mercoledì 10 febbraio 2010

Raffaele Lombardo, una grande occasione per la Sicilia

Nuova compagine di governo siciliana

La grande occasione del Presidente Lombardo

Si può dare in questo contesto una svolta decisa ed irreversibile agli annosi problemi dell’Isola
Da parte del suo responsabile – Oltre è il tòcco di campane della celebre melodìa -
 
 
Si potrebbe dire cesarianamente che ‘alea jacta est’, per definire la nuova compagine governativa siciliana guidata da Raffaele Lombardo, meglio per intravederne il significato. I nodi, specie nella politica che è arte difficile ma necessaria, sono tollerabili fino ad un certo limite: oltre, bisogna scioglierli, tagliarli se necessita. E’ quel che l’uomo coi baffi ha fatto. Non sia ciò una ironia, qui inutile: nel 2003, alla assunzione della Provincia etnea da parte di Lombardo, scrivemmo su queste colonne di ‘politica coi baffi’, auspicando una gestione forte e decisa. Così è in qualche modo accaduto e, dopo un anno e mezzo dalla coalizione di centrodestra che vinse trionfalmente le elezioni all’ARS, si scompaginano i ruoli e risorge dalle ceneri un governo-fenice con l’appoggio esterno di quel partito che nella Nazione tutta è opposizione, ossia il PD. Lo riteniamo un atto di estremo coraggio, da parte del Presidente –poiché è indubbio che l’intiera regìa dell’operazione, come l’espressione dei componenti della nuova giunta, sono diramazioni del suo pensiero-, nonché una manifestazione del forte suo carattere. "I siciliani sono orgogliosi, e non è un difetto; sono anche un po’ vanitosi, ed è un difetto piccino. Il governo di allora avrebbe dovuto conoscere un proverbio isolano e tenerlo a mente: Ama l’amico col vizio suo", scriveva Luigi Capuana nel 1914 ne "L’Isola del Sole", cercando di contemperare il divario creatosi fra nord e sud dell’Italia, e proponendo timide soluzioni. Il dramma è che siamo ancora fermi a quel punto. Peggio: con la tecnologia del XXI secolo, e lo stravolgimento provocato dall’invasione del denaro in ogni coscienza, ove si stanno anche nelle nostre plaghe a causa di ciò sgretolando i fondamentali rapporti umani, un tempo asse portante della convivenza civile e, per noi siciliani, tèrra fertile e madre solidale, siamo quasi necessitati ad affidarci al ‘dominus’ di turno, che ci liberi dai pesi e ci risolva i problemi. Oggi è l’uno, domani sarà l’altro. L’atteggiamento del Presidente del Consiglio Berlusconi in tutta la vicenda insegna.
Con tutto ciò, l’attuale governo nazionale niun provvedimento serio ha intrapreso od intende intraprendere per evitare l’emorragìa sociale della giovane forza lavoro sicula, preparata còlta assolutamente di prestigio, che sceglie con amara consapevolezza di lasciare la propria terra per altri più convenevoli lidi, ove vi siano possibilità di lavoro che non si pieghino al compromesso di stampo mafioso del ricatto, dello sfruttamento, del ‘nero’, degli accordi a sfondo sessuale o psicologico. E non è, a voler esser chiarissimi, che il ministero che ha preceduto l’attuale abbia poi fatto granché: tutt’altro. Pertanto in Sicilia si delinea, almeno nell’ultimo lustro con adamantina tristezza e semplicità, un quadro devastante ove chi può, ed ha le possibilità economiche garantite dalle famiglie d’origine (la famiglia, pure mutata allargata e trasformata ma indenne nel suo originario nucleo, questa immensa ricchezza che nel nostro Sud è il vero deposito, l’autentico granajo che permette ancora la sopravvivenza del tessuto connettivo del popolo), rimane quasi còlle mani legate ad assistere al declino della propria piccola Patria; mentre i più intraprendenti e motivati, per fortuna non con la valigia di cartone degli avi ma con diplomi e lauree e specializzazioni utili, vàrcano i cieli ed i mari, a vantaggio proprio e gettandosi alle spalle un futuro che non esiste. Mentre chi rimane, quasi gòde, filosoficamente, del fòsco declino che già avvolge le generazioni degli ‘over cinquanta’, rassegnati ma non dòmi, innanzi al teatrino di marionette d’avanspettacolo di quarta categoria che ci si è posto innanzi negli ultimi mesi.
Acquista quindi valenza particolarmente significativa il nuovo corso del Presidente Lombardo, che può cogliere nei prossimi mesi, se vuole, la sua grande occasione (un segno della svolta è anche l’apertura, nei giorni delle feste natalizie, del blog personale suo), rivolgendosi meglio e più di prima, direttamente alla popolazione siciliana. Ad essa, e specie ai più bisognosi che nell’Isola raggiungono il trenta per cento dei più che cinque milioni di abitanti, il Presidente deve dare delle urgenti e concrete risposte: dal reddito fisso, magari minimo ma garantito, di disoccupazione di cui ha fatto cenno il Governatore della Banca d’Italia Draghi (la Sicilia ha già l’autonomìa necessaria ad operare in tal senso), alla cooptazione di nuovi investitori stranieri che garantiscano la continuità del polo automobilistico di Termini Imprese, in dismissione dalla Fiat; dalla vertenza dei rifiuti a quella della Sanità, dalla privatizzazione dell’acqua ad una serie di proposte diversificate ad ampio raggio che, in modo assolutamente rivoluzionario –ora che vi è anche il margine del PD- non risolvano drasticamente, ma propongano soluzioni pratiche alle varie qualifiche di giovani e meno giovani, che versano senza una occupazione adeguata al loro ruolo. E’ un compito titanico, in poco tempo. La storia, e Raffaele Lombardo è cultore della materia, tuttavolta dona esempi confortanti. Non vorremmo soffermarci su Agatocle, che nel III secolo a.C. portò financo la guerra in Africa, per liberare la Sicilia dal dominio cartaginese, facendosi infine incoronare re; sia sufficiente la lirica La Carestia, che il gran poeta Giovanni Meli dedicava nel 1793 al Viceré Francesco D’Aquino Principe di Caramanico, meritevole per aver provveduto, munifico signore, a sfamare i siciliani afflitti dalla mancanza di grano (ed a proprie spese, anticipando quelle pubbliche): "Visti delusi e invalidi \ li vrazza in cui confida, \ st’imprisa memorabili \ supra sé sulu affida… Vincisti, eccelsu principi, \ tua generosa cura \ salvata à la Sicilia \ da l’ultima sciagura. \ Mentri sarrà a li populi \ la società gradita, \ la sussistenza pubblica, \ e l’ordini e la vita. \ Vivrà, principi egregiu, \ to nnomu e tua virtuti \ in pettu a li tardissimi \ ed ultimi niputi. \ Di l’immortali tempiu \ sculputu ‘ntra li cimi, \ sarai mudellu, esempiu \ di l’animi sublimi". Le allusioni frequenti, nelle allocuzioni del Presidente Lombardo, alla Scozia ed alla ancor presente unità d’Italia, sono ben palesi a chi sa intendere. Bisogna solo che sia chiaro, come narra quella melodia struggente che è "Vitti nà crozza", chi morirà senza tòcco di campane rimanendo muto teschio, innanzi alla abbacinante luce del crepuscolo mattinale dell’Isola del sole.


Barone di Sealand

(pubblicato su Sicilia Sera n° 325 del 7 febbrajo 2010)

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