prevede la nascita a Catania della più grande fabbrica di pannelli fotovoltaici in Italia, una delle più grandi d’Europa, siglato dall’italiana Enel Green Power, dalla giapponese Sharp e dalla svizzera StMicroelectronics, il quale prevede che la produzione della fabbrica catanese, operativa dall’inizio del 2011, sarà destinata a soddisfare i mercati del solare della cosiddetta regione "Emea", Europa, Medio Oriente ed Africa, si è certamente raggiunto un importante obiettivo per lo sviluppo della economia siciliana. Non a caso il Presidente della Regione On. Lombardo ha dichiarato: "Il governo ha seguito fin dal suo nascere questo importante progetto, assicurando tutto il supporto necessario alla realizzazione dell’iniziativa.La Sicilia, regione baricentrica nel Mediterraneo è il luogo ideale per la realizzazione di questo tipo di impianti energetici, potendo usufruire di condizioni climatiche e ambientali particolarmente favorevoli e di tecnici specializzati nella lavorazione del silicio". Sarà stata anche l’iniziativa personale del fondatore e capo del MPA, movimento federale che propugna una diretta gestione autonoma dell’Isola, in consonanza con quanto avviene in altre regioni d’Europa e del mondo, a ‘spingere’ per la realizzazione del progetto: in ogni caso, la produzione di pannelli solari ‘made in Sicily’ ha un notevole significato politico.
Che tuttavia sia il risultato limitato solo a questo ambito, cioè non possa appieno soddisfare le esigenze inderogabili di una popolazione, quella sicula, di oltre cinque milioni di abitanti, la quale –caso assai raro nel panorama meteorologico mondiale- gode del benefizio del Sole dieci mesi su dodici l’anno, lo si verificherà nei prossimi anni. Come si sa, dalla svolta di Natale del 2009, allorché il nostro Presidente (è in ogni caso improprio storicamente, anche se usuale, appellarlo governatore) regionale ha impresso un indirizzo nuovo alla compagine governativa, abbiamo deciso di dàrgli ampia credibilità come e più che nel passato. Questa fiducia da lui personalmente riscossa da parte di gran parte dei siciliani, deve essere certamente guadagnata ogni dì palmo per palmo –secondo una espressione agreste cara alle nostre tradizioni-, poiché come la storia insegna, i siciliani non donano mai nulla a gratis. Pertanto produrre le cellule silicee destinate alla componentistica solare è perfettamente giusto nel nostro territorio, ove codesta opera non solo soddisfi i mercati mediterranei, ma in primis sia venduta a prezzi concorrenziali (qui sta il potere della Regione che può imporsi ai privati proprietari della fabbrica, ovvero imponendo ampi sgravi fiscali) in Sicilia, assicurando la copertura, almeno nel prossimo decennio, del cinquanta per cento degli impianti elettrici privati, di conseguenza abbattendo i costi del fabbisogno di energia petrolifera e realizzando in tal modo una autentica, concreta indipendenza dalle fonti di approvigionamento oggi in uso. E’ tale, grandissima, la sfida che Raffaele Lombardo ed il suo governo possono e a nostro parere, debbono affrontare e vincere.
Senza dimenticare gli altri ‘concorrenti’. Nelle scorse settimane infatti in quel di Caltanissetta ai confini con la provincia di Agrigento, l’imprenditore siculo Moncada (detto il ‘re’ dell’eolico) ha inaugurato una fabbrica di pannelli solari: l’evento ha veduto la presenza del Presidente della Camera Fini e dei suoi accoliti. Sono entrambe, quelle descritte, iniziative private, naturalmente supportate dalla politica, ma che private rimangono. Qualora non vi sia un riscontro positivo per il popolo siciliano, lo ribadiamo, in termini innanzi tutto di costi (quindi imporre o quanto meno ‘consigliare’ un prezzo abbordabile per gli impianti ed i pannelli); poi pretendere che essi , come già sperimentato (da ricercatori italiani a proposito della cosiddetta ‘bicicletta solare’ in America), siano di misura tale da poter essere esposti o appesi persino nei balconi delle abitazioni in condominio (i quali agglomerati abitativi, nelle città in specie, sono come è noto sovente refrattari ad adottare soluzioni tali), collegandoli alle caldaie di riscaldamento quale primo utilizzo per poi passare al fabbisogno almeno parziale di elettricità nel singolo appartamento, naturalmente tali risultati ottenibili in qualche anno (ma non decenni, riscontrato che le sperimentazioni avanzate già da qualche tempo si sono effettuate): qualora tali fossero i termini del progetto, lo si dovrebbe non solo pubblicizzare ampiamente, ma anche accogliere, e sarebbe senza dubbio alcuno accolto dalla maggioranza dei siciliani, con giubilo ed entusiasmo. Sempre con la massima trasparenza e chiarezza, senza ‘intrallazzi’ di nessun genere e senza ammiccamenti e zone grigie, di cui bisogna, e se ne è intravveduta da parte del governo regionale la volontà, spazzar via l’orizzonte.
Inutile qui prospettare quel che nelle nostre condizioni climatiche o strategico-politiche farebbero l’Islanda o la Scozia, due stati sovrani o semi sovrani che hanno ben altre logiche e diversa struttura caratteriale dei siciliani: stando con i piedi in terra, senza mai obliare la lezione del Gattopardo ("vengono ad insegnarci l’educazione, ma non ci riusciranno, perché noi siamo dèi!…"), il governo regionale e codesti investitori privati, ma fermamente spronati dalla politica con il pugno di ferro ed il guanto di velluto, possono finalmente dar l’inizio a quella stagione di risanamento che la nostra gente da troppo tempo aspetta, mentre continua l’esodo verso altri lidi dei nostri giovani, ed i vecchi assistono silenti al tramonto delle proprie comunità. Il futuro della Sicilia è nel sole, ma sovratutto nelle mani operose di quei siciliani che la nostra terra desiderano far risorgere e prosperare. I politici regionali, ben remunerati attraverso le nostre tasse, dimostrino di esser degni del loro ruolo. Non avremo rimpianto invano le spese che per i loro appannaggi mensili dobbiamo affrontare, qualora, sapientemente guidati, mettano a frutto positivamente i ruoli che hanno avuto in temporaneo affidamento, dalla sovranità popolare.
 
Barone di Sealand


(pubblicato su Sicilia Sera n°325 del 7 febbrajo 2010)

Raffaele Lombardo, una grande occasione per la Sicilia

Nuova compagine di governo siciliana

La grande occasione del Presidente Lombardo

Si può dare in questo contesto una svolta decisa ed irreversibile agli annosi problemi dell’Isola
Da parte del suo responsabile – Oltre è il tòcco di campane della celebre melodìa -
 
 
Si potrebbe dire cesarianamente che ‘alea jacta est’, per definire la nuova compagine governativa siciliana guidata da Raffaele Lombardo, meglio per intravederne il significato. I nodi, specie nella politica che è arte difficile ma necessaria, sono tollerabili fino ad un certo limite: oltre, bisogna scioglierli, tagliarli se necessita. E’ quel che l’uomo coi baffi ha fatto. Non sia ciò una ironia, qui inutile: nel 2003, alla assunzione della Provincia etnea da parte di Lombardo, scrivemmo su queste colonne di ‘politica coi baffi’, auspicando una gestione forte e decisa. Così è in qualche modo accaduto e, dopo un anno e mezzo dalla coalizione di centrodestra che vinse trionfalmente le elezioni all’ARS, si scompaginano i ruoli e risorge dalle ceneri un governo-fenice con l’appoggio esterno di quel partito che nella Nazione tutta è opposizione, ossia il PD. Lo riteniamo un atto di estremo coraggio, da parte del Presidente –poiché è indubbio che l’intiera regìa dell’operazione, come l’espressione dei componenti della nuova giunta, sono diramazioni del suo pensiero-, nonché una manifestazione del forte suo carattere. "I siciliani sono orgogliosi, e non è un difetto; sono anche un po’ vanitosi, ed è un difetto piccino. Il governo di allora avrebbe dovuto conoscere un proverbio isolano e tenerlo a mente: Ama l’amico col vizio suo", scriveva Luigi Capuana nel 1914 ne "L’Isola del Sole", cercando di contemperare il divario creatosi fra nord e sud dell’Italia, e proponendo timide soluzioni. Il dramma è che siamo ancora fermi a quel punto. Peggio: con la tecnologia del XXI secolo, e lo stravolgimento provocato dall’invasione del denaro in ogni coscienza, ove si stanno anche nelle nostre plaghe a causa di ciò sgretolando i fondamentali rapporti umani, un tempo asse portante della convivenza civile e, per noi siciliani, tèrra fertile e madre solidale, siamo quasi necessitati ad affidarci al ‘dominus’ di turno, che ci liberi dai pesi e ci risolva i problemi. Oggi è l’uno, domani sarà l’altro. L’atteggiamento del Presidente del Consiglio Berlusconi in tutta la vicenda insegna.
Con tutto ciò, l’attuale governo nazionale niun provvedimento serio ha intrapreso od intende intraprendere per evitare l’emorragìa sociale della giovane forza lavoro sicula, preparata còlta assolutamente di prestigio, che sceglie con amara consapevolezza di lasciare la propria terra per altri più convenevoli lidi, ove vi siano possibilità di lavoro che non si pieghino al compromesso di stampo mafioso del ricatto, dello sfruttamento, del ‘nero’, degli accordi a sfondo sessuale o psicologico. E non è, a voler esser chiarissimi, che il ministero che ha preceduto l’attuale abbia poi fatto granché: tutt’altro. Pertanto in Sicilia si delinea, almeno nell’ultimo lustro con adamantina tristezza e semplicità, un quadro devastante ove chi può, ed ha le possibilità economiche garantite dalle famiglie d’origine (la famiglia, pure mutata allargata e trasformata ma indenne nel suo originario nucleo, questa immensa ricchezza che nel nostro Sud è il vero deposito, l’autentico granajo che permette ancora la sopravvivenza del tessuto connettivo del popolo), rimane quasi còlle mani legate ad assistere al declino della propria piccola Patria; mentre i più intraprendenti e motivati, per fortuna non con la valigia di cartone degli avi ma con diplomi e lauree e specializzazioni utili, vàrcano i cieli ed i mari, a vantaggio proprio e gettandosi alle spalle un futuro che non esiste. Mentre chi rimane, quasi gòde, filosoficamente, del fòsco declino che già avvolge le generazioni degli ‘over cinquanta’, rassegnati ma non dòmi, innanzi al teatrino di marionette d’avanspettacolo di quarta categoria che ci si è posto innanzi negli ultimi mesi.
Acquista quindi valenza particolarmente significativa il nuovo corso del Presidente Lombardo, che può cogliere nei prossimi mesi, se vuole, la sua grande occasione (un segno della svolta è anche l’apertura, nei giorni delle feste natalizie, del blog personale suo), rivolgendosi meglio e più di prima, direttamente alla popolazione siciliana. Ad essa, e specie ai più bisognosi che nell’Isola raggiungono il trenta per cento dei più che cinque milioni di abitanti, il Presidente deve dare delle urgenti e concrete risposte: dal reddito fisso, magari minimo ma garantito, di disoccupazione di cui ha fatto cenno il Governatore della Banca d’Italia Draghi (la Sicilia ha già l’autonomìa necessaria ad operare in tal senso), alla cooptazione di nuovi investitori stranieri che garantiscano la continuità del polo automobilistico di Termini Imprese, in dismissione dalla Fiat; dalla vertenza dei rifiuti a quella della Sanità, dalla privatizzazione dell’acqua ad una serie di proposte diversificate ad ampio raggio che, in modo assolutamente rivoluzionario –ora che vi è anche il margine del PD- non risolvano drasticamente, ma propongano soluzioni pratiche alle varie qualifiche di giovani e meno giovani, che versano senza una occupazione adeguata al loro ruolo. E’ un compito titanico, in poco tempo. La storia, e Raffaele Lombardo è cultore della materia, tuttavolta dona esempi confortanti. Non vorremmo soffermarci su Agatocle, che nel III secolo a.C. portò financo la guerra in Africa, per liberare la Sicilia dal dominio cartaginese, facendosi infine incoronare re; sia sufficiente la lirica La Carestia, che il gran poeta Giovanni Meli dedicava nel 1793 al Viceré Francesco D’Aquino Principe di Caramanico, meritevole per aver provveduto, munifico signore, a sfamare i siciliani afflitti dalla mancanza di grano (ed a proprie spese, anticipando quelle pubbliche): "Visti delusi e invalidi \ li vrazza in cui confida, \ st’imprisa memorabili \ supra sé sulu affida… Vincisti, eccelsu principi, \ tua generosa cura \ salvata à la Sicilia \ da l’ultima sciagura. \ Mentri sarrà a li populi \ la società gradita, \ la sussistenza pubblica, \ e l’ordini e la vita. \ Vivrà, principi egregiu, \ to nnomu e tua virtuti \ in pettu a li tardissimi \ ed ultimi niputi. \ Di l’immortali tempiu \ sculputu ‘ntra li cimi, \ sarai mudellu, esempiu \ di l’animi sublimi". Le allusioni frequenti, nelle allocuzioni del Presidente Lombardo, alla Scozia ed alla ancor presente unità d’Italia, sono ben palesi a chi sa intendere. Bisogna solo che sia chiaro, come narra quella melodia struggente che è "Vitti nà crozza", chi morirà senza tòcco di campane rimanendo muto teschio, innanzi alla abbacinante luce del crepuscolo mattinale dell’Isola del sole.


Barone di Sealand

(pubblicato su Sicilia Sera n° 325 del 7 febbrajo 2010)