giovedì 11 novembre 2010

La Destra a Taormina, tra Berlusconi, Storace, e... quel che resta di una certa idea


A Taormina la festa nazionale del movimento storaciano


Quella certa idea di Destra, che circola in Italia…


Coronata dall’intervento di Berlusconi, la manifestazione è stata specchio di intendimenti
e lettura di realtà per il piccolo movimento – Prossima presenza in Parlamento -

Si è svolta nelle settimane scorse, entro la bella e scenografica cornice della cittadina turistica di Taormina, la festa nazionale de "La Destra", il partito politico nato dalla scissione, nel 2007, della allora Alleanza Nazionale, capeggiato da Francesco Storace già Ministro della Sanità e Presidente della Regione Lazio, Teodoro Buiontempo e Nello Musumeci, tutti ex deputati nazionali o europei. Abbiamo partecipato alla tre giorni di manifestazioni, intorno alla metà di settembre, per alcune ragioni: la vicinanza geografica, la bellezza del luogo e la volontà di render contezza, a noi ed al lettore, su quella certa idea di ‘destra’ italiana, che ancor circola, nel confusionario e magmatico panorama politico nazionale. La presenza centrale, sabato pomeriggio del 18 settembre, alle assise del piccolo movimento (il quale nelle elezioni nazionali del 2008, in base alla legge sullo ‘sbarramento’ del 5%, non ha superato tale limite e non ha rappresentanti in Parlamento), del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ha conferito alla manifestazione importanza che altrimenti sarebbe stata confinata a dibattiti interni, interessanti solo i simpatizzanti e gli addetti ai lavori. Vero è che, nel suo discorso al palazzo dei Congressi, in una Taormina assolutamente blindata (i disagi per i turisti, a cui dopo un certo orario è stato impedito di circolare e persino di immettersi per porta Catania, a causa delle auto blu della imponente scorta del Premier), ove le misure di sicurezza, per noi che abbiamo avuto accesso al luogo della riunione, sono state più apparenti che reali (nessuno, tanto per fornire esempio concreto di come sia diversa la propaganda dalla TV alla realtà, sia tra i giornalisti che fra i simpatizzanti de La Destra all’interno del Palacongressi, è stato perquisito, né vi erano mezzi e uomini per farlo, sicché se qualcuno, come è già accaduto, avesse voluto attentare alla vita del Presidente, sarebbe senza dubbio stato immediatamente arrestato, ma avrebbe potuto raggiungere il proprio delittuoso scopo…), Berlusconi ha ricantilenato le trite e stratrite autolodi del proprio governo, oramai usuale ritornello, e nessun accenno ha neppure ventilato al fatto che egli si sia trovato in una terra, la Sicilia, densa di innumerevoli problemi di vario genere (sicché il luogo, Taormina o Cortina d’Ampezzo, nella sua visione poteva essere intercambiabile); vero è altresì che unico accenno al frangente particolare è stato il fatto di aver promesso, indirettamente e con una ellissi di termini, la poltrona di parlamentare (e di essere ivi "per un dovere e per riparare ad un torto", quel "veto" che il tanto vituperato Presidente della Camera Fini impose nel 2008 alla candidatura nel PDL dei vertici de La Destra) a Storace, Buontempo ed a Nello Musumeci (di cui, studiatamente, ha vezzeggiato l’oratoria…), nella cornice di una festa, appellata dagli organizzatori "Italia in Movimento", svoltasi fra la Villa comunale ed appunto il palacongressi, ove abbondarono il verbosismo dialettico, e concentrazioni di evidente sentore pre elettorale. Dappoiché, tale era anche in quel contesto l’impressione oramai diffusa sebbene i politicanti si affrettino a smentirla, nonostante le presenze anche di governo e strategicamente studiate (in quel contesto, ma a margine di esso, mentre dava del "violento" a La Russa, l’ineffabile Sottosegretario con delega al CIPE Gianfranco Micciché, di cui il lettore è pregato di rammentare la frequentazione, giovanile ed adulta, pur per soli fini
personali quindi non certo un reato, con l’uso di droghe, annunciava la nascita del fantasmagorico ‘partito del popolo siciliano’, legato a Berlusconi ma anche, e vedremo che cosa sarà, interessato ad un certo allucinogeno Sud, di cui egli narra dalle pagine del suo blog…) si avvicina la scadenza elettorale per il Parlamento nazionale prima del suo termine naturale –alcuni affermano anche di quello regionale siciliano- , pertanto gli interventi, in appositi dibattiti ai quali, beninteso, intervennero non oltre una cinquantina di persone, tutte facenti parte del ‘giro interno’ della militanza politica de La Destra sicula e nazionale, dibattiti animati da note ed a volte sfinite voci della politica locale, da Enzo Trantino ad Enzo Bianco, da Burtone a Lino Lenza, pure coadiuvati dal presidente siculo di Confindustra Lo Bello ed a quello della Camera di Commercio catanese Agen (la cui presenza ivi ci pàrse più rappresentativa che altro), lasciarono il tempo che trovarono, cicalandosi addosso in un concione che in altri tempi si sarebbe definito, con espressione tratta da un celebre romanzo vittoriano, ‘la fiera delle vanità’.
Per quel che concerne l’aspetto estetico, se così può definirsi, della manifestazione, che vedemmo sia in fieri che in progressione, constò di alcuni, pochi, gazebo di carattere dimostrativo: e se brillò per presenze quello gastronomico di un noto punto di ristoro catanese, i cui arancini consolarono di molto taluni, altri s’evidenziarono per l’assoluta loro inanità e pochezza, eccettuato il narcisismo: la piccolissima esposizione libraria metteva infatti in bella mostra il libro del ras locale, mentre del tanto –a parole, non certo nei fatti- compianto Giorgio Almirante, a cui i capi de La Destra affermano di ricondurre il proprio cammino politico, era presente un volume-intervista alla sua seconda moglie, la tanto nota ‘vedova’ detta donna Assunta, quasi celebrata in cartapecora come icona vivente di un uomo, il quale chi lo conobbe e udì non ebbe, per sua fortuna, mai bisogno di interpreti, men che meno di donne per cotal ruolo. Purtroppo in questo contesto non possiamo esimerci da una certa memoria storica, provenendo –chi scrive- da area missina, come un tempo era uso dirsi, in epoca appunto almirantiana: e dobbiamo affermare pertanto la distanza siderale di cotal piccolo movimento (seppure dato, dai molto discutibili sondaggi, in crescita dall’uno al due e mezzo per cento su scala nazionale) dal quel che fu l’MSI di quel tempo. Con moti di tenerezza infatti incontrammo al palacongressi, presente all’ascolto di Berlusconi, l’anziano Benito Paolone, già fra i capi storici del partito a Catania, da tempo fuori dall’agone della militanza, che tanto più rammenta un’epoca, quanto oggi il suo disconoscimento. Certo non vedemmo l’altra, forse più grande, figura del Movimento Sociale etneo ed isolano, quel Vito Cusimano di Camporotondo, la cui passione rara rimane nel ricordo indelebile, accanto all’Almirante che nelle sicule piazze arringava la folla con irripetbile verve, mentre al chiuso delle riunioni ci appellava ‘camerati’ e senza tentennamenti s’alzava la mano nel saluto romano; Almirante che nella "Autobiografia di un fucilatore", libro culto per una generazione (ovviamente ignoto a La Destra, nel luogo taorminese) scriveva: "non sono mai stato disponibile e non lo sarò mai, qualunque cosa accada e mi accada, per coniugare il verbo rinnegare" (pag.139). Si badi che i quel frangente parlava Almirante delle proprie responsabilità politiche nella RSI, pur predicando, si era negli anni Settanta, la pacificazione nazionale e la concordia di là, egli lo ripeté sempre, delle fruste categorie di destra-sinistra identificate a torto come fascismo-antifascismo. Tutto finito nel dimenticatojo, purtroppo per loro, da parte dei capataz de La Destra (tranne alcuni pur timidi accenni di Teodoro Buontempo, l’unico che serba una certa sincerità ideale nella vita privata ed in quella pubblica, le fondamentali filiere ove si scevera l’uomo, o la donna, di carattere e di spirito, di concezione assoluta…), un movimento politico che ha nella indubbia sincerità dei militanti e delle militanti (molti erano in camicia nera… quasi nostalgici di un passato che, se è logico non potrà più esservi, appare indegno, almeno quello missino, scancellare ex abrupto, magari inveendo contro coloro che almeno più coerentemente e senza ipocrisie, svolsero la medesima operazione) il suo forse unico punto di forza, e nella chiara visione a-fascista dei suoi leader tracciato il proprio cammino. L’inneggiare quasi come fosse un ‘messìa laico’ a Silvio Berlusconi –il quale per il vero, non lo incontravamo da vicino da qualche anno, è sempre più somigliante ai suoi personaggi televisivi- spiega molto più di dottrine elucubrate, la assoluta sete di potere di codesti uomini, la loro avidità di denaro mascherata dietro il desiderio di rappresentare quel che nei fatti, nella loro attività pubblica come in quella privata, smentiscono ogni dì, ossia ciò che colui il quale fu assolutamente vietato sia nominare che in ogni modo ricordare, ovvero Benito Mussolini fondatore del Fascismo e Duce d’Italia (nonché, in virtù della verità storica, beneficatore della Patria come responsabile della sua disfatta nella disastrosa e mai dimenticata seconda guerra mondiale… di cui invero pagò di persona còlla vita, sua e della famiglia, il prezzo) , ribadiva sovente"andare verso il popolo". E’ questo popolo italiano, che era presenza tangibile e palpabile nel MSI di Almirante, vanìto nei fatti ed anche nelle parole de La Destra; è la "concezione religiosa, in cui l’uomo è veduto nel suo immanente rapporto con una legge superiore, con una Volontà obiettiva che trascende l’individuo particolare e lo eleva a membro consapevole di una società spirituale" (voce Fascismo, idee fondamentali, par.5), che mòstrasi del tutto assente in costoro; è l’idea che "tutto sarà nello Stato e niente fuori dello Stato, perché oggi non si concepisce un individuo fuori dello Stato se non sia l’individuo selvaggio che non può rivendicare per sé che la solitudine e la sabbia del deserto" (Mussolini Discorsi, 1928 vol.6 pag.173); a codeste concezioni si è sostituito, ed è una scelta legittima dal loro punto di vista, fors’anche comprensibile nella visione dei "ludi politicanti" del XXI secolo, il ‘verbo’ berlusconiano, il quale ha comunque il merito di affermare "una visione religiosa della Libertà" (parole del Presidente a Taormina), definizione echeggiante certi aspetti latomistici di cui ultimamente si disvelano i contorni attuali, riferiti al capo del governo ed a suoi presunti amici fraterni (del che nulla s’ha pertanto a lui da rimproverare, anzi… mentre in certi ambienti detti ‘di destra’ queste amicizie sono duramente contestate e violentemente avversate…), nonché una interpretazione della vita più simile a quella dei personaggi del Satyricon di Petronio, che alle alte idealità di Julius Evola, altro filosofo dell’idea imperiale della Nazione, evidentemente sconosciuto o dimenticato nell’ambiente de "la Destra". Insomma uno dei tanti partitelli che ha perduto, laddove mai avesse avuto intenzione di averla, prima del suo sorgere la propria identità, il quale finalmente ha trovato un ‘ducetto’ ed una sponda. Nulla di grave, è la politica italiana d’oggidì. E di tutti i tempi, forse: così nel ‘Dizionario antiballistico’ di Pitigrilli, si riporta il pensiero del grande Helvétius: "Gli uomini non sono affatto cattivi, ma sottomessi ai loro interessi: gli strilli dei moralisti non cambieranno mai questa molla dell’universo morale".


Bar.Sea.

(Pubblicato su Sicilia Sera n°333 del 3 novembre 2010)

La Regione Siciliana attui un rapido programma per il lavoro


Una soluzione al passo con i tempi


Piano regionale per risolvere il dramma del lavoro in Sicilia


Il governo Lombardo attui tempestivamente le attività necessarie di sorveglianza e supervisione
al fine di ‘obbligare’ i privati ad assorbire i disoccupati- Etica contro clientelismo -



Qualche settimana fa, andando a trovare una tipica famiglia della ‘middle class’ americana –il padre in sedia a rotelle e disoccupato, la madre tornata per necessità a lavorare, i figli adolescenti-, il Presidente degli USA Barack Obama, nel giardino della casa che lo ospitava, ha scandito innanzi ai microfoni una tremenda verità, che in genere (particolarmente in Italia, men che meno in Sicilia) i politici d’Europa stentano ad ammettere, o negano: "vivere alla Casa Bianca è come stare dentro una bolla di sapone, non si riesce a comprendere i veri problemi della gente". Qualcuno potrà pensare che tali affermazioni son frutto della propaganda per le imminenti elezioni di ‘midtime’, epperò scattano una veritiera istantanea della situazione di lontananza siderale fra il politico (il Presidente americano è la massima espressione del ruolo) e la gente. E’ un grave problema, il quale tuttavolta nel mondo anglosassone è meglio sentito con desiderio di affrontarlo: lo sanno bene in Gran Bretagna, ove da anni l’attuale Premier ha scelto, pur scortato similarmente, di recarsi quotidianamente al lavoro in bicicletta, onde porgere un segnale visibile della propria presenza tra il suo popolo. Da noi, è emblematico –come si è notato in questa estate di veleni e polemiche, infine stigmatizzate dal Presidente della Repubblica nella dichiarazione del 14 settembre a Salerno- come la grande garanzia di democraticità della Costituzione del 1948 e la conseguente eguaglianza sancita dalla carta, siano col passare dei decenni (anche e forse soprattutto in virtù delle ultime riforme della legge elettorale che hanno scisso definitivamente l’elettore dall’eletto, ormai nominato dai partiti) disgregatesi nella formazione di una élite, detta anche da qualche interessato la casta, per cui sin dagli anni Ottanta politici illuminati (da Enrico Berlinguer a Giorgio Almirante, senza dimenticare la lezione ed il sacrificio di Aldo Moro e la dirittura di Amintore Fanfani) han messo in chiaro la cosiddetta "questione morale".
La quale, e nel nostro meridione e in Sicilia precipuamente, si riduce ad un solo grande, immenso dilemma: il problema del lavoro. Assistiamo infatti, dal cambiamento della maggioranza avvenuto a dicembre 2009 da parte del governo regionale, ad una volontà da parte dell’esecutivo guidato da Raffaele Lombardo di avviare una concreta attività riformista: osteggiata, grandemente combattuta anche con armi di infamia e di cattiveria senza pari, da parte degli ex alleati (del PDL). Prescindendo da quel che è il risultato delle trattative e del nuovo governo di queste settimane, possiamo affermare che riuscita nelle linee essenziali appare la riforma del risparmio nella Sanità siciliana, avviata dall’Assessore Russo; mentre per le modifiche nel settore rifiuti, dovremo attendere ancora qualche tempo. IL Presidente Lombardo, in numerose sue interviste nonché in interventi spontanei sul suo blog, ove tra l’altro è a volte accusato di tacciare di "questuanti" coloro che, come ad ogni importante uomo politico, gli si rivolgono per chiedere aiuti (sarebbe utile a questo riguardo che si spiegasse che fa bene il Presidente a tacciare in tal guisa coloro che hanno già un reddito, e pretendono di essere agevolati: a fronte non solo di un principio di eguaglianza che egli intende promuovere, ma anche, e crediamo sia nel suo pensiero, di molti altri che non dispongono di nessun cespite che non sia la buona volontà e l’onestà per mettersi a lavorare al servizio della propria famiglia, e della comunità siciliana), ha spesso negli ultimi tempi stigmatizzato il grave problema del lavoro, precisando che da parte della Regione si devono attuare tutti gli strumenti per fare in modo che il rinnovato flusso di emigranti, specie giovani e qualificati, dalla Sicilia verso il nord e l’estero, sia non solo interrotto ma invertito. Come alla fine dell’Ottocento infatti, nei versi di Mario Rapisardi: "Eppure essi abbandonano il natio paradiso, \ il ciel chiaro, i pescosi lidi, la terra antica \ dell’aurea libertà, \ perché tu, cielo azzurro, non hai per loro un riso, \ perché voi, pingui campi, non crescete una spica, \ per chi il sudor vi dà" (in Emigranti, dalla raccolta "Giustizia").
Dalla svolta del suo governo, da parte nostra abbiamo deciso di dare credito all’uomo Lombardo ed alle sue scelte. Ma è ora il tempo di imprimere una volontà decisionista massiccia, imponente, al fine di scavare non solamente un solco con le inveterate, spesso incancrenite, abitudini del passato, ma anche di lasciare il segno per il futuro, con atti concreti e non chiacchiere. E se per un verso, sempre udendo le affermazioni di Raffaele Lombardo, la Regione non può più fare assunzioni (così i comuni e le altre P.A.), venendo meno a quella funzione di ammortizzatore sociale che per decenni ha assolto, appare indispensabile –nella inderogabile e decisiva riforma della mastodontica burocrazia regionale- che essa si impegni con i privati e con gli enti partecipati, in quello che intendiamo come un grande piano regionale per il Lavoro, il quale sia strutturato almeno per il prossimo decennio, con i partiti della coalizione che sostengono il governo regionale, il quale abbia la forza etica (laddove codesta alberga nel cuore di chi è preposto al timone del governo: l’Etica di Aristotile e del Voltaire, la cui Legge è nel cuore, il cui Dio è nei cieli), da parte dell’ente pubblico regione Sicilia, di ‘imporre’ ai privati la assunzione di personale, nelle varie specialità del settore. Ci spieghiamo meglio, in breve.
Il deputato regionale del PD Nino Di Guardo, la cui trasparenza politica ci pare al di sopra delle parti, ha in una recente intervista rammentato, come poco prima aveva detto il medesimo Presidente Lombardo (mentre non notammo lo stesso fervore né nei deputati regionali del PDL, né nella UDC, sensibilità al problema espressero i deputati detti ‘finiani’ ed alcune frange degli storaciani de La Destra, da non confondere con AS di N.Musumeci), dei 40 mila lavoratori dell’edilizia che i fondi FAS, allorché e se arriveranno, potranno finanziare attraverso l’apertura di molti cantieri, nell’isola. Precisando che l’elenco di cotali lavoratori, trasmesso dalla Regione attraverso i centri per l’impiego delle città provinciali ai Comuni, è in questi ultimi, almeno in alcuni, arenatosi fra le spire della burocrazia ovvero nelle fanghiglie degli amministratori locali che per pura nemicizia verso Raffaele Lombardo, ma danneggiando molti poveri cristi, hanno intenzione di soffocare tale proposito concreto (così ci risulta da informazioni assunte, in particolare a Messina), è bene aggiungere che non tutti i disoccupati in Sicilia, aventi diritto ed in cerca di un impiego, sono carpentieri, muratori od edili, né intendono diventarlo. Occorre quindi una visione d’insieme che esca dalle logiche del corporativismo oramai frusto, e veda complessivamente il problema. Sempre in una intervista di fine agosto, dal Presidente Lombardo abbiamo saputo che i suoi due figli sono in Roma, uno iscritto alla LUISS e l’altro medico: ove accada che tornino a dedicarsi ad attività lavorative nella regione nativa, saranno senza dubbio di esempio ai molti coetanei che desiderano impegnarsi per il riscatto etico della propria Patria sicula. Concretamente: mentre vediamo il Presidente con giustezza, giorni fa, inaugurare una nuova tratta della Ferrovia Circumetnea, che è ente partecipato dalla Regione ma di nomina governativa, rammentiamo che mesi fa nella trasmissione Report fu sollevato il caso delle nomine con determina del Commissario della FCE Tafuri, senza alcuna graduatoria né concorso, di personale in quell’ente: il Presidente Lombardo se ne adontò, ma poi la realtà del silenzio tornava a prevalere. Emblematico il caso dell’Aeroporto di Comiso (ove ci risulta Amministrtatore Delegato Pietro Ivan Maravigna, già per molti anni consigliere comunale di Catania nonché alto dirigente della Polizia, persona nota per le sue battaglie in difesa dei diritti umani): quali criteri, ora che la vertenza per il suo sviluppo è stata sbloccata, la Regione intende adottare per eventualmente verificare con trasparenza, in un ruolo che non può essere che di supervisione, sulle assunzioni del personale in base a principii di trasparenza, di credibilità pubblica e di assoluta correttezza, lasciando alle spalle il clientelismo e l’anticostituzionale scelta degli "amici degli amici", a cui i principii e la volontà del Presidente Lombardo si oppongono, negli ultimi tempi, con invidiabile fermezza? Medesimamente la riforma del Consorzio Autostrade di Sicilia dovrà avere un similare sviluppo; così come dopo la soluzione della vendita della Tirrenia ai privati ("La flotta che fu dei Florio, e che dovrà tornare nella sua sede centrale a Palermo", ha precisato con giusta enfasi storica Lombardo), intende la Regione Siciliana, in virtù della sua quota di proprietà, intervenire per fare adottare agli investitori privati dei criteri di scelta del personale, di là dagli schemi del clientelismo e del politicume? Proprio per queste ragioni, come tutti sanno, i giovani qualificati –e che non hanno ‘sostegni’ ed amicizie nel mondo della politica- scelgono di emigrare fuori dalla propria terra, dove viene gradito il talento più che la cosiddetta ‘segnalazione’.
Il piano regionale strutturato per il Lavoro che intendiamo, dovrebbe articolarsi verso l’agricoltura, ove alle aziende private attraverso i centri regionali per l’impiego verrebbero sottoposti degli elenchi di lavoratori da cui attingere; nel settore dei Beni Culturali e del Turismo, ove innanzi alla sovrabbondante ricchezza di monumenti laici e religiosi, la più gran parte chiusi od in stato di abbandono e misconosciuti (quelli religiosi non sono della Chiesa, molti, ma del Fondo edifici di Culto del Ministero dell’Interno: con la cessione in atto di molti beni dallo Stato alla Regione, si intravvede una soluzione), sarebbe indispensabile –anche attraverso le Soprintendenze- che la Regione provvedesse all’espletamento, passando per la filiera degli enti privati constatati i problemi finanziari, e dopo che la medesima Regione avrà ‘subappaltato’ i monumenti agli investitori che li gestiranno, di un onesto elenco di lavoratori disponibili (da reclutarsi, dopo la modifica mentale necessaria… bisognerebbe infatti spiegare ai precari della scuola che è meglio avere cinquecento euro quale custode di una vecchia chiesa, che milleduecento euro da maestra in una scuola statale che è praticamente fallita, e non li potrà mai più assumere!) a custodire, ed i più preparati ad illustrare, tali beni architettonici. Questo già avviene in molti luoghi, attraverso cooperative private (magari in silenzio finanziate dagli enti pubblici): sono i criteri del reclutamento, che vanno del tutto ridisegnati, come sa una comune cittadina che, chiedendo se può lavorare in quel settore, oggi si vede cacciare in malo modo se non è ‘segnalata’ dal politico di turno o, alla meglio, le è offerto un lavoro gratis, senza ricompensa.
Questa è la realtà, che i nostri politici regionali sanno bene, anche se alcuni fingono di ignorarla. In Gran Bretagna (ah perfida Albione di un tempo, come sei ancor maestra di Civiltà e di Luce dai Tre punti dell’Etica sublime!) nei recenti giorni della crisi finanziaria, le aziende sostituiscono i fiori veri con quelli finti, la tovaglia di stoffa con quella di carta: il risparmio (da noi usa dire razionalizzazione) è per tutti, dal dirigente all’usciere: ed i prezzi al consumo diminuiscono. Qui è all’incontrario, e chi si azzarda a tentare tale manovra, è quasi linciato. Pure, occorre insistere. Gutta cavat lapidem, è assioma autentico ed alfine foriero di intemerata giustizia.

Bar.Sea.

(pubblicato su Sicilia Sera n°333 del 3 novembre 2010)

venerdì 15 ottobre 2010

Premiazione concorso letterario premio Antonio Corsaro


Premiazione concorso letterario premio Antonio Corsaro


Con il Patrocinio dell'A.I.C.S.Comitato Provinciale di Catania Settore Cultura
L'Associazione Akkuaria promuove il
PREMIO ANTONIO CORSARO 2010

La cerimonia di premiazione si svolgerà sabato 6 novembre c.a. ore 11 presso l'Aula Magna dell'Orto Botanico
in via Via A. Longo, 19 Catania.

Parleranno della figura di Antonio Corsaro:
Vera Ambra, Presidente Associazione Akkuaria
Francesco Giordano, giornalista
Nino Amico, operatore culturale

Cremazione: ora in Sicilia è legge


Importante provvedimento approvato dall’ARS

La cremazione ora è legge in Sicilia

Disponibili 500 mila Euro per la costruzione di impianti di incinerazione – Il governo
regionale sceglie la strada del progresso, valorizzando la scelta cremazionista -

Finalmente anche la nostra Regione Sicilia ha una legge che disciplina la cremazione dei cadaveri, adeguandosi così alla normativa nazionale. E’ infatti dal DPR 285 del 1990 (Presidente Cossiga) che lo Stato disciplina le norme secondo cui il cittadino che intende scegliere la cremazione delle proprie spoglie mortali, invece che la classica tumulazione, può avvalersi di impianti a regola d’arte quali i crematori pubblici, nonché lasciare la volontà che i parenti od i collaterali discendenti possano disporre come meglio si vuole dei resti. E’ una scelta di civiltà, di progresso e di antica tradizione, la quale ha da circa un centennio nell’Italia del nord retroterra adeguato ed ampio consenso. La Toscana in particolare ha da molti anni regolamentato, anche prima delle disposizioni nazionali, la scelta della incinerazione non solamente utilissima dal punto di vista igienico, ma anche altamente etica e dignitosa del rispetto della persona. Seppure con un ritardo di vent’anni, l’Assemblea Regionale Siciliana nella seduta finale di chiusura estiva, il 5 agosto, su proposta del deputato del PD e già Sindaco di Misterbianco Nino Di Guardo, concordemente ed all’unanimità, ha approvato la legge 468 “Disposizioni in materia di cremazione delle salme e della conservazione, affidamento e/o dispersione delle ceneri”. E’ un provvedimento importante che supera le divisioni normali fra schieramenti politici (dònde la giusta soddisfazione del promotore) e che il Presidente Lombardo e l’Assessore alla Sanità Russo hanno fortemente voluto e varato, con uno stanziamento di cinquecento mila Euro. Prima di esaminarlo in dettaglio, ci si consenta una precisazione: la mentalità sicula deve cambiare e rimodernarsi nel solco della Tradizione anche in questo, ovvero riprendere l’antichissima usanza della incinerazione dei cadaveri degli antenati, onorando i Mani (si pensi a tutte le grandiose scene dell’Iliade e dell’Odissèa, per non citare Pindemonte con i suoi Sepolcri, artatamente imitati dal pur notevole poema del Foscolo), la quale nella Sicilia ellenica e punica –sia sufficiente, per chi non vi è ancor stato, una visita ai Musei archeologici di Siracusa, di Mozia e di Camarina: ivi le urne\anfore ove generazioni di morti si serbavano, sono esposte e si spiega che si tenevano in casa, esattamente come la legge oggi prevede- era ampiamente diffusa, prima che con l’avvento del Cristianesimo ed una pur non inaccettabile interpretazione della conservazione dei cadaveri in vista della resurrezione dei corpi e delle anime come invocato dalla dottrina cristiana, quasi imponesse la sepoltura mediante inumazione (era già pratica egiziana invero, di millenni precedente la predicazione di Gesù, ma per altre ragioni). Per fortuna anche la Chiesa Cattolica, mentre nel passato, e non senza ragione, bollava la cremazione quale segno tangibile della ribellione al suo magistero (nell’Italia post risorgimentale era vero, e furono molti che scelsero di farsi cremare in opposizione, larvata od aperta, ai dogmi della fede: uno di costoro fu il grande scrittore Luigi Pirandello), e vi era tutta una corrente di pensiero che invocava la cremazione quale scelta di libertà a fronte di un certo oscurantismo clericale (visione in parte estrema, non sopita neppure oggi, specie nelle Americhe), dall’avvento del mirifico Papa Giovanni XXIII ha compreso l’inanità del bando alla cremazione, il cui veto è infatti caduto con i documenti del Concilio Vaticano II, nel 1963; per cui l’attuale Catechismo recita che “la Chiesa non si oppone alla cremazione”, purché essa non sia manifestazione di rifiuto nella credenza della resurrezione. E’ quindi da eradicare il luogo comune della persistenza fisica del corpo dopo che l’anima, o pnéuma secondo la corretta dizione greca (nonché gnostica, filosofica) lo ha tristemente abbandonato. Quel che era non sarà mai più, secondo la interpretazione leopardiana: quel che era, tornerà nella Luce del Risorto, secondo chi ha od anela alla fede dei padri.
La Legge regionale, in dieci articoli, è pertanto fondamentale sin nei suoi assunti: “1. La Regione, ai sensi degli articoli 2 e 19 della Costituzione, sostiene il diritto di ciascun individuo di disporre delle proprie spoglie mortali. 2. La presente legge disciplina la cremazione, la conservazione delle ceneri derivanti dalla cremazione dei defunti, l'affidamento delle medesime e la loro dispersione, nel rispetto dei principi sanciti dalla normativa statale e secondo le modalità stabilite dalla medesima.
3. La Regione valorizza la scelta della cremazione per ragioni igienico-sanitarie e in quanto
pratica funeraria di minor impatto sull'ambiente, salvaguardando la dignità di ogni persona, la sua
libertà di scelta, le sue convinzioni religiose e culturali, il suo diritto a una corretta e adeguata
informazione. 4. La Regione garantisce, attraverso una adeguata formazione, la professionalità del personale addetto ai crematori”. Importante il terzo comma di codesto articolo, il quale pone la valorizzazione della cremazione quale volontà precipua del governo regionale, il quale è evidentemente sin dal suo vertice non solo ben conscio della grande dignità di essa, ma anche della notevole ed intramontabile Tradizione di Luce e di Carità che tale scelta comporta. Si prosegue con le modalità di cremazione del cadavere, studiate in modo che le ceneri siano perfettamente riconoscibili mediante l’apposizione di “sistemi identificativi non termodeperibili” che evitino spiacevoli, e già accaduti in altri luoghi, casi di confusione. Ma è l’articolo 3 che merita particolare plauso, verificando che il governo regionale –così glissando sulle sterili ed a volte tristi e capziose polemiche sollevate ad arte anche da una certa parte interessata di ambienti settàri- è altamente sensibile alle situazioni familiari private di ciascuno: l’affidamento delle ceneri del defunto, come disposto dal medesimo o dai familiari, può essere svolto consegnando l’urna contenente i resti non solo al coniuge, ai parenti diretti od affini, ma anche nelle mani “del convivente, in quanto non vi siano o non si oppongano altri aventi titolo” (comma 2). Se si pensa che, tanto per dare il quadro della attuale situazione, ai funerali dei Carabinieri morti nell’attentato di Nassirya in Iraq nel 2003 alla convivente di un militare è stato impedito di assistere ai funerali di Stato perché non legalmente sposata, è un grande segno concreto che la nostra regione manifesta, di illuminatismo contro la tenebrosità di certi atteggiamenti fanatici i quali sono del tutto inaccettabili.
Importante pure la disposizione che le ceneri possono essere disperse, ove non si voglia conservarle, in apposite aree create entro il perimetro dei cimiteri (denominate campi della memoria), ovvero in natura ed in spazi privati (non però entro i centri abitati). Si prevede inoltre un piano regionale di coordinamento che istituisca per ogni Comune, o meglio consorzio di comuni, degli impianti di cremazione per far fronte alle prevedibili e crescenti esigenze dei cittadini. Anche questa è una volontà meritevole.
Appare infatti assolutamente vergognoso che cinque milioni e mezzo di siciliani, tra cui molti che desidererebbero effettuare codesta scelta, debbano avere la infima possibilità dell’unico impianto crematorio regionale, quello di Palermo (il quale peraltro ci si dice funziona a singhiozzo): laddove urgente è l’esigenza della costruzione di moderni ed efficienti apparecchi. Invero a Catania il Consiglio Comunale anni fa approvò una delibera per l’istituzione del crematorio civico: ma tutto finì in mera volontà d’intenti, come era prevedibile. Adesso non sarà più così, od almeno ne abbiamo maggiori speranze. L’articolo 5, in virtù di un corretto “senso comunitario della morte”, istituisce delle banche dati informatiche ove gli incinerati potranno, od i discendenti qualora vogliano, inserire le proprie note biografiche, tali da non farne disperdere perlomeno il ricordo. E’ una scelta diremmo all’avanguardia del progresso civile ed in linea con le grandi nazioni del nord Europa, che anch’essa merita il plauso di tutti coloro che hanno a cuore la tradizione coniugata con la modernità intelligente. Si pensi che ciascuno di noi ove lo voglia potrà inserire la propria biografia, e le immagini, nel computer il quale custodirà per i nipoti e pronipoti tali informazioni. Come avremmo gradito che dei nostri bis e trisnonni ci fosse stato ciò concesso, invece di scartabellare vecchie carte ed ìre in cerca di ingialliti fotogrammi o disegni…!
E’ infine prevista l’incinerazione gratuita, a cura dei comuni di ultima residenza, per gli indigenti accertati, il piano di informazione ai cittadini su costi e modalità, l’erezione di “luoghi di commiato” entro i cimiteri ove chi vuole (e non desidera funerali in Chiesa, o dopo di questi) può far svolgere brevi e sobrie cerimonie di addio al defunto, nonché l’articolazione dello stanziamento finanziario pel triennio 2010-12 in 440 mila euro per la costruzione degli impianti di cremazione, e 60 mila euro per la pubblicità. Resta inteso che gli impianti debbono sorgere all’interno dei cimiteri. Forse tale somma per la costruzione dei crematori non è del tutto sufficiente, ma da parte nostra auspichiamo l’intervento, anche pubblicitario, di investitori privati. Ed a tal riguardo: esiste da decenni in Italia la SOCREM, società privata che dietro iscrizione si occupa della cremazione dei cadaveri (implicitamente citata nella suddetta legge, quale eventuale affidataria di servizi): le strutture della quale, se al nord Italia hanno da tempo una lunga efficienza, non ci pare in Sicilia negli ultimi tempi abbiano brillato per trasparenza e diffusione. Quindi auspicabile altresì sarebbe l’apertura del mercato della libera morte, ci si passi la metafora, ove numerosi operatori privati offrano al cittadino di codesti servizi: dappoiché i regimi di monopolio nel XXI secolo sono affatto anacronistici, e non sarebbe giusto che la legge testé approvata, anche involontariamente, ne agevolasse uno od altro. Pertanto verificheremo la strategìa pubblicitaria che la Regione sceglierà per tale scelta di miglioramento della società, oramai irreversibile.
“In quell’ultimo momento, soprattutto, \ quando sentirò di sfuggire a me stesso… in tutte quelle ore buie, \ donami, mio Dio, di comprendere \ che sei tu (ammesso che la mia fede sia così grande)\ che separi dolorosamente le fibre del mio essere \ per penetrare fino al midollo della mia sostanza \ e trascinarmi in te” (P.Teilhard de Chardin, All’ultimo momento da Le Milieu divin, Paris 1957). Le sapienti parole dello scienziato gesuita forse ci consentono meglio di comprendere tale incredibile mistero, innanzi al quale è necessario il silenzio, nella consapevolezza che “come è in alto così in basso, per la bellezza della Cosa Una” (tavola Smeraldina): ma già lo si ripete nel Padre Nostro: “sicut in caelo et in terra”.

Bar.Sea.

Pubblicato su Sicilia Sera n°332 del 5 ottobre 2010

lunedì 20 settembre 2010

Mostra e Seminario su Colera e rivoluzioni in Sicilia all'Archivio Storico Comunale di Catania, 25-26 settembre 2010




Nell'ambito delle Giornate Europee del Patrimonio 2010 "Italia tesoro d'Europa" a cui partecipa il Comune di Catania, l'Archivio Storico Comunale di Catania organizza una mostra ed un seminario su "Colera e Rivoluzioni in Sicilia: due sciagure dentro e fuori i monasteri nelle lettere dei Verga (1854-1866)".E' una laudevole iniziativa di cui è artefice primiera la Dott.ssa Marcella Minissale, direttrice dell'Archivio, affiancata dai solerti collaboratori. Inaugurerà l'Assessore alla Cultura Marella Ferrera.


Con questi eventi la Luce intramontabile della Cultura splenderà sempre oscurando le tenebre dell'ignoranza.


Qui riportiamo la locandina dell'evento.


Relatori:Prof. Antonio Di Silvestro, della Facoltà di Lettere dell'Università di Catania, sul tema "Momenti e temi della religiosità della famiglia Verga"


Dott. Francesco Giordano, giornalista pubblicista studioso di storia patria, sul tema: "Aspetti politico sociali del colera del 1837"


Dott. Giovanni Verga, giornalista pubblicista, pronipote dello scrittore


Leggerà alcuni brani delle lettere in esposizione l' attrice Agata Tarso, della compagnia "Amici del Teatro" di Nicolosi.




Ulteriori informazioni sull'iniziativa possono essere ottenute al seguente indirizzo:www.comune.catania.it/informazioni/news/cultura/musei/archivio-storico/default.aspx?news=16097, ove è la scheda storico tecnica della mostra.

lunedì 2 agosto 2010

Salvatore Gristina, da otto anni Metropolita di Catania


Da otto anni regge la diocesi etnea


Salvatore Gristina, un Vescovo di valore

Dotto e fermo nella applicazione della dottrina, fedele al Concilio, applica i precetti dell’umiltà e della carità – Un Arcivescovo verso il popolo -


Dominus regit me, et nihil mihi déerit", ‘il Signore mi governa, e nulla mi mancherà’: il meraviglioso inizio del Salmo 22 può a nostro parere essere un ottimo augurio, per gli otto anni che in questi dì si compiono, dacché alla guida dell’Arcidiocesi di Catania è Monsignor Salvatore Gristina, Vescovo Titolare di Musti in Numidia e dal prestigioso passato nella diplomazia vaticana, autorevole coadiutore della Diocesi di Palermo, nonché Vescovo di Acireale. Il pastore delle anime di Catania, lo rammentiamo, nominato dal Santo Padre Giovanni Paolo II il 7 giugno 2002, si insediò nell’agosto di quell’anno, accolto dalla festante popolazione. Succedeva a Luigi Bommarito, che sin dal 1988 aveva con mano sapiente guidato il Vescovato di Euplo e di Leone il taumaturgo: uomo estremamente comunicativo, impresse il suo stile peculiare ed al passo con i tempi che mutavano. Con lui la diocesi di Catania conobbe rinnovato vigore, e fu elevata a Metropolìa.
Mutatis mutandis, come è naturale nell’ordine dei fatti umani, che tuttavia hanno il beneplacito dello Spirito Santo, in questi otto anni di governo dell’Eccellenza l’Arcivescovo Gristina, si è assistiti ad un tono di rettorìa della diocesi differente dalle precedenti abitudini, con alcune, importanti, peculiarità. E’ innegabile nel popolo minuto adagiarsi ad inutili paragoni: certo è che Mons. Gristina, palermitano di Sciara (ove nacque nel giugno del 1946), uomo estremamente còlto, sobrio, che non ama apparire e mostrarsi sovente ma nella sostanza definire il "de sensu rerum", ha voluto e continua a desiderare di lanciare, alle masse dei fedeli come ai più fini orecchi, un messaggio sottile e preciso, importante e non scevro da profonde sollecitazioni. Egli –lo si nota dalle prediche- a volte sfiora argomenti fondamentali, in altri casi li scevera con vasta mèsse di argomentazioni eloquenti e brillanti, tanto da non far dimenticare, a coloro che hanno il dono della memoria e porte aperte ai carismi della spiritualità, il crisma della sua ordinazione sacerdotale.
Egli è stato infatti consacrato sacerdote il 17 maggio 1970 (simbolismo dènso di significati: il diciassette, giorno della stella, ed il mese mariano di maggio, "in spe resurrectionis") in Roma dalle venerabili mani di quell’illuminato Pontefice che fu Papa Paolo VI: egli, lo schiuditore del Concilio che copia di umanità fraterna ha prodotto nella Chiesa e fuori dalla Chiesa, così esprimevasi a riguardo della fede: "La fede, si dice, non è il dogma verbalmente considerato; questo consiste in formule fisse che tentano di definire e di racchiudere verità immense, ineffabili e inesauribili. E sta bene: anche San Tommaso c’insegna che l’atto di fede non termina alle formule che la espongono, ma alla realtà a cui esse si riferiscono; non senza però una visione integrale di questa dottrina… per rendersi conto dell’essenziale importanza che il Concilio, coerente con la tradizione dottrinale della Chiesa, attribuisce alla fede, alla vera fede, quella che ha per sorgente Cristo e per canale il magistero della Chiesa" (8 marzo 1967, in Oss.Rom.). Sotto l’augusta guida di cotal dottissimo Papa, il nostro Arcivescovo non poteva che essere anch’egli sapientemente illuminato dal cammino della Vera Fede e –come egli medesimo ha affermato nel giugno scorso, durante l’allocuzione finale del Corpus Domini, in piazza del Duomo- disposto ogni giorno ad insegnarla e spargerla, come i cinque pani e due pesci dell’evangelica novella, ai cari suoi fedeli catanesi. In verità in quella occasione, come in altre, il Vescovo Salvatore ha mostrato l’umiltà tutta cristiana di sentirsi in ambasce, quasi in difficoltà, nello spezzare il pane della mensa santa: ma dalle pagine del Sacro Libro egli coglie, precisamente nella lavanda dei piedi che come altri quadri, è uno dei simboli più forti del ministero di Cristo, la forza della umiltà e della coerenza, nella fraterna comunione dei consacrati in Gesù e del popolo. Verso il cui popolo, molti in questi otto anni (il cui numero è precisamente quello delle evangeliche beatitudini: nulla accade per caso, nelle superiori volontà…) sono stati gli affettuosi, paterni accenti dell’Arcivescovo: egli è uno di loro, e specialmente dei più bisognosi, dei più sofferenti, dei diseredati, di coloro che hanno bisogno –come insegnò il Beato Papa Giovanni- di "qualche lacrima da asciugare". Lo abbiamo veduto e udito, possiamo testimoniarlo: egli non si sottrae financo a ruoli che potrebbero non competergli (un giorno di anni fa, innanzi Sant’Agata la Vetere, primiera cattedrale, lo osservammo scendere dall’auto blu e spostare, come un qualunque perpetuo, i pesanti vasi di fiori onde permettere più largo spazio innanzi al sagrato…) e neppure risparmia parole dure e chiare a chi quasi le sollecita (in un recente incontro coi giovani imprenditori del Kiwanis, ad una dissertazione sul lavoro, chiedeva: "Tra di voi c’è qualcuno che non lavora? Ed allora", con un sorriso sornione, "come potete comprendere i problemi di chi il lavoro non l’ha?", facendo rimanere basito l’uditorio: ma compiendo il precetto divino). Interpreta la missione commessagli con santa umiltà e divina carità. Comprensivo con tutti: anche nel caso della applicazione del Motu Proprio del Sovrano Pontefice Benedetto XVI, che apertamente lascia la libertà accanto alle funzioni secondo il rito nelle lingue nazionali, di celebrare la S.Messa seguendo il Messale in lingua latina preconciliare, Monsignor Gristina ha accolto con fraterna benevolenza la richiesta di molti fedeli, e consentito che anche a Catania, come in molte altre diocesi, un sacerdote preparato ed entusiasta della dottrina tradizionale come di quella conciliare, pòssa officiare il sacro rito in un tempio di secoli càrco ove le lodi di Dio siano intonate con magniloquenza. E del resto egli medesimo non è estraneo a parteciparne i sentimenti: lo vedemmo alla chiusura del mese mariano in S.Maria dell’Aiuto, intonare con perfezione e saggezza il "Pange lingua". Un Arcivescovo a nostro parere completo, dunque: fermo nel messaggio di Luce che scaturisce come gemma preziosa dal Concilio Vaticano II, vicino alle molte forme della incrollabile Tradizione della Chiesa, che ne formano un prisma unico ed inscindibile. E’ un uomo di valore, che l’Altissimo lo serbi con felicità alla catinense diocesi per lungo tempo ancora. Con la chiusa del citato Salmo 22, "Et ut inhàbitem in domo Domini in longitùdinem diérum", ‘affinché per lunghi giorni io abiti nella casa del Signore’.

Bar.Sea. (Francesco Giordano)
Pubblicato su Sicilia Sera n° 331 del 1 agosto 2010

Raffaele Lombardo: è tempo delle scelte


Le analisi che propongono significati


Timoleonte o ‘Ntoni Malavoglia: la scelta di Raffaele Lombardo


Carattere ferreo, il Presidente della Regione ha inteso avviare un percorso
di orgogliosa identità autonomistica – Col concorso di molti: ma il tempo stringe -


Il discorso che il Presidente della regione Sicilia Raffaele Lombardo, ha pronunziato nell’assise del Parlamento siculo il 13 aprile u.s. (per chi sa del significato de’ Tarocchi, il tredici è numero di morte, ma anche di rinascita), rappresenta invero un autentico spartiacque per la politica regionale. Mai in sessantaquattro anni, dacché la maestà del Re ‘maggiolino’ Umberto II, dopo la lotta per l’indipendenza sicula culminata còlla infausta battaglia di Randazzo del 1945, e l’onda popolare trionfante del MIS, concesse lo Statuto che proclamava, finalmente dopo secoli, l’autonomìa nazionale del popolo siciliano (facendo seguito alla Costituzione ‘inglese’ del 1812 ed a quella ‘francese’ del 1848), un Presidente di regione si spinse a tal punto da non solo difendere il suo operato ed attaccare i propri nemici –atti del resto comprensibili-, ma anche, e ci pare il dato trascurato dai più, identificare le proprie sorti con quelle medesime della gente che, volente o nolente, egli rappresenta. Sòrta di ‘cesarismo’ regionale: dimostrazione di potenza secondo gli avversari, o piena consapevolezza delle proprie forze e del particolare frangente politico e sociale nel quale si vive? La certezza è che Raffaele Lombardo, di cui da queste colonne circa un settennio fa precisammo che è uomo di carattere (anche per i baffi… dato da non trascurare…), ha tracciato un solco profondo fra sé, la sua figura ed il suo partito, attuale e nascente in altre forme, e le vecchie logiche di potere, da lui stigmatizzate con particolare coloritura dei "pupi dei pupi dei pupi": metafora precipuamente chiara ai siciliani, affondante le radici in un linguaggio simbolico immediatamente comprensibile a tutti.
Vero è che il Presidente Lombardo, come ha detto, si confronta de visu con chiunque: impenetrabile può apparire, a chi d’improvviso intenda contattare lui od i maggiorenti del suo partito. Ma come dell’oro il fuoco scopre le impure masse, svelatasi la Luce autentica dietro il volto atteggiato al sorriso, così l’interlocutore, ove abbia la necessaria capacità, può scorgere oltre il velo ed i segni, l’autentico pensiero di quest’uomo affatto necessario, alla Sicilia del secolo XXI. Egli ha evidentemente chiaro il frangente cruciale della attuale fase politica nazionale ed internazionale: il futuro è nel federalismo delle ‘piccole patrie’ e, se il Presidente baffuto e dall’eloquio affabulante e modulato nei toni, rammentante il prorompente Giovanni Grasso, il più grande attore tragico italiano del XX secolo del teatro di prosa, vuole essere già da oggi e nel futuro, il padre vero’ della Sicilia risorta al concetto antico e nuovo della autonomìa –che, per coloro i quali lo sanno intendere e, meglio, gestire, diventa indipendenza de facto se non de jure, dallo stato centrale- deve agire nel modo che ha dimostrato nel rispondere, con veemenza e passione, ad un attacco invero assurdo e vile, posto in essere da settori che sarà compito della Magistratura accertare quali siano. Ed ove allignino delle ombre, ma assolutamente accertate, sul suo personale operato, si potrà ridiscutere. E’ comunque un fatto distruttivo della personalità di chiunque, come si è notato in altri casi, ricevere accuse ‘sì gravi come quelle di concorso esterno in associazione mafiosa, senza aver neppure, sino a quel giorno, ricevuto un avviso di garanzia. Gli avversari potranno discettare all’infinito: ma questi son fatti, e vanno accolti per ciò che significano.
Riguardo ai due anni trascorsi al governo della Sicilia, da molte parti giungono, e raccogliamo, voci di critiche e dissenso all’operato della giunta presieduta da Lombardo: per molti le scaturigini sono livori e rancori che hanno riscontri personali: l’opera di risparmio del governo ha ‘tagliato’ fondi nel modo più deciso, ad associazioni varie, mietendo ‘vittime’ laddove aveva prima interessati sostenitori. E’ comunque scandaloso, come apparve dalla stampa, che taluni funzionari regionali vadano in pensione con appannaggi favolosi, i cui proventi sarebbe bene destinare ad opere di utilità e giustizia sociale (qui il governo regionale deve per forza agire per sanare codesta piaga). Però Raffaele Lombardo bene ha fatto a sgomberare l’orizzonte dai falsi amici, dai finti sostenitori (ed anche dai finti, e ce ne sono, sicilianisti) che, laddove privati delle prebende, si tramutano da colombe in jene, da sodali in fierissimi nemici. Gente che si vende per denaro e non ha niuna idea che quella di Mammòna, è affatto meglio gettarla nella Geènna infernale.
A questo proposito, importantissima apparve l’affermazione che il Presidente nonché capo dell’MPA fece l’undici aprile, nell’intervento suo conclusivo di un convegno su "Giovani donne e autonomia" tenutosi all’albergo catanese Excelsior: "chiunque percepisca la sua quota, da amministratore, deve versarla nelle casse del partito", ha egli còlla solita enfasi dichiarato. E’ una visione riorganizzativa del suo movimento che rammenta i primi tempi, quelli detti ‘eroici’, dei partiti di massa, popolari, come la nascita della DC, od anche altri e piccoli movimenti fideistici il cui unico obiettivo è l’ideale, a cui primariamente si sacrificano tempo ("dovete venire in sede il sabato pomeriggio", egli ha detto ai dirigenti) e denaro: anzi il pubblico denaro percepito dagli appannaggi, che deve confluire nella cassa comune. Non forse codesta affermazione avrà fatto felici alcuni, ma l’opinione di Raffaele Lombardo, in quel consesso testè citato, fu chiara: "chi ci sta, bene, chi non ci sta, può andare alla porta". Non appaiono codeste le parole di un uomo accomodante, bensì decise di piglio e di tenore. Tuttavolta, dal mutamento dell’indirizzo politico della Regione, a dicembre, ipotizzammo alla giunta Lombardo alcuni mesi di garanzie: questo tempo, che è prezioso come non mai oggi, sta per scadere nell’interesse dei siciliani, sempre più impoveriti dalla crisi economica (anche se in giro se ne mistificano i segnali, essendo la nostra una economìa ‘drogata’ dall’illegalità): per cui non saranno le movimentazioni della finanziaria dell’ARS (che costa sempre più cara a noi tutti, quattro milioni di Euro in più del 2009 nel recentemente pubblicato bilancio di quest’anno) a salvare la fallimentare gestione della politica sicula degli ultimi tempi. Attendiamo quindi, e con estrema rapidità, che dalle parole si passi ai fatti. In primis, nel settore della giustizia sociale, versus lavoro (e non sono i ‘voucher’ od altre amenità sino a qui strombettate, a risolvere il grande problema). E’ questione, appunto, d’onore.
Proprio il concetto dell’onore, che Raffaele Lombardo ha miscelato coll’onore di tutti i siciliani, il quale è assolutamente infangato dalle vicende ‘mafiose’, è importantissimo per ben comprendere la chiave, diremmo quasi psicologica e sociale, del nostro comune futuro come collettività regionale.
"Sicilia, la terra ove germoglia la pianta dell’onore", cantava circa novecento anni fa il grande poeta siculo-arabo Ibn Hamdis: questa visione del mondo, poiché tale è, incrostata e travisata da interpretazioni malandrine e delinquenziali che nulla hanno a che vedere col suo vero significato, appare ammantata di nobiltà, dal più alto scranno della politica sicula, attraverso le parole del Presidente Lombardo. Il quale chiama i siciliani ad una correità aperta: o si cambia mentalità, processo profondo che richiede decenni e deve essere affidato alle giovani generazioni di uomini e sopra tutto di donne, codeste figure indispensabili della nostra società, poiché madri e genitrici delle mèssi allegoriche e reali del futuro, nell’intendere l’autonomìa e quindi il progresso tutto dei siciliani: o si sarà ancora una volta, come per secoli, preda dei conquistatori. Del nord, o ascari, o barbari che siano, non importa: sempre conquistatori co’ loro scherani, essi risultano. Ma (ed è dunque un chiaro monito che si staglia adamantino all’orizzonte, dati i grandi poteri che anche la nuova coalizione col PD e forze collaterali del PDL manifestano) è proprio il Presidente Lombardo che deve dare in prima persona l’apporto fondamentale alla svolta: incominciando dall’atavico e quasi mai risolto problema del lavoro dei siciliani.
Nel turbine dell’ultimo conflitto mondiale, un autorevole personaggio quale Andrea Finocchiaro Aprile, si erse a simbolo della sicura resurrezione dal potere centrale dello Stato, e tentò, invano, di plasmare de facto una moderna forma di autonomismo, anche sociale ed imprenditoriale. Figura che il Presidente Lombardo ben conosce: dalle cui ispirazioni illuminate, è da trarre il necessario. Tuttavia, andando ben indietro tra le pagine della Storia, egli può comportarsi come il corinzio Timoleonte il quale, venuto in Sicilia, nel 345 a.C. liberò le città stato dalla soggezione cartaginese ed impose a Siracusa una costituzione democratica; depose il potere, e visse cieco ed onorato sino a morte; ma può anche far ripetere a’ siciliani l’adagio di ‘Ntoni, "ora che so ogni cosa, per questo devo andarmene", nella tragica chiusa del verghiano romanzo dei "Malavoglia". Raramente delle così immense e dènse di storia possibilità, sono nelle mani di un uomo, di un mortale che crede nel Vangelo: "Siamo servi inutili, abbiamo fatto quello che dovevamo fare" (Lc.17,10). Rendere liberi e rispettati i siciliani in casa propria: con la collaborazione di molti, se non è un sublime inganno, ci si può riescire.


Barone di Sealand (Francesco Giordano)


Pubblicato su Sicilia Sera n° 331 del 1 agosto 2010