lunedì 2 ottobre 2017

Intensa cerimonia al Capitolo degli Ordini Dinastici di Savoia 2017 a Ginevra






               Intensa cerimonia al Capitolo degli Ordini Dinastici di Savoia 2017 a Ginevra

Una cerimonia intensa e di grande coinvolgimento fideistico ed emotivo, è stata quella svoltasi  sabato 30 settembre all'Hotel Intercontinental di Ginevra, in occasione del capitolo degli Ordini Dinastici di Casa Savoja, quest'anno in Svizzera, terra da sempre ospitale per la Famiglia Reale sabauda.  Oltre 250 partecipanti di altissimo livello, giunti da ogni continente, riuniti nel salone prestigioso con le luci della italica bandiera, hanno dato lustro all'evento che ha visto la rimessa dei diplomi dell'Ordine al Merito Civile di Savoja, rifondato da SAR il Principe Vittorio Emanuele nel 1988, nonché delle decorazioni dello stesso e dei diplomi ed avanzamenti dell'Ordine dei santi Maurizio e Lazzaro.
Le milizie di Casa Savoja, nell'ottica del rinnovamento e della Tradizione, si sono riunite sulle Alpi ginevrine in clima di gaja festa, come accade ogni anno, per stringersi sempre più vicino alla Real Famiglia, in questa occasione rappresentata dal Principe Vittorio Emanuele, Gran Maestro degli Ordini, da SAR il Principe Emanuele Filiberto, dal Gran Cancelliere SE Johannes Niederhauser che consegnò direttamente i diplomi, nonché dalla presenza molto gradita di SAR la Principessa Maria Pia di Savoja, sorella maggiore del nostro Principe, e di SAR Sergio di Iugoslavia, figlio della Principessa Maria Pia. 
La consegna dei diplomi, secondo un perfetto protocollo, è stata semplice ma molto suggestiva: tra gli insigniti siciliani,  Delegazione  molto attiva capitanata dall'avv. Francesco Atanasio di Siracusa e dal Vicario per Catania Avv.Giovanni Vanadia, i presenti furono i proff. Bellinghieri e Savica di Messina, lo stesso Vanadia insignito del grado di Commendatore OMS, il signor Giuseppe Campanella della provincia etnea Cavaliere OMS e il Dottor Francesco Giordano di Catania, Cavaliere OMS, per le loro fattive e concrete benemerenze verso la Real Casa.   L'Ordine al Merito di Savoia, istituito "in seno" all'Ordine Civile secondo lo Statuto, è di esso la forma moderna e merita ampia conoscenza: si pensi che Cavalieri dell'Ordine Civile di Savoja, istituito da Re Carlo Alberto, furono nominati, tanto per fare tre nomi, Gioacchino Rossini, Giuseppe Verdi e Giovanni Pascoli. sicchè è grande la degnazione per esser, col poeta, "tra cotanto senno".
Molte le soavi ed elegantissime signore e signorine intervenute, non citiamo nessuna per non far torto alla muliebre bellezza di ciascuna, che è universale; fra i presenti quasi tutti i Delegati italiani, tra cui Stefano Di Martino della Lombardia, l'attivissimo Alessandro Santini della Toscana; tra gli altri insignito Cavaliere OMS  Marco Lovison  e del grado di Gran Croce del Maurizio e Lazzaro il Capitano di vascello Dott. Ugo D'atri, Presidente dell'Istituto per la Guardia d'Onore per le Reali Tombe del Pantheon, del quale almeno la metà degli insigniti fa già parte: D'Atri si è detto entusiasta e soddisfatto per la presenza delle Guardie all'evento, che dà la misura del grandissimo legame di ciascuno dei presenti, verso Casa Savoja.  Le Guardie sono l'ossatura dei monarchici e col loro servizio militare alle tombe dei Sovrani italiani in Roma nel sacro Pantheon, garantiscono che il tricolore sabaudo non sia mai ammainato.
Dopo l'importante l'intervento, alla fine della cerimonia, con la benedizione prestigiosa di Monsignor Paolo De Nicolò, Priore degli Ordini Dinastici (ai quali sono stati ammessi o promossi molti esponenti del clero cattolico), a testimoniare come la Chiesa Cattolica Apostolica Romana veda nell'opera benefica e tradizionale di Casa Savoia e dei suoi insigniti, un baluardo ed un vessillo per la salvaguardia dei valori cristiani, ha preso la parola SAR il Principe di Piemonte Emanuele Filiberto, che ha innanzitutto ringraziato il papà, chiamandolo col titolo della tradizione Principe di Napoli, per l'impegno da sempre profuso verso gli Ordini... e qui l'assemblea si è sciolta nel più commovente degli applausi verso un uomo ormai di età, il Principe quest'anno ha compiuto ottanta anni, provato da ingiuste e vergognose vicissitudini giudiziarie  conclusesi tutte per lui positivamente, ma che per ciascuno di noi (specie se si è nella generazione per cui può avere la stessa età del nostro genitore..) rappresenta la tradizione, il simbolo della Famiglia che ha unito la Patria nostra, e perciò gli si vuole un gran bene, come lo si può volere ai nostri papà, con tutti i loro lati. Come ha scritto quel principe del giornalismo che fu Ugo Ojetti (maestro fra l'altro di Indro Montanelli), nel celebre articolo del maggio 1937, "Battesimo al Quirinale", descrivendo l'evento storico, "così lo seguiremo fedelmente, finchè Dio vorrà".
Emanuele Filiberto ha precisato che il traguardo raggiunto quest'anno, cioè 800 mila euro donati dagli Ordini in beneficenza -tra gli atti, la ricostruzione del centro anziani e bambini a Norcia, il dono di un veicolo ai Pompieri tramite la delegazione di Montecarlo- dovrà essere superato per l'anno venturo, fissandosi l'obiettivo di oltre un milione di euro da donare a chi più ne ha bisogno: "è questo", ha detto con passione il Principe di Piemonte, "l'obiettivo degli insigniti, non tanto mettersi la rosetta o la medaglia", precisando come la veste di Cavaliere nel XXI secolo sia quella di defensor degli ultimi, di coloro che più meritano, nella visione sabauda e monarchica. Vi sono anche i momenti di cerimonia e ufficialità che servono a socializzare ma al presente, la Milizia è tra la gente e per la gente, verso quel popolo che ha sempre veduto in Casa Savoia il riferimento essenziale, anche dopo il referendum discusso del 1946, riferendosi agli italiani. E ancora oggi è così.
Il contributo delle Delegazioni americane alle attività di beneficenza è stato forte e massiccio, come delle altre, senza dimenticare che ogni contributo anche piccolo è sempre bene accetto.     Erano presenti insigniti dalla Russia e molti come ovvio, da Francia, estremo Oriente e numerosissime nazioni.   Il saluto finale del Principe Vittorio Emanuele ha coinvolto i presenti in una ovazione degna, composta ma vibrante di pathos, specie durante le note dell'Inno Sardo e della Marcia Reale: "Il nostro pensiero è sempre rivolto all'Italia perchè siamo Italiani...Vi ringrazio tutti per essere qui, siete e sarete la mia Famiglia", ha detto commosso l'erede al Trono d'Italia, e in questo anelito di fede l'assemblea si sciolse, suggellando legami nuovi ed antichi, nello spirito gagliardo dei tempi passati e dell'avvenire, col grido che fu delle nostre gloriose truppe e del popolo unito : sempre avanti, Savoja!
                                                                                                                   F.G.

venerdì 25 agosto 2017

Garibaldi a Catania, 24 agosto 1862 - 2017: la Legione Garibaldina ricorda l'Eroe dei due mondi





         Garibaldi a Catania, 24 agosto 1862 - 2017: la Legione Garibaldina ricorda l'Eroe dei due mondi

Al fine di consolidare la appena raggiunta Unità italiana mercé l'opera dei volontari in camicia rossa e della Monarchia di Casa Savoja, Giuseppe Garibaldi sbarcava nuovamente in Sicilia nell'estate del 1862, dopo appena due anni dalla spedizione "dei Mille". Stavolta l'impresa era la conquista di Roma: si concluderà tragicamente, come sappiamo, col ferimento dell'Eroe ad Aspromonte, in Calabria, da parte delle truppe regolari dell'Esercito unitario che aveva ordini dal governo Rattazzi di bloccare il Generale, non giudicando opportuna in quel frangente l'impresa.   Il governo Rattazzi cadrà per questo motivo pochi mesi dopo.  A 155 anni di distanza, Catania nella persona del suo Coordinatore Comandante della Legione Garibaldina, Cav.Dott. Francesco Giordano, ha ricordato la presenza del Generale Giuseppe Garibaldi nella città etnea -dove non era stato nel 1860- , dal cui centro lanciò il celebre grido: "O Roma o morte!".
Entrato accolto da una fiumana di popolo in Catania, la notte del 19 agosto dalla porta fino ad allora detta Ferdinanda e in suo onore ribattezzata Garibaldi, e sceso dalla medesima via che da allora porta il suo nome, il Generale giungeva all'incrocio con via dei quattro cantoni con via Etnea alloggiando al Circolo degli Operaj, ove veniva accolto dal suo presidente Pizzarelli: da lì, come ricorda una lapide apposta nell'anniversario, lanciava come già a Marsala e Palermo, il celebre grido "O Roma o Morte", arrigando la folla.
Le autorità catanesi si dileguavano alla presenza dei garibaldini: il Prefetto Tholosano si rifugiava su una delle due navi da guerra della Regia Marina ancorate al largo del porto di Catania, i nobili conservatori andavano nelle ville di campagna con la scusa dell'estate: le truppe regolari avevano lasciato passare il Generale e i suoi 4 mila uomini, dopo un abboccamento a Misterbianco ove pare egli mostrasse, come in altre parti dell'Isola, un salvacondotto speciale: lettera autografa di Re Vittorio Emanuele con cui aveva avuto segreti colloqui, che lo autorizzava all'impresa? Non si saprà mai, il Re ufficialmente aveva deplorato le sommosse e le truppe di Cialdini e navali di Persano erano in movimento. Garibaldi stesso però ricorda nelle Memorie, "coprendo" Casa Savoia, che era venuto in Sicilia onde evitare conati di separatismo, di antica radice: bastò la sua presenza per acquietare le masse.  
A Catania totalmente devota al garibaldinismo più che altre città siciliane, "degna di Palermo e della Sicilia intera, trovammo vulcano di patriottismo, uomini denaro vettovaglie per la mia gente": così ricordò il Generale nelle Memorie, perchè solo qui ebbe la totalità dei consensi e finanziamenti abbondanti.
Dopo aver girato la città onde fraternizzare coi catanesi, egli alloggiava nel Monastero dei Benedettini, la fortezza secolare, arca regia del potere dai tempi del Viceregno spagnolo, érta sulla sommità della collina civica, da cui si vede il mare: l'Abate Giuseppe Benedetto Dusmet, apostolo dei poveri che poi diveniva Cardinale di Catania e oggi Beato di santa Chiesa, lo ospitava ma non alloggiava col suo comando: solo il monaco Pantaleo, "ribelle" e per giunta cappuccino, non era ammesso dai nobili padri di San Benedetto.  Dal balcone del monastero, Garibaldi pronunziava il discorso che qui trascriviamo integralmente:

Proclama agli Italiani di Giuseppe Garibaldi 
  Catania 24 agosto 1862
Italiani! 
Il mio programma è sempre lo stesso – Voglio per quanto da me dipende, che il Plebiscito del 21 ottobre 1860 sia una verità, che il patto segnato dal Popolo e Re riceva piena esecuzione. 
Io m’inchino alla Maestà di Vittorio Emanuele Re Eletto dalla Nazione, ma sono ostile ad un ministero che d’italiano ha solo il nome, d’un ministero il quale per compiacere alla Diplomazia ordinò nel mese di maggio gli arresti ed il processo di Sarnico, come oggi provoca la guerra civile del mezzogiorno d’Italia per assicurarsi le buone grazie dell’Imperatore Napoleone. 
Un ministero siffatto non può, non deve essere più oltre sopportato – Inganna il Re, lo compromette come fece col proclama del 3 agosto, coll’ostinato municipalismo spinge al distacco le province meridionali, tradisce la Nazione. 
La livrea di padrone straniero non sarà mai titolo di stima, di onore per alcun ministero fra noi. 
Quand’io sbarcai in Sicilia. La generosa Isola stava sul punto si far sentire lo scoppio della sua disperazione – le provincie napoletane, niuno lo ignora, sono contenute solo da sorverchianti forze militari. 
L’amore e la buona amministrazione dovevano essere i fattori dell’Unità Italiana – I municipali prefersero l’opposta via – Odio seminarono e odio in larga parte raccolsero. 
Insensati! Vogliono, lo so, la guerra civile per aver campo di spegnere nel sangue l’avvenire della libertà e offrir vittime accette sull’ara del dispotismo. 
Io non consentirò per altro che si compiano gli immani desiderii – La formula del Plebiscito salvi un’altra volta l’Italia – Cessi ogni preoccupazione locale di fronte al gran concetto unitario – Si unifichi il cuore e la mente delle genti italiche nel gran fine del nostro Risorgimento – Il pensiero e l’azione di tutti i patrioti s’hanno da volgere esclusivamente alla impresa liberatrice di Roma – Il resto a poi. 
A Roma dunque, a Roma – Su, prodi del 48 e del 49, su gioventù ardente del 59 e 60 – Correte alla Crociata Santa – Noi vinceremo dacché per noi sta la ragione, il diritto nazionale, la coscienza universale. 
Grandi speranze suscitammo nel mondo colla nostra rivoluzione – Bisogna più e più sempre giustificarle. 
Son certo che il popolo italiano non mancherà al suo dovere – Così fosse fin da ora a noi compagno il prode Esercito nostro! 
Italiani! Se qualche cosa io feci per la Patria, credete alle mie parole – Io sono deliberato o di entrare a Roma vincitore o di cadere sotto le sue mura – Ma in questo caso stesso ho fede che voi vendicherete degnamente la mia morte e compirete l’opera mia. 
Viva l’Italia! Viva Vittorio Emanuele in Campidoglio! 
  G. Garibaldi

Erano intanto giunti due vapori e il Generale, scrive nelle Memorie, "dall'alto della torre" (in realtà la cupola: da allora in poi fino a non molti anni fa, dal lucernario di essa si levava una luce tricolore...) "del convento dei benedettini che domina Catania, salutai quelle navi con lo sguardo appassionato di un amante".  Il giorno successivo egli e oltre 2500 uomini si imbarcavano al porto catanese su due piroscafi, Dispaccio ed Abatucci, uno italiano l'altro francese, di cui il Generale prese possesso giustificandosi pel fatto che, occupando Napoleone III Roma, egli ben poteva usare "un suo legno per una notte". Stipati gli uomini, non ne contennero le navi oltre duemila: le fregate della Regia Marina salpate, non impedirono il passaggio dei garibaldini. Dai documenti oggi pubblicati, la rabbia del Capo del Governo Urbano Rattazzi è evidente dai telegrammi in cui, corrispondendo coi Prefetti di Messina ed Acireale, non si capacita come le Regie navi abbiano potuto non fermare gli insorti: i comandanti avevano però ricevuto un telegramma, ove si invitava sibillinamente da Roma a pensare al "bene del Re e della Patria": Vittorio Emanuele II coprì fin che poté il Generale e probabilmente agirono anche altre entità. Non fu così purtroppo sbarcati i garibaldini in Calabria, ove la volontà di Rattazzi ebbe la meglio e le Regie navi bombardarono i rivoluzionari, che si inerpicavano sui monti, sino a Gambarie d'Aspromonte: il resto è noto. L'Eroe era condotto alla "disciplina" dalla ragion di Stato!
Catania che mai ha dimenticato l'amore verso Garibaldi e ne serba gelosamente la memoria, ricorda con questo evento di 155 anni fa ed il provlama agli italiani sopra riportato, attraverso il Coordinatore etneo Cav.Dott. Francesco Giordano, le eroiche gesta di libertà del Generale, sempre in prima linea contro ogni forma di tirannide, del pensiero e dell'azione, e intende promuovere ogni iniziativa culturale e sociale àtta a rendere feconda la nostra Storia, che ci fece uniti e grandi dall'Alpe a capo Passero.
Viva Garibaldi, viva la Legione, viva l'Italia!

Catania 24 agosto 2017
Legione Garibaldina Coordinamento di Catania
 
http://www.legionegaribaldina.org/

lunedì 24 luglio 2017

Quando Bellini era Catania...




Quando Bellini era Catania...

Leggiamo dalle cronache di questi giorni che si assegna, in occasione del trentesimo anniversario, il premio "Bellini d'oro" (evento che fu importante per la nostra etnea città, ora culturalmente decadente) a... Berlino!   No comment. Anzi sì, perchè in certe circostanze è bello indugiare sui tempi che furono i quali, se hanno una utilità, come ci insegnarono i Saggi, è quella di indicare la Via verso l'avvenire. Mario Rapisardi "il precursore" secondo l'Hugo, Bellini il "Cigno" , dimenticati a casa propria?... Ecco come la Catania del 1951, popolo soprattutto non circoli plutocratici avulsi dalla realtà, lo celebrava in occasione del 150° dalla nascita. Rivediamo il video della Settimana Incom del 7\11\1951: notare le folle nonché il teatro massimo gremito fino all'ultimo ordine... "e il tacere è bello".

lunedì 19 giugno 2017

Intensa esibizione di Alfio Patti ricordando i Cantastorie a San Gregorio (Ct)





     Intensa esibizione di Alfio Patti ricordando i Cantastorie a San Gregorio (Ct)

Un breve ma estremamente intenso intervento canoro, quello dell'Aedo Alfio Patti, scrittore studioso delle tradizioni popolari siciliane nonché da diversi ani cantore delle stesse, in Italia e nel mondo, nei locali dell'auditorium di San Gregorio (Ct), in occasione della due giorni "Cantastorie anima della identità siciliana", col supporto del comune etneo e della Regione Sicilia, svoltasi il 17 e 18 giugno.
Con enfasi e densità, curando i toni, Patti ha sapientemente ricordato, accompagnato dalla immancabile chitarra, la storia umana e professionale di Ignazio Buttitta e delle sue visioni laiche ove baluginava potentemente una notevole lettura religiosa cristiana: il poeta di Bagheria, già combattente nella grande guerra poi seguace di una idea socialisteggiante fra il cristianesimo e l'anarchismo, è stato con grande acume descritto coi suoi versi, dalla voce bella e intonata di Alfio Patti che, nel dare l'immagine del povero che non ha voce e che, come nel lessico siculo privo dei verbi al futuro, non ha questo per diverse motivazioni storico antropologiche, ha ulteriormente ri-svelato, anche in senso exoterico, la identità controversa e travagliata del popolo siciliano, sovente sordo perchè non vuol sentire ma quando si sveglia, vedi i Vespri (seppure con influenze esterne), feroce e anche spietato.  Tutto ciò, col dramma conosciutissimo della "morte di Turiddu Carnivali" che è anche un inno contro ogni forma di crimine organizzato o singolo, fu ben cantato da Alfio Patti, anche direttore artistico dell'evento: ciò coronato da vasto pubblico e riscontrante notevole successo.
                                                                                                            F.G.

giovedì 1 giugno 2017

Il Coordinatore di Catania della Legione Garibaldina alla Messa per i Caduti nella città etnea, 24 maggio 2017


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