martedì 26 aprile 2011

Riapre a Catania la chiesa di San Giuseppe al Transito













Chiusa dal terremoto del 1990


Riapre la chiesa di San Giuseppe al Transito nel centro storico catanese



Con la celebrazione dei primi Vespri in latino, onoranti il Patriarca sposo della Madonna, il tempio è ora attivo – Necessità della Santa Messa in lingua latina in tale luogo, dopo molte attese -



"Gloria et divitiae in domo ejus: et justitia ejus manet in saéculum saéculi", ‘nella sua casa gloria e ricchezza, la giustizia nei secoli con lui rimarrà’: il Salmista non poteva esprimersi con più perfezione e la Tradizione della Chiesa universale non poteva cesellare al meglio le laudi del Patriarca San Giuseppe, castissimo sposo della Vergine Myriam, secondo la lettura dell’Evangelo. Tale incipit ci pare necessario, plaudendo alla riapertura del tempio catinense di San Giuseppe al Transito, avvenuta nel pomeriggio del 18 marzo u.s., vigilia della festa solenne del padre putativo di Gesù, l’Unto. Con grande concorso di folla, dopo restauri duranti un ventennio (la chiesa, grande e decorosa dalla ampia facciata settecentesca, costruita nel secolo XVIII, sin dal terremoto del dicembre 1990 era chiusa per i restauri), il tempio che s’affaccia nel pieno della Catania settecentesca, in piazza Maravigna (dietro via Garibaldi ed angolante con via Transito, dirimpetto agli uffici comunali), ha un triste destino di sofferenza statica legato ai terremoti. Catania strenuamente colpita come le altre volte dai cataclismi naturali, riportava notevoli danni dal tremuoto che il 20 febbrajo del 1818 scuoteva la città in moto ondulatorio: di tutte le chiese, quella dedicata al transito di San Giuseppe fu colpita in modo irreversibile. La famiglia, di nobilissima schiatta e benemerita della città da secoli, dei Paternò Castello, dedicavasi nel secolo XIX al restauro del tempio. Oggi, sul tetto del riaperto luogo sacro, lo stemma gentilizio dei Paternò attesta della loro mano e della storia ‘giuseppina’ che vede il XXI secolo rinnovato il culto del Santo Patriarca, nella Catania fedele al messaggio del cattolicesimo. I fondi per il restauro furono attinti da quelli stanziati all’epoca per la ricostruzione: mentre la Confraternita di San Giuseppe al Transito e San Giovanni Battista, governata dall’ing.Salmeri, ha in cura l’amministrazione del tempio. Il quale è stato sì ristrutturato nelle parti essenziali, ma abbisogna ancora di cure ed attenzioni; si vorrebbe che tale luogo divenisse centro di iniziative culturali, come apprendemmo in loco, di vario genere. Vedremo se le laudevoli intenzioni si tradurranno in realtà. Alla funzione, intervennero molte persone che gremirono l’ampia navata: tra essi notammo gli ex assessori Orazio D’Antoni, da sempre attento alla realtà del quartiere, e Giovanni Vasta.
Così il rettore della chiesa, Monsignor Carmelo Smedila che governa da più di quarant’anni la parrocchia-santuario mariano di Santa Maria dell’Aiuto, ha voluto degnamente officiare la riconsacrazione del tempio, affiancato dall’Arciprete della Cattedrale catinense Mons.Barbaro Scionti e dal canonico G.Maieli, con una processione solenne, che ha percorso il breve tratto che separa le due chiese (vie Consolato della Seta e Santa Chiara) sino alle funzioni vespertine.
Secondo la tradizione infatti i Primi Vespri in onore di San Giuseppe erano cantati: e la corale Cantemus Domino ha eseguito mirabilmente codeste preghiere, in stile tridentino seguendo la volontà espressa nel motu proprio del Pontefice Benedetto XVI invitante al ripristino delle sacre funzioni nella lingua ufficiale della Chiesa, che è il latino, laddove ve ne sia richiesta dai fedeli; il collegio liturgico "Cardinale Nava" presieduto con la consueta maestrìa ed attenzione da Piersanti Serrano (ottimo maestro delle cerimonie), ha svolto in modo brillante le operazioni. E nondimeno, la Messa si disse, l’indomani, sempre secondo il rito ordinario in lingua italiana. Il lettore ricorderà come da queste colonne, or un anno fa, annunziammo la prossima celebrazione della Santa Messa in lingua latina anche a Catania. Purtroppo i tempi della Chiesa, e qui ci riferiamo non alla fervida volontà dei fedeli e dei devoti ma al corpo ecclesiastico dei gerarchi sacerdotali, non coincidono quasi mai con i desideri del popolo: le richieste ufficiali e scritte al Monsignore di cui sopra, il quale ha dottrina e competenza necessarie per officiare il rito, dopo alcuni fuochi fatui ed inserzioni –ci si consenta il termine- nel ‘novus ordo’ di parti del vecchio rito secondo il validissimo Messale del Beato Giovanni XXIII (quello preso a riferimento da Papa Benedetto nel motu proprio), sino ad oggi non trovarono piena e fissa applicazione. Sarà che al Vescovado son certi della volontà del gruppo di fedeli, ben noto alla capace attenzione dell’Arcivescovo Metropolita Gristina, nell’attendere la celebrazione della Santa Messa secondo il volere del Santo Padre; sarà che il prossimo trasferimento della parrocchia di Santa Maria dell’Aiuto nella chiesa di San Giuseppe al Transito, per causa dei lavori di restauro e consolidamento del santuario, i quali debbono iniziare a breve, indurrà il caro Monsignor Smedila a rendersi pienamente necessaria la celebrazione dell’Ufizio divino, poiché nella ‘casa’ di San Giuseppe è perfettamente installato, ed ora restaurato, l’altare orientato perfettamente verso il Sacramento, quindi agevole per la celebrazione eucaristica tradizionale….sarà. Ma non si può oltre pensare di attendere, o permettere che i fedeli di Acireale molto giustamente ogni domenica abbiano la loro Messa in lingua latina, e Catania la dilettissima patria di Agata protomartire, manchi a codesto dovere, a tale indiscussa volontà dei fedeli e pontificia. Del resto, come possiamo affermare con sicurezza, il desiderio e comune consenso, senza creare frizioni per nessuno (chi vuole intendere, intenda…) è quello di una funzione in lingua latina, al mese: può bastare, almeno come inizio. Ma che si inizi, finalmente, almeno nella sacra memoria dell’oramai riconsacrata voce del castissimo sposo: "Giuseppe, figlio di David, non temere di accogliere in casa Maria come tua sposa: poiché ciò che è nato in lei, viene dallo Spirito Santo" (Matt.1,20). La Santa Messa (per chi vi crede, sia nelle lingue nazionali oppure nella lingua dei Padri), è questa: "de Spiritu Sancto est".
Bar.Sea.
 
Nelle foto: Momenti della funzione nella chiesa del Transito; nel video, un brevissimo frammento della celebrazione


(Pubblicato su Sicilia Sera n°338 del 24 aprile 2011)





Conferenza di Anna Ruggeri e Antonella Fede al Sacro Cuore di Catania: il fanciullo e le leggi



Brillante conferenza al Sacro Cuore


Il fanciullo e la donna tra le leggi


Anna Ruggeri ed Antonella Fede Maci, cassazioniste ed esperte nel diritto di famiglia, hanno affrontato con eleganza e forbito eloquio tali argomenti importanti e di grande attualità -




Nei locali dell’istituto Sacro Cuore di via Milano 47 in Catania, storica scuola delle Suore Domenicane, si svolse nei giorni scorsi, a cura dell’Associazione ex allieve –presieduta dalla attenta prof.ssa Quattrocchi- una brillante e densa conferenza sul tema "Il ruolo delle donne nella protezione del fanciullo, in sede giudiziaria e nell’ambito mediatico". Al colto ed qualificato uditorio, s’intrattennero a spiegare con acume ed intelligenza due relatrici che nel quotidiano disvelano le arcane sorti della italica legislazione, nonché s’impegnano a combattere possenti battaglie per i diritti dei cittadini, e dei soggetti più deboli, sovente donne e bimbi, in particolare: l’avvocato Anna Ruggeri e l’avvocato Antonella Fede Maci. Di Anna Ruggeri, estremamente nota in tutta l’isola ed in Italia per la sua attività professionale che la rende celebre nonché per gli interventi densi di passione ed entusiasmo, per le numerose conferenze, gli scritti, l’attività intellettuale che da lungo tempo la vede in trincea, oltre l’ambito giuridico, nulla si può dire se non a laude dell’impegno notevolissimo e spontaneo che in ogni sua azione profonde, con generosità e dedizione. Chi ha la ventura di conoscerla, può ciò ampiamente constatare. Così incamminata nella medesima via, Antonella Fede Maci (anch’ella cassazionista), continua a costruire il suo spazio professionale e culturale, con notevole successo e grazia. Sia Anna Ruggeri che Antonella Fede sono componenti del direttivo dell’osservatorio nazionale per la Famiglia, ed è anche in tale veste che hanno descritto la situazione a volte triste, a volte tragica della donna e del fanciullo innanzi alla legislazione, ma soprattutto a fronte delle problematiche reali che la concretezza dei fatti, più delle asettiche, norme, deve in qualche modo risolvere.
L’eloquio coinvolgente e affascinante nella sua arguta piacevolissima musicalità, di Anna Ruggeri, ha così fornito all’uditorio letture che riteniamo estremamente importanti: ben la metà delle querele per violenza sessuale spòrte da donne (e tale reato è l’unico che non può essere ritirato dopo la manifestazione scritta di esso) risultano false, inventate, venendo le querelanti perseguite sovente per calunnia; inoltre, la situazione terrificante dello strapotere delle assistenti sociali e quella, di un ventennio fa, del Tribunale dei Minori di Catania (che la Ruggeri, notoriamente esperta nel diritto di famiglia, ha definito con icasticità "un califfato in territorio cristiano"), ora mitigatasi nell’obbligo di render noti gli atti un tempo secretati, ha reso con evidenza plastica talune situazioni spaventevoli di disagio nelle quali i minori, senza colpa alcuna ed affidati all’arbitrio di persone che nulla comprendevano della loro situazione di gravità sociale e psicologica, soffrivano degli affidamenti a volte imposti con la violenza, che un semplice documento respinto persino dalla Corte di Appello, poteva avere. L’Ordine degli Avvocati, ha la Ruggeri precisato, con strenua lotta ha posto negli ultimi tempi rimedio a tale vergognosa situazione, la quale è tuttavia sempre in agguato nelle sue insidie, se non si è accorti nella delicatissima questione degli affidi prodromici alle adozioni. Molto sottile altresì la precisazione della relatrice, la quale ha come si sa, partecipato al movimento di liberazione femminile oramai acquisito come fatto notorio nella coscienza collettiva, nello stigmatizzare taluni comportamenti di donne, che squalificano la dignità di essa a mero populismo giungendo a vanificare quelle che dovrebbero essere senza alcuna discussione, delle realtà incontestabili in una società democratica.
Così l’eloquenza morbida e roteante di Antonella Fede Maci, nel velocemente riportare alla memoria le norme che i mezzi di comunicazione televisiva hanno o dovrebbero applicare, nel proteggere i minori dalle trasmissioni dannose per la loro psiche, non ha mancato di sottolineare che di là dalla legislazione, che pure svolge il suo compito, è il nucleo familiare il primo focolare dell’armonìa o della disgregazione psichica del fanciullo, laddove gli si consente anche in età minore del decennio, di poter disporre del televisore aperto a qualsivoglia programma, senza alcun filtro preventivo, per l’assenza o la noncuranza dei genitori, i quali invece devono avere un ruolo di guida e vigilanza (laddove sono in grado di svolgere tale compito). Il breve ma significativo dibattito seguito agli interventi, tra cui si è notata Marinella Fiume nota scrittrice che ha precisato la difficoltà del ruolo dell’insegnante nel svolgere attività di mediazione fra i genitori sovente iperprotettivi, ed i ragazzi, sempre moderato con simpatia da Anna Ruggeri, ha concluso la serata, di gran pregio poiché argomentazioni di tale rilevanza non è frequente siano affrontate in modo tanto chiaro, semplice e nel medesimo tempo concreto, come Anna Ruggeri ed Antonella Fede hanno fatto, con il loro rigore e la loro femminile signorilità. Udendole, ripensammo ai versi di Ada Negri (I grandi, da Tempeste): "Amo i ribelli, che morsi nel cuore \ da un’angoscia suprema, \ avvinti da un divin laccio d’amore \ a chi piange, a chi trema… disser l’inno delle età venture, \ sublimi nel delirio \ de l’ideale; e, ceppi o corda o scure, \ sorrisero al martirio".
Bar.Sea.


(Pubblicato su Sicilia Sera n°338 del 24 aprile 2011)

Misteri dei nuovi cassonetti dell'immondizia a Catania



I nuovi contenitori nelle strade


Cassonetti difficili da aprire ed incendiati, i veri motivi


Mentre l’amministrazione comunale si vanta dei raccoglitori dei rifiuti, essi sono disagevoli
Per i molti anziani e c’è chi li brucia –Meno arroganza e più umiltà -
 
Abbiamo nelle settimane scorse assistito, dopo tanta batteria pubblicitaria, alla manifestazione nelle vie civiche, dei rinnovati cassonetti per la raccolta dei rifiuti: sono nuovi, apparentemente più ‘belli’, se tale termine si può usare, dei precedenti. La giunta del Sindaco Stancanelli, con assessori da lui nominati e non eletti dal popolo, quindi espressione della volontà esclusiva del primo cittadino ed a lui solo facenti riferimento, ne mena vanto. Speriamo che sia il capo dell’amministrazione municipale che i solerti assessori, in primis quello all’Ambiente, il dottor Torrisi Claudio, come noi cittadini abbiano l’abitudine di depositare personalmente il sacchetto dei rifiuti, all’interno del raccoglitore.
Si renderanno così senza mediazione alcuna conto delle oggettive difficoltà, diciamo pure tecnico-logistiche, della apparentemente semplice operazione. Almeno la metà dei catanesi è come si sa, costituita da persone anziane o di mezza età, non tutte in perfetta salute (escludiamo i più giovani e ‘pigri’): l’apertura del cassonetto è praticabile premendo con forza più che intensa, l’apposito pedale in basso al centro. E’ uno sforzo notevole per chi ha problemi di deambulazione, fisici di vario genere: i responsabili degli uffici referenti, a questo punto ne siamo convinti, neppure alla lontana han preso in considerazione il problema del cittadino anziano (o pigro) il quale non ha la forza, oppure deve applicarsi a rischio di farsi del male, onde premere il pedale per l’apertura del coperchio del cassonetto. Risultato: come si evince dalla immagine fotografica qui riprodotta (via Teatro greco angolo della Palma: la porta che si vede è quella d’emergenza dell’ex monastero sede delle facoltà umanistiche; e per cronaca si aggiunge che negli ultimi giorni, il cassonetto in foto è misteriosamente scomparso…), i cittadini preferiscono depositare i sacchetti al di fuori del contenitore difficile e disagevole da aprire.
Ma i misteri, se così vogliamo (trattandosi della città di Catania, la quale uno spirito non arguto un giorno definì, convinto di insultare invece che formulare un complimento, "la città di Pippo Pernacchia", riferimento al compianto personaggio civico, non si può che ironizzare… non troppo tuttavia) dei nuovi cassonetti qui non s’arrestano. Se si fa attenzione, mentre nei precedenti vi era la scritta "proprietà del comune di Catania", in questi appare la seguente: "proprietà IPI". Cosa significa? Il bello è che nei comunicati dell’Ufficio Stampa di palazzo comunale -citiamo quello del 21 marzo u.s.- i cassonetti vengono definiti "di proprietà comunale". Insomma, di chi sono? Di una società privata, o dei cittadini? Sicuramente questi ultimi, cioè noi, paghiamo.
Il comunicato anzidetto deplora giustamente i continui incendi di questi nuovi cassonetti, che di recente in città si susseguono. Dichiara il Sindaco: "mi addolora ammetterlo ma ancora continua ad esistere una parte di cittadini che non ama la propria città… un danno notevole per le casse comunali"… e l’assessore Torrisi aggiunge: "Tutto questo mi lascia perplesso. Non riesco a capire il motivo di tale folle gesto che frena il lavoro messo in atto dall’Amministrazione per migliorare la pulizia nella nostra città". Cerchiamo di comprendere: con la premessa che se è assolutamente necessario condannare e non giustificare codesti gesti esecrabili e pericolosi, ed anzi sanzionare pesantemente i colpevoli, ove colti in fragrante reato, le cause non stanno sempre da una parte o dall’altra. Fa impressione che l’uomo Stancanelli, il quale non molti mesi fa ad alcuni operai che reclamavano i propri diritti cercando di manifestare all’interno del Municipio, rispondeva "non voglio occupazioni in casa mia!", al che con assoluto realismo un operaio ribattévagli che il Municipio "è casa nostra", ovvero di tutti i catanesi (ed egli catanese non lo è né di nascita né di residenza), affermi che i catanesi non amano la città: certo non la idolatrano coloro che incendiano i cassonetti, ma…. E se fosse ‘colpa’ del pedale impossibile o quasi da usare, della difficoltà di apertura del contenitore? E se i motivi, come questo , fossero più banali e semplici, invece di trovare sempre arzigogoli e agitare fantasmi che non esistono?
Siamo molto male governati, dal giardino Bellini lasciato al disastro ed alla incuria, alle piccole cose (per non cennàre al bilancio comunale). Se come nel caso dei nuovi cassonetti, si usasse il criterio del raziocinio e dell’umiltà di passeggiare (ed affermiamo passeggiare fisicamente non in metafora, senza auto blu…) tra la gente comportandosi come questa, e non l’arroganza e la superbia, i problemi piccoli o grandi troverebbero una soluzione agevole. E si eviterebbero anche gesti che se nulla hanno del civile, trovano sempre una, accettabile o meno, raziocinante motivazione.
Bar.Sea.


Nella foto: Il cassonetto e l'immondizia in via teatro greco angolo della palma



(Pubblicato su Sicilia Sera n° 338 del 24 aprile 2011)

giovedì 14 aprile 2011

Benvenuti in Biblioteca.... alla Civica Ursino Recupero di Catania...



Riceviamo, dalla cara amica Rita Carbonaro Direttrice della Bibllioteca, e volontieri pubblichiamo:


BENVENUTI IN BIBLIOTECA!


In occasione della XIII settimana della Cultura la Biblioteca vi aspetta numerosi, sabato 16 e domenica 17 aprile, per una visita guidata nei suoi locali storici. Inoltre potrete visitare la mostra di arte contemporanea - L'Arte c'è quando "malgrado" si ride...- ospitata nella straordinaria cornice settecentesca della Sala Vaccarini.

BIBLIOTECHE RIUNITE "CIVICA E A. URSINO RECUPERO

Via Biblioteca, 13. Catania

Sabato 16 e domenica 17 Aprile ore 9.00 - 18.00

lunedì 11 aprile 2011

Lo scrittore e saggista romeno Geo Vasile a Catania


A Catania il 13 aprile 2011 alle ore 17.30 presso la Libreria Trinacria Libri, Piazza Giovanni Verga 6/a, nell'ambito degli scambi culturali con la Romania, l'Associazione Akkuaria, organizza un incontro con lo Scrittore - critico letterario e saggista Geo Vasile.

Per l'occasione sarà presentato il libro bilingue di poesie "Ninfe & Kimere".

Relazioneranno:Vera Ambra, Presidente Associazione Akkuaria

Gabriella Rossitto, Poetessa

Francesco Giordano, Giornalista

Seguirà un intervento musicale del chitarrista Gianfranco Vitello.

mercoledì 30 marzo 2011

Invito all'Operetta al Teatro Don Bosco di Catania, regia di Tino Pasqualino



Al teatro Don Bosco di viale Rapisardi

Operetta e risate col Gruppo d’Arte Sicilia Teatro

Brillante spettacolo che nell’ambito della stagione teatrale ha riproposto un genere noto- Funzione sociale a cui gli artisti di Pasqualino sono attenti -


  La XX stagione teatrale del Gruppo d’Arte Sicilia Teatro, che da qualche tempo ha sede al Teatro Don Bosco di Catania (viale M.Rapisardi 54), compagnìa diretta da quel mago creativo che è Tino Pasqualino, ha nel proprio repertorio l’usanza, assai bene accolta dal fedele e numerosissimo pubblico di abbonati e frequentatori, dei fuori abbonamento: nei giorni scorsi, l’ultimo di questi è stato "Invito all’Operetta", una antologia di brani celeberrimi di codesto particolare genere, che ha veduto impegnato per oltre due ore il palcoscenico del suddetto teatro, con numerosi ed alternati quadri. I protagonisti della serata (i cantanti Angela Curiale, Alfio Marletta Valori, Santina Calì, Toti Sapienza; gli attori Turi Killer, Gaetano Di Benedetto, Filippo Russo, Tony Pasqua, i musicisti Giovanni Radino, Antonio Capizzi, Gianluca Timpanaro, presentatrice Lucia Debora Chiaia), hanno speso le loro migliori energie, onde intrattenere il pubblico folto che ha gremito la sala, attraverso un vero excursus storico dai primordi del genere operettistico, ossia la fine del XIX secolo, agli anni venti del XX. Alternando quadri di opere notissime, da "La duchessa del bal Tabarin" a "Cincillà" al "Paese dei campanelli", a scenette comiche, sì è voluto da parte di Pasqualino, che è anche il regista, dare un aspetto leggero alla rappresentazione, che se è sempre "una scommessa", come egli ama precisare, in tal caso, come in altri, è stata ampiamente apprezzata dai presenti. Da sottolineare, oltre le doti vocali buone dei cantanti, la bravura dei comici ed in particolare dell’esilarante, a tratti strabordante, comicità di Turi Killer, qui esibitosi nelle consuete ed intramontabili sue barzellette, che oramai han fatto scuola, come tutto il personaggio ed il genere. E se, come affermava Sir Ralph Richardson, "l’arte di un attore consiste nell’evitare al pubblico di tossire", si è mostrato in codesto appuntamento come non già la tosse, ma la desta attenzione del pubblico sia stata calamitata dal memorare canti noti, che suscitano emozioni e ricordi. Appunto, il ricordo: notammo che il 97 per cento del pubblico, era composto da ultrasessantacinquenni: quella età in cui prevale l’intensa nostalgia per il mondo che fu, inevitabile del resto, e spègnesi –tranne rari casi- ogni desiderio di novità, di trasgressione, di ebbrezza. Ciò non vuol dire che i nostri maggiori, i seniores come dicevano i Latini, non abbiano della vitalità, ed anche molta: nel XXI secolo ciò è dimostrato non solo dalla scienza che per fortuna aiuta e parecchio, ma anche dalla presenza densa nei teatri, e precipuamente l’assiduità e l’affetto verso il Gruppo d’Arte Sicilia Teatro. Ciò dimostra la funzione anche prettamente sociale del lavoro artistico svolto dalla compagnìa di Pasqualino: riempire cioè quel ‘vuoto’, se ci si consente il termine, che lo spengimento lento ma inesorabile dovuto alle vicende della vita, dell’età, non riesce ad arrestarsi che nel crogiolo della memoria; mentre, secondo J.Richter, i "vecchi sono fanciulli che crescono all’indietro", ed alla loro immagine si perdona molto. Così i versi di Buttitta sugli emigranti, letti dal giovane e promettente Tony Pasqua, avviato dal papà sulla via dell’arte con auspicabile successo, han vellicato anni. per i presenti. lontani di umiliazioni ed orgoglio della sicilianità –aspetto a cui la compagnìa con giustezza, molto tiene- , mentre l’indulgere nei brani operettistici dei protagonisti, ha permesso la massima partecipazione, anche corale, del pubblico, in un modo che ha consentito ai presenti, quasi un gioco illusionistico, l’unione tra palcoscenico e platea. In ciò ed anche nella professionalità di antico artigiano, di coloro formatisi nel solco della tradizione attenta ai tempi, sta la bravura di Tino Pasqualino e dei suoi compagni d’arte. Purtroppo l’operetta, già tramontata perché finita l’epoca sua, è destinata alla ‘morte artistica’ definitiva, allorquando, non più interessato il pubblico dei giovani che altro prediligono (del resto, l’azzurro della vitalità, e ribadiamo tranne eccezioni, non appartiene a coloro che amano indulgere nel ricordo, ma a coloro che scelgono la via della novità, della sperimentazione), quello dei seniores sarà trasportato in altri mondi: ed allora solo l’Iperuranio potrà udire, forse, l’eco dei canti tanto cari ai nostri primevi. La XX rassegna al Don Bosco continua a febbraio con Miseria e Nobiltà, l’uno due e tre aprile con Hilton Hotel, ed il 27\28\29 maggio con Commedianti; il divertimento, con il Gruppo d’Arte Sicilia Teatro, nell’ambito della visione suddetta, è senza dubbio garantito.

Francesco GiordanoCorsivo

lunedì 14 marzo 2011

Parcometri a Catania....


Idea non adatta alla città


Parcometro, a Catania sono già stati scassinati…

L’ineffabile amministrazione Stancanelli, nell’intento di adeguare la città ai tempi moderni, ha
fatto installare tali colonnine, subito preda dei ladri – Illusione e realtà -


Il Comune di Catania a dicembre ha installato i parcometri…. L’ineffabile amministrazione guidata da Raffaele Stancanelli, l’alto Sindaco disceso da Regalbuto (il quale paese della provincia di Enna, per chi non ha avuto l’onore di transitarvi, è nella sua strada principale zèppo di busti di ‘uomini illustri’…) ed investito, dai catanesi i quali oramai, quelli veri, si possono contare sulle dita di una sola mano, della carica di responsabile della città un tempo ‘tutrix regum’, ha pensato bene, forse avendo ricevuto da qualcuno dei suoi assessori la segnalazione che anche al nord esistono, di adeguare Catania agli "standard europei", recita il comunicato emesso dall’ufficio Stampa del Comune (il quale si avvia a somigliare sempre più ad una sede distaccata, siberiana, dell’agenzia TASS), installando trecento di codeste colonnette metalliche, fabbricate dalla ditta tedesca Bauer, come è scritto nella targhetta. Ne abbiamo fotografato una, quella di via Salvatore Paola, qui riprodotta. Queste macchinette non soltanto erogano i biglietti della sosta a pagamento, cosiddette strisce blu, a cura della società Sostare (la quale è posseduta intieramente o quasi dal Comune, ed ancora il cittadino aspetta di capire con quali criteri si sono svolte, o si svolgono, le assunzioni del personale: laddove essendo una società pubblica, sarebbe indispensabile la trasparenza nelle regole d’ingaggio, mentre nulla trapela né dal sito, né da domande apposite, ai vertici Sostare…), ma anche i biglietti degli autobus dell’AMT (sulla cui situazione non solo finanziaria, ma inerente alla manutenzione delle vetture, non si può che usare il termine disastrosa…e senza tema di smentita, purtroppo!). Son trecento i parcometri e, come recitava una bella e risorgimentale poesia –che a scuola fino ad almeno 25 anni fa era quasi d’obbligo- di Mercantini, "La spigolatrice di Sapri", "eran giovani e forti, e sono morti".
Dappoiché, come abbiamo subito ipotizzato nei giorni di dicembre allorché notammo i camions che li installavano, con semplicemente quattro bulloni ed una spruzzata di cemento, nei vari punti della città, la comunità civica non è adusa ad accettare tal genere di innovazioni, del resto, e ciò è vero, da anni adottate da altre città di sentire civile: con le conseguenze che subito, precisamente nei giorni di capodanno, si sono appalesate: la distruzione e lo svuotamento dell’apparecchio, il quale funziona e contiene monete da uno e due euro, a fini di furto con scasso, come i cronisti di un tempo, scrivevano nei giornali che avevano un certo decoro (e sapevano scrivere…!). Da notare, ed è ciò ilare, il commento, non si comprende se più ingenuo o dettato da stupida piaggeria, di alcuni, secondo cui la cosiddetta ‘cassaforte’ contenuta nel parcometro, sarebbe a prova di apertura: senza riflettere sul fatto che i ladri, in una città la quale, come hanno scritto dal Sole 24 Ore agli istituti di Statistica, ha il primato nazionale (di cui ci vergogniamo, ma è così) della microcriminalità, sono abili almeno nello svèllere la cassetta metallica, trasportarla in un luogo sicuro, onde aprirla còlla massima comodità. Sin da subito, vedemmo uno scenario fòsco per i parcometri, dallo sfortunato destino: sventrati nel loro ‘cuore’ di monete, e lasciati languire oramai vuoti, mentre i ladri si beavano del loro bottino in monete (il quale fra l’altro dovrà essere cospicuo, considerata la capienza del sito), spendendolo allegramente. In cronaca nazionale si legge che il furto con scasso dei parcometri è abitudine nelle città del nord, e per esempio ad Arezzo è stato còlto sul fatto uno di tali ladri, naturalmente tratto in arresto. E’ un destino segnato pertanto quello delle ineffabili colonnine mangiamonete frutto della sbrigliata fantasìa modernizzante dell’amministrazione Stancanelli, del tutto inadatte alla comune coscienza di una città levantina, orientale, sempre più provincializzata e decaduta come Catania. La quale, in ciò del resto al pari di altre grandi città del passato come Palermo e Napoli e Bari –per limitarsi a quelle del sud- ha svenduto la propria anima prima con lo spopolamento dei nativi autoctoni, poscia con l’immissione di elementi estranei, altresì con la ghettizzazione degli abitanti in quartieri dormitorio (i casi più evidenti e tristi sono Librino, Zia Lisa, San Giorgio, Pigno…) ove regna un clima che è il fomite delle infezioni di criminalità minorile e comune, i cui bubboni hanno radici forse assaj difficili da estirpare se non , per usare terminologia cara ai medici, con la resezione totale. Ma Catania non ha più un Gerone il grande che 2450 anni fa deportò i catanesi rei di averlo combattuto, installandovi in città i mercenari campani; dopo la sua morte però, i cittadini ritornarono, e ne distrussero la tomba…! Sia sufficiente solo una finale constatazione: in tempi non lontani, i Sindaci nativi, e gli assessori eletti anche consiglieri comunali, i quali alla popolazione rispondevano per ogni loro atto e non ad una elìte di potere rinchiusa nei palazzi (la quale, presto o tardi, finirà malamente come al tempo della rivoluzione francese o, per rimanere ai dì d’oggi, come accade nella vicina Tunisìa preda della ‘rivolta del pane’…), mentre il popolo ancora sonnecchiante, grida (con il verso del Vate Mario Rapisardi) "tagliam tagliam le teste a quei signori", mai si sarebbero sognati di installare un apparecchio il quale, ben essendo consci della forma mentis della cittadinanza, avrebbe avuto vita breve: sin dall’amministrazione Bianco nondimeno (quando si creò l’effimero e sciocco siringaio, il quale noi da queste colonne all’epoca criticammo, ed ébbimo ragione… poiché non ve ne è più traccia), codeste illusioni e tali illusionisti da circo di quarta categoria, allignano nella nostra etnèa comunità. Facciano pure, hanno per giunta il loro elettorale supporto. Ma non tutti cadono nella rete del finto domatore di pulci, e s’accorgono della trappola.


Bar.Sea.


(Pubblicato su Sicilia Sera n°337 del 6 marzo 2011)