
Scritti, note ed articoli riguardanti la multiforme realtà di Catania, della Sicilia ed altro...
sabato 8 gennaio 2011
martedì 7 dicembre 2010
La Villa Bellini di Catania, uno zombie senz'anima


Dopo la riapertura ed il ‘restauro’
La Villa Bellini senza anima, è uno "zombie"
Tornato al pubblico con gran clamore, il giardino che fu dei catanesi ha perduto
la sua anima autentica – Segni inevitabili del cambiamento, pochissime migliorìe -
Non abbiamo sinora affrontato l’argomento della riapertura, il 23 settembre u.s. dopo un restauro durato tre anni abbondanti, del giardino pubblico catanese intitolato a Vincenzo Bellini, per far diminuire l’orgia di verbosismi, similari a bolle di sapone, che un atto il quale dovrebbe essere, e non è stato, di ordinarietà, ha generato. La politica-spettacolo imperante negli ultimi lustri, ha purtroppo captato proseliti ovunque, e nella nostra città in gran copia. Parimenti, non ci addentreremo sulle, fondate quanto si vogliano, polemiche sui costi del riordino della Villa, alimentate –crediamo con più di una giustificazione- dal noto Comitato per la salvaguardia della Villa, spontanea associazione di cittadini sòrta a suo tempo per vigilare sui lavori, ed alla quale va riconosciuto il merito di essersi opposta a scelte affatto scriteriate, come quella ventilata anni fa di trasformare il piazzale centrale in un inutile lago. Altresì concordiamo col Comitato nella interpretazione errata fornita financo dagli esperti in giardini pubblici del competente Ministero, laddove la visione conservativa del restauro della Villa è stata assolutamente stravolta da interventi che non hanno lasciato, se non in grandi linee, l’impianto originario ottocentesco e novecentesco, inserendo nella struttura del giardino elementi nuovi che ne stravolgono la fisonomìa. E ciò basti a dar l’idea.
Intendiamo qui intrattenerci, dopo alcuni sopralluoghi effettuati, intorno a quel che era, e si sottolinea era, per noi che serbiamo il culto della memoria, personale e collettiva, ricordo sempre vivo di tempi d’infanzia, lo stato della Villa a fronte dell’attuale, sotto gli occhi di tutti. Inevitabile precisarne le differenze, anche se è nota la labile capacità mnemonica del cittadino comune, del catanese in particolare, sfaldata con il tempo (per fortuna le fotografie ed i filmati aiutano a non dimenticare). Neppure è necessario indulgere in quel languore da "laudatores temporis acti" che è stato pure rimproverato, da parte di certi Soloni pavoneggiatisi, a suon di libri sontuosi, quali oracoli delfici del triangolato sapere, i quali vestendo calzoni mascolini invece che muliebri gonnelle, e ben lungi dall’aver avuto i natali sotto le lave punzecchianti della città dell’elefante, filosofeggiano da profani ed hanno sfregiato, credendo magari di rendere un servizio, quel tempio collettivo all’aperto, che era il giardino Bellini, già ritrovo di misteriose delizie del principe di Biscari; principe settecentesco egli sì munifico amatore di Sapienza, adepto della Luce, il quale è oggi, ne siamo per diversi segni più che certi, ben lontano nel suo afflato di anima infusa nel Libro Sacro, da codesti e codeste figure le quali ventilano di echeggiare, tra simboli e mistagogìe, la sua illuminata opera. Chi può comprendere, evangelicamente, comprenda.
La Villa tornata a disposizione de’ catanesi, è sin dall’ingresso di via Etnea, orba dei cigni, già del resto spariti poiché dilaniati dai cani randagi (non è questa una giustificazione sufficiente: i randagi ci sono sempre stati…), nella sua vasca centrale –dal fondo grigio, prima era azzurro-: sostituiti chissà perché da animalacci neri in ferro (o plastica?), pòsti all’interno della vasca. L’orologio, acquistato durante la sindacatura di Papale dalla Svizzera ed orgoglio per la sua precisione, è mònco delle cifre, sostituite da palmette insignificanti. Poco male, si dirà. Il piazzale centrale (slargo ove si son sempre tenute le manifestazioni pubbliche: a noi piace appellarlo XXVIII ottobre, come a’ tempi del Fascismo, quando si teneva la cerimonia della leva del regime) è come prima, privo tuttavia all’angolo di N-O della gradevole e bella, nonché utilissima, piccola ‘bambinopoli’ che l’allora Sindaco, oggi senatore, Enzo Bianco aveva fatto impiantare in loco, per la gioja e il diletto dei bambini, i quali non hanno entro il giardino centrale della città nessun luogo di divertimento (non consideriamo quelle stupidissime, nonché pericolose, attrezzature ginniche impiantate dal lato di piazza Roma, adatte agli adulti, fruite per disperazione da alcuni piccoli ma estremamente pericolose per loro, come si può verificare). Fino al 2007, anno della chiusura, oltre alla bambinopoli del piazzale, c’era la vecchietta col trenino della collinetta sud, sul cui trabiccolo tutti salimmo da infanti, nonché altri giochi (il cavalluccio, la scimmia parlante) vicini: e sotto accanto alle statue di Lazzaro, altra giostra, piccola ma utile: sparita ogni traccia di giochi per i bimbi. La Villa, ci si faceva notare da parte di uno dei Vigili Urbani di guardia in loco, era per i bambini e dei bambini: almeno un tempo, ora non più.
Proseguendo, immettendosi nel viale degli uomini illustri (busti per l’ennesima volta restaurati), notansi bacchette di ferro senza nessun senso se non quello di creare, a detta degli installatori, il clima del giardino settecentesco: così la scala (ritrovata, affermano sempre costoro…è uno dei motivi dell’immissione di quattrini della UE che ha aggravato il costo…) la quale collega, attraverso un passaggio fra il suddetto viale, sotto la statua di Androne, al chiosco della musica, e un angolo pitturato in nero il quale non solo è stato già bruttato dalle scritte dei vandali, e preso inevitabilmente per orinatojo, ma –lo abbiamo fotografato, chiunque lo può verificare- dopo le prime piogge autunnali, nel tetto superiore (appena costruito…sarà fatto di cartongesso? Con il denaro speso…) proprio sotto la statua di Androne, è già comparsa una enorme macchia di acqua, che ha creato la muffa. Insomma, si vede che codesti ‘muratori’ non erano neppure degni di adoprare la cazzuola ed entrare in un tempio, se non hanno saputo fare ad arte i loro lavori… Li si cacci con ignominia dal novero degli apprendisti allora, e li si bruci fra le colonne (ideali), se pure la muffa spunta in costruzioni da poco ultimate!
Nel viale degli illustri, erano le panchine di bronzo pressofuso: sono sparite (dove son finite? Pensar male si fa peccato, ma si indovina…) sostituite da altre con struttura metallica e piani e spalliere in legno, il quale ci si augura –ma non si spera- che non marcisca presto, sì da essere sostituito con conseguente costo a carico della collettività. Opera invece da lodare è il ricollocamento, al fine del viale ed in cima alle scale di collegamento fra sopra ed il piazzale, della poliedrica meridiana solare del Sartorius e Peters, ottocentesca, contornata –questa la gradevole novità- da ordini circolari di marmo bianco, per creare effetti astronomici, e d’altro genere. Scendendo nel vialetto dietro il piazzale, il gruppo tristatuale con vasca in pietra lavica di Giulio Moschetti, tritoni su pesci, appare –ma è artatamente mascherato- rimaneggiato alquanto; ricordiamo benissimo che una delle teste dei putti laterali fu rubata circa cinque anni fa, ora pare questi ultimi siano stati rifatti completamente. L’occhio attento e mèmore lo può verificare. Mentre è da plaudire la scelta di collocare a N-O, in un piccolo spazio a prato verde (prima era, senza nome, nel viale degli uomini illustri) il busto marmoreo di Pietro Platania, insigne musicista e grande contrappuntista del XIX secolo, autore di musica sacra e dello Spartaco, pochissimo ricordato ed a cui la città dovrebbe più grata memoria serbare. La collinetta nord, ove un tempo era il chiosco cinese in legno (bruciato, da chi? Ce ne occupammo su queste pagine a suo tempo), che si dice debba esser ricostruito, è brulla e spoglia, nonché persino priva dei sedili in pietra che prima la ornavano. Inoltre, per il decoro comune come per la sicurezza dei Vigili, è in istato semplicemente vergognoso l’interno della garitta affacciata su piazza Roma, luogo di stazionamento dei VV.UU. di guardia e sede del centro telecamere: non è stata pitturata (esternamente sì!), ed i soffitti cadono letteralmente a pezzi… provare a vedere per credere (dopo tutti i milioni di euro spesi)…
Tornando infine al suddetto viale degli illustri, ivi è l’opera più evidente nella sua sconcezza (non abbiamo esitato a definirla una porcata, e qui lo si ribadisce), del cosiddetto restauro: laddove un enorme ‘buco’ circolare, ai dì nostri di bimbi, quel che era nel Settecento il labirinto di Biscari con le sue otto porticine, chiudeva in uno spazio curioso la volpe argentata, circondata da una ringhiera verde (e soprastata da una rete a maglie che impediva di cadervi sotto), essere che noi si osservava con misteriosa curiosità, noto anche per la sua puzza: ivi è nuovamente un buco circolare, nera ringhiera attorno, che racchiude… un cilindro in pietrisco il quale ha nella sua sommità una finta vasca, con acqua circolante in perpetuo, la quale ha attorno… degli uccelli finti, in ferro (o plastica), e neri, neri, neri… L’apoteosi della pacchianeria, del cattivo gusto e della oscenità estetica. Non arriviamo a rimpiangere le voliere che fino agli anni Sessanta (non ci sono più, erano tre) chiudevano in enormi gabbie canori uccelletti; neppure i pavoni che erano in libertà; anche se pensiamo con nostalgia, per averli veduti quasi in una magica ottica, alle scimmie che erano nella gabbia a sud sotto il piazzale (le rammentiamo coi deretani sempre rosseggianti, e avidi di caramelle; i più anziani precisano di "Gino d’’a Villa", un celebre primate), al pellicano triste che solo stazionava in altra gabbia vicina; alle paperelle, c’erano fino a tre anni fa uniche rimaste, della vasca in lava di piazza Roma; rimpiangiamo sì invece il vecchio elefante, dono del circo Togni, il quale era la gioja di tutti perché gettava in alto la paglia e spruzzava l’acqua, con la gloriosa proboscide. Questa era la Villa Bellini, il giardino dei catanesi, grandi e piccini: quando l’amministrazione comunale (vogliamo citarne i nomi? La Ferita, Papale, Micale, Marcoccio, gli assessori Filina Gemmellaro, Alfio Giuffrida, Italia Feltri, il povero Guarnaccia… veri amanti del bene pubblico, e della Villa in particolare) era autenticamente in sintonia colla città reale (non falsa e snaturata nella sua etincità e nel suo essere, come accade oggi), non lontana e tirannica; e quando i catanesi veraci –non ce ne sono quasi più, quelli che restano si accorgono di essere isolati- si interessavano, magari gridando, magari imponendosi còlla forza, ma per il bene collettivo; mentre oggi poco è il riscontro e bassa l’indignazione per aver avuto discerpato il cuore verde della Villa.
Il segno finale, utilissimo nella sua funzione ma significativo per il grado di percezione plastica del decadimento sociologico della società tutta, è la sorveglianza 24 ore su 24 che alla Villa è stata messa in rete, attraverso un circuito nutrito di telecamere di sorveglianza (la centrale operativa, guidata dai VV.UU., è nella guardiola di piazza Roma): ogni movimento di quel che accade all’interno del giardino è filmato e conservato (sarebbe bene sapere per quanto tempo, se si effettuano copie di backup dei video, se essi sono immessi in banche dati, e quali: su tali aspetti, non risulta esservi stata nessuna opera di trasparenza verso il pubblico). Molti han plaudito all’iniziativa, come deterrente per maniaci pedofili e guardoni: lo è certamente (anche se i due, uno o tre Vigili di sorveglianza, non hanno nel concreto la possibilità di intervenire de facto, ed a volte anche evitano, in casi di trasgressioni), ma si pensi a chi, e citiamo il Verga che in fine Ottocento andava alla Villa ad assistere ai concerti coll’amante del tempo, la Dina di Sordevolo: se fosse stato filmato, ed il video conservato per i decenni successivi, vi sarebbe mai andato? Ed il Biscari od i successori e le amanti, avrebbero mai gradito l’occhio onnipresente del ‘grande fratello’ in quel luogo di mistero per eccellenza, ove tra palme e fiori si rubavano i baci, con una innocenza ora perpetuamente violata? Tristemente, una delle scorse mattine, scorgevamo nel transitare in loco le oramai rarissime coppie di ragazzetti, intenti alle effusioni solite: non sanno, o se ne infischiano ed anzi magari ne godono, di essere perpetuamente filmati (magari fra trent’anni, se diverranno famosi, i loro video da adolescenti saranno ripescati per, chi sa, ricattarli od utilizzarli per immaginabili fini… forse il nostro è scenario fantasioso, ma nella società odierna non si può più essere certi delle limitazioni un tempo statuite…).
In fine, dopo la normale curiosità dei primi giorni, la Villa Bellini, lungi dal tornare ad essere, come pomposamente strombettavano i politici, il giardino di delizie dei catanesi, è entrata in pieno XXI secolo estinguendo la sua anima autentica. E’ uno "zombie", un morto vivente: un autentico ectoplasma incarnato. Non possiamo adesso dirlo ai nostri bimbi, ai piccoli, allorché ivi li facciam correre, ignari. Lo spiegheremo poi, quando saranno grandi, quel che han perduto, quel che in noi rimane: quel che (è un sogno? Forse, ma non si può impedire…) potrebbe tornare, come allora, nelle luci immòte dell’arcobaleno.
Bar.Sea.
Nelle foto: l'orrenda fontana con i cigni neri finti... nel luogo ove un tempo c'era la volpe argentata...ed il vano sottostante la statua di Androne, ove si immette la 'nuova' scala, col soffitto di cartongesso già invaso dalle infiltrazioni di acqua...(scattata il 20 ottobre 2010)!
(Pubblicato su Sicilia Sera n°334 del 5 dicembre 2010)
Mentre la Sicilia muore... la Regione langue

Il tempo è quasi scaduto per le riforme
Sicilia moribonda, e la Regione langue
Le intenzioni laudevoli del Presidente Lombardo si scontrano violentemente con il quadro disastroso della situazione descritto da Lo Bello leader di Confindustria Sicilia – Ora o mai più -
Da queste colonne, sin dalla fine del 2009 che vide la svolta del governo regionale presieduto da Raffaele Lombardo in senso riformista, prima emarginando vasti settori di quella maggioranza, il PDL, che l’aveva sostenuto alle elezioni del 2008, poi esautorandolo di fatto col governo ‘tecnico’ il quale, da settembre, ha il sostegno esplicito del centrosinistra (ossia PD ed alleati), abbiamo osservato, commentando con simpatia il percorso politico –ed anche personale- del Presidente. Anche perché egli è stato, e lo abbiamo constatato, il primo e l’unico a parlare, a rivendicare verbalmente sia il concetto storico politico dell’autonomìa dell’isola dallo stato centrale unitario (la cui indissolubilità nessuno, neppure Lombardo, ha mai messo in discussione: a differenza dei leghisti al nord…), sia la mentalità in certo senso unica dei siciliani i quali, dall’indotto al coltissimo, posseggono nel DNA il senso della propria identità nazionale sicula. Bisogna dargli atto, e la storia lo ricorderà, di codesto grande merito, di questa apertura mentale senza dubbio coraggiosa, che nessuno dei predecessori, nei 64 anni di Statuto speciale, ha mai avuto (egli stesso eccettua Silvio Milazzo, e l’esperimento breve e fallimentare del 1958 dell’USPS).
Questo è un dato di fatto. Purtroppo, è stato, lo scriviamo con tristezza dato che il tempo rappresentato dai grani della clessidra è giunto al fine, vano eloquio ancorché nobilissimo, non tradottosi in realtà tangibili. E che ciò sia, lo afferma senza mezzi termini la compagine imprenditoriale la quale, con sfumature varie, si era espressa in modo favorevole alla svolta riformista ed autonomistica di Raffaele Lombardo, ovvero Confindustria Sicilia. L’intervista infatti che il suo Presidente, Ivan Lo Bello, ha rilasciato al quotidiano del Direttore Mario Ciancio lo scorso 12 ottobre, è eloquente nel fotografare con drammatica evidenza, il disastro della economìa, e della classe politica al governo, siciliana, asseverando che si è affatto fuori da ogni logica di investimenti, assenti, nell’isola e che così continuando (per tutto il Sud Italia, aggiungiamo noi), è stabilito verso l’abisso il destino della Sicilia.
Tali i passaggi cruciali: "La situazione economica della nostra regione è drammatica. Certo non per responsabilità di questi ultimi due anni, ma per situazioni che vanno accumulandosi da tanto tempo, troppo tempo. Oggi, purtroppo, siamo arrivati ad un punto di non ritorno e non è più possibile perdere tempo e nemmeno prendere tempo. Bisogna fare scelte precise, con coraggio, con lucidità e con chiarezza. Ma ora…C'è il crollo delle entrate fiscali, che rappresentano sino ad oggi il 65% dei bilancio della Regione, cui dovremo sommare l'anno prossimo anche la decurtazione dei trasferimenti di risorse per effetto della Finanziaria di Tremonti. Si tratta di un combinato che può avere per la Sicilia effetti letali, è sotto gli occhi di tutti, così come è chiaro che per fronteggiare l'emergenza non basta il blocco della spesa. Oggi per evitare di finire nel precipizio, bisogna agire con maggiore determinazione per puntare a risanare il bilancio, cominciando ad eliminare le tante spese legate ancora ad un sistema parassitario, a snellire quella rete clientelare che continua a costare ai siciliani un occhio della testa…un Pil negativo, da cui con questa situazione politica, e con le incertezze che si stanno evidenziando, difficilmente si riuscirà a riprendersi senza un'azione forte, perché saremo a lungo ancora con questa crisi alle prese con consumi in calo e, soprattutto, investimenti inesistenti…Sapete che che cosa sta accadendo in Europa? Che ci sono rappresentanti di grandi imprese che vanno in giro, cercano nei vari paesi le migliori condizioni per capire se conviene investire lì o altrove. E i paesi e le Regioni fanno ponti d'oro per cercare di attrarre gli investitori. Dalla Sicilia stanno scappando, è la triste e dura verità….si decida una volta per tutte. Si dica sì a questo, no a quello, definitivamente. Perché per gli investitori la situazione più stressante, che li fa scappare alla fine via, è quella dell'incertezza. E parliamo di investimenti pubblici e privati".
E’ un q uadro impietoso, desolante, drammatico: di chi vede la ‘crozza’ appunto sopra il ferro del cannone: è questa la Sicilia del nostro futuro, dei nostri figli, dopo tante illusioni perdute? Pare proprio di sì. Gli investitori stranieri non solo scappano, come dice Lo Bello, per le assurdità della burocrazia regionale e per il dichiarato fallimento di essa –come si è letto dalle affermazioni dell’Assessore Armao, che ha negoziato il prestito per le spese correnti, e certamente ciò non prevede idee di sviluppo, poiché chi deve limitarsi a reperire il ‘pane quotidiano’ non ha la possibilità di progettare una crescita sociale collettiva- ma cercano, e trovano, mercati favorevoli. E’ delle settimane scorse l’affitto (quasi una vendita) ultratrentennale del porto industriale del Pireo in Atene al governo cinese, che ivi importerà (i traffici merci dalla Cina sono per l’ottanta per cento via mare) le mercanzie ivi, quindi attraverso le efficienti reti ferroviarie balcaniche, distribuirle in Europa. E qui ancor si discetta, ma la casa automobilistica smentisce, di eventuale acquisto dello stabilimento quasi ex Fiat di Termini, da parte di Toyota Mentre le piccole realtà imprenditoriali (esempio il tessile, fallimento dell’impresa camiciaria Castello ubicata a Brolo, acquisita con diversa strategìa da Spatafora, anch’essa in crisi) languono e se non fossero agganciate a piccoli e grandi potentati politici, sarebbero strangolate, il governo regionale deve negare i fondi a 140 comuni che rischiano il dissesto finanziario; mentre è quasi inverno, e si spera nell’ajuto della Madonna Odigitria protettrice della Sicilia, perché a Giampilieri (ed in altre simili realtà), poiché nulla o quasi è stato messo in sicurezza, non crolli ex novo la montagna di fango, seppellendo vite innocenti la cui sola ‘colpa’ è quella di essere atavicamente legate alla terra nativa. Sia chiaro, le responsabilità sono decennali e di tutti: anche e soprattutto di quel centrodestra , o PDL, che oggi guerreggia con Lombardo per puri scopi di potere, infischiandosene del bene comune, o fondando partitelli specchio per le allodole (vedi Forza Sud di Micciché, il cui comportamento è meglio non definire…); mentre da parte dei maggiorenti del PD, v’ha l’aire di un clima da caduta degli dèi laddove sino all’ultimo giorno, si rimane per motivi oscuri, ma a molti noti, bellamente incollati alla poltrona. Ed il clientelismo da parte dei sindacati, delle corporazioni, dei raccomandati dai politici, impera sovrano, con l’illegalità evidentissima, il commercio dilagante degli stupefacenti, il mercato nero, che è ben più grave di quel "ribellatevi al male" che un Pontefice come Benedetto XVI, evidentemente disinformato dai medesimi Vescovi di Sicilia, ha avuto la tristezza di predicare settimane fa, nella sua visita in Palermo. Egli non sa che è ben difficile vivere onestamente in Sicilia, e che il suo invito alla ribellione, sovente vuol dire morire (sia moralmente che, a volte, pure fisicamente). Avrebbe fatto meglio, lo scriviamo col massimo rispetto per la sacra pantofola dell’Altare di Pietro, a predicare un brano delle virtù francescane o, meglio ancora, dei Benedettini che tanto egli ama.
Non è necessario citare la sociologìa di Alberoni su innamoramento e amore, per constatare che ove la fiamma del sentimento, ed è così per l’autonomismo sicilianista di Raffaele Lombardo, non sia ravvivata da atti concreti, spengesi inevitabilmente nella trista polvere del tempo. Il chiasso dei peones e di coloro che fan parte della corte, non servono in questi casi che a sanzionare il fallimento. Lo si ribadisce: Raffaele Lombardo è uomo di coraggio, ma il tempo è pressoché finito: o si sceglie ora, con gesti impositivi che non possono più essere quelli finora registrati (sanità e gestione rifiuti han generato apprezzamenti ma anche vasti malumori), bensì di rilevanza concreta (esempio: abolizione d’autorità di tutti i passaggi burocratici per gli investimenti delle imprese di qualsivoglia importanza in Sicilia, detassazione assoluta degli utili per i primi tre anni dall’investimento, come accadde nella Romania post comunista; e per i cittadini comuni, riappropriazione delle accise petrolifere delle grandi compagnie sulla Benzina, e redistribuzione di quei 30 miliardi di euro l’anno, di cui lo stesso Lombardo in una non lontana intervista a La7 disse di non voler pretendere la restituzione dallo Stato, e la pretenda ora, ai cittadini medesimi, attraverso bonus benzina agevolati a tutti i residenti in Sicilia) e rivoluzionari. Altrimenti, sarà come una bella e non dimenticata melodia napoletana (a volte la canzone classica ajuta a capire più di mille discorsi) cantata da Sergio Bruni e presentata al Festival di Piedigrotta del 1964, "Sì turnata": "sì tu, sì tu, ccò è stisse capìlle, ccò è stisse buscìe, ssì ttu, si tu: \ sì turnata, nun mmè vasà, dàmmece ‘a mano, facimme finta, còmme si fosse mò, ca ‘nce ‘ncuntrasse". E se Heidegger ammoniva qualche decennio fa che "ormai solo un dio ci può salvare", a noi non resta che laicamente fidare in quella Natura onnigena la quale, in tante epoche, ha purificato l’aria dalle mefitiche essenze, ridonando dopo molte e reiterate sofferenze, l’azzurra Luce.
Francesco Giordano
giovedì 11 novembre 2010
La Destra a Taormina, tra Berlusconi, Storace, e... quel che resta di una certa idea

A Taormina la festa nazionale del movimento storaciano
Quella certa idea di Destra, che circola in Italia…
Coronata dall’intervento di Berlusconi, la manifestazione è stata specchio di intendimenti
e lettura di realtà per il piccolo movimento – Prossima presenza in Parlamento -
Si è svolta nelle settimane scorse, entro la bella e scenografica cornice della cittadina turistica di Taormina, la festa nazionale de "La Destra", il partito politico nato dalla scissione, nel 2007, della allora Alleanza Nazionale, capeggiato da Francesco Storace già Ministro della Sanità e Presidente della Regione Lazio, Teodoro Buiontempo e Nello Musumeci, tutti ex deputati nazionali o europei. Abbiamo partecipato alla tre giorni di manifestazioni, intorno alla metà di settembre, per alcune ragioni: la vicinanza geografica, la bellezza del luogo e la volontà di render contezza, a noi ed al lettore, su quella certa idea di ‘destra’ italiana, che ancor circola, nel confusionario e magmatico panorama politico nazionale. La presenza centrale, sabato pomeriggio del 18 settembre, alle assise del piccolo movimento (il quale nelle elezioni nazionali del 2008, in base alla legge sullo ‘sbarramento’ del 5%, non ha superato tale limite e non ha rappresentanti in Parlamento), del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ha conferito alla manifestazione importanza che altrimenti sarebbe stata confinata a dibattiti interni, interessanti solo i simpatizzanti e gli addetti ai lavori. Vero è che, nel suo discorso al palazzo dei Congressi, in una Taormina assolutamente blindata (i disagi per i turisti, a cui dopo un certo orario è stato impedito di circolare e persino di immettersi per porta Catania, a causa delle auto blu della imponente scorta del Premier), ove le misure di sicurezza, per noi che abbiamo avuto accesso al luogo della riunione, sono state più apparenti che reali (nessuno, tanto per fornire esempio concreto di come sia diversa la propaganda dalla TV alla realtà, sia tra i giornalisti che fra i simpatizzanti de La Destra all’interno del Palacongressi, è stato perquisito, né vi erano mezzi e uomini per farlo, sicché se qualcuno, come è già accaduto, avesse voluto attentare alla vita del Presidente, sarebbe senza dubbio stato immediatamente arrestato, ma avrebbe potuto raggiungere il proprio delittuoso scopo…), Berlusconi ha ricantilenato le trite e stratrite autolodi del proprio governo, oramai usuale ritornello, e nessun accenno ha neppure ventilato al fatto che egli si sia trovato in una terra, la Sicilia, densa di innumerevoli problemi di vario genere (sicché il luogo, Taormina o Cortina d’Ampezzo, nella sua visione poteva essere intercambiabile); vero è altresì che unico accenno al frangente particolare è stato il fatto di aver promesso, indirettamente e con una ellissi di termini, la poltrona di parlamentare (e di essere ivi "per un dovere e per riparare ad un torto", quel "veto" che il tanto vituperato Presidente della Camera Fini impose nel 2008 alla candidatura nel PDL dei vertici de La Destra) a Storace, Buontempo ed a Nello Musumeci (di cui, studiatamente, ha vezzeggiato l’oratoria…), nella cornice di una festa, appellata dagli organizzatori "Italia in Movimento", svoltasi fra la Villa comunale ed appunto il palacongressi, ove abbondarono il verbosismo dialettico, e concentrazioni di evidente sentore pre elettorale. Dappoiché, tale era anche in quel contesto l’impressione oramai diffusa sebbene i politicanti si affrettino a smentirla, nonostante le presenze anche di governo e strategicamente studiate (in quel contesto, ma a margine di esso, mentre dava del "violento" a La Russa, l’ineffabile Sottosegretario con delega al CIPE Gianfranco Micciché, di cui il lettore è pregato di rammentare la frequentazione, giovanile ed adulta, pur per soli fini
personali quindi non certo un reato, con l’uso di droghe, annunciava la nascita del fantasmagorico ‘partito del popolo siciliano’, legato a Berlusconi ma anche, e vedremo che cosa sarà, interessato ad un certo allucinogeno Sud, di cui egli narra dalle pagine del suo blog…) si avvicina la scadenza elettorale per il Parlamento nazionale prima del suo termine naturale –alcuni affermano anche di quello regionale siciliano- , pertanto gli interventi, in appositi dibattiti ai quali, beninteso, intervennero non oltre una cinquantina di persone, tutte facenti parte del ‘giro interno’ della militanza politica de La Destra sicula e nazionale, dibattiti animati da note ed a volte sfinite voci della politica locale, da Enzo Trantino ad Enzo Bianco, da Burtone a Lino Lenza, pure coadiuvati dal presidente siculo di Confindustra Lo Bello ed a quello della Camera di Commercio catanese Agen (la cui presenza ivi ci pàrse più rappresentativa che altro), lasciarono il tempo che trovarono, cicalandosi addosso in un concione che in altri tempi si sarebbe definito, con espressione tratta da un celebre romanzo vittoriano, ‘la fiera delle vanità’.
Per quel che concerne l’aspetto estetico, se così può definirsi, della manifestazione, che vedemmo sia in fieri che in progressione, constò di alcuni, pochi, gazebo di carattere dimostrativo: e se brillò per presenze quello gastronomico di un noto punto di ristoro catanese, i cui arancini consolarono di molto taluni, altri s’evidenziarono per l’assoluta loro inanità e pochezza, eccettuato il narcisismo: la piccolissima esposizione libraria metteva infatti in bella mostra il libro del ras locale, mentre del tanto –a parole, non certo nei fatti- compianto Giorgio Almirante, a cui i capi de La Destra affermano di ricondurre il proprio cammino politico, era presente un volume-intervista alla sua seconda moglie, la tanto nota ‘vedova’ detta donna Assunta, quasi celebrata in cartapecora come icona vivente di un uomo, il quale chi lo conobbe e udì non ebbe, per sua fortuna, mai bisogno di interpreti, men che meno di donne per cotal ruolo. Purtroppo in questo contesto non possiamo esimerci da una certa memoria storica, provenendo –chi scrive- da area missina, come un tempo era uso dirsi, in epoca appunto almirantiana: e dobbiamo affermare pertanto la distanza siderale di cotal piccolo movimento (seppure dato, dai molto discutibili sondaggi, in crescita dall’uno al due e mezzo per cento su scala nazionale) dal quel che fu l’MSI di quel tempo. Con moti di tenerezza infatti incontrammo al palacongressi, presente all’ascolto di Berlusconi, l’anziano Benito Paolone, già fra i capi storici del partito a Catania, da tempo fuori dall’agone della militanza, che tanto più rammenta un’epoca, quanto oggi il suo disconoscimento. Certo non vedemmo l’altra, forse più grande, figura del Movimento Sociale etneo ed isolano, quel Vito Cusimano di Camporotondo, la cui passione rara rimane nel ricordo indelebile, accanto all’Almirante che nelle sicule piazze arringava la folla con irripetbile verve, mentre al chiuso delle riunioni ci appellava ‘camerati’ e senza tentennamenti s’alzava la mano nel saluto romano; Almirante che nella "Autobiografia di un fucilatore", libro culto per una generazione (ovviamente ignoto a La Destra, nel luogo taorminese) scriveva: "non sono mai stato disponibile e non lo sarò mai, qualunque cosa accada e mi accada, per coniugare il verbo rinnegare" (pag.139). Si badi che i quel frangente parlava Almirante delle proprie responsabilità politiche nella RSI, pur predicando, si era negli anni Settanta, la pacificazione nazionale e la concordia di là, egli lo ripeté sempre, delle fruste categorie di destra-sinistra identificate a torto come fascismo-antifascismo. Tutto finito nel dimenticatojo, purtroppo per loro, da parte dei capataz de La Destra (tranne alcuni pur timidi accenni di Teodoro Buontempo, l’unico che serba una certa sincerità ideale nella vita privata ed in quella pubblica, le fondamentali filiere ove si scevera l’uomo, o la donna, di carattere e di spirito, di concezione assoluta…), un movimento politico che ha nella indubbia sincerità dei militanti e delle militanti (molti erano in camicia nera… quasi nostalgici di un passato che, se è logico non potrà più esservi, appare indegno, almeno quello missino, scancellare ex abrupto, magari inveendo contro coloro che almeno più coerentemente e senza ipocrisie, svolsero la medesima operazione) il suo forse unico punto di forza, e nella chiara visione a-fascista dei suoi leader tracciato il proprio cammino. L’inneggiare quasi come fosse un ‘messìa laico’ a Silvio Berlusconi –il quale per il vero, non lo incontravamo da vicino da qualche anno, è sempre più somigliante ai suoi personaggi televisivi- spiega molto più di dottrine elucubrate, la assoluta sete di potere di codesti uomini, la loro avidità di denaro mascherata dietro il desiderio di rappresentare quel che nei fatti, nella loro attività pubblica come in quella privata, smentiscono ogni dì, ossia ciò che colui il quale fu assolutamente vietato sia nominare che in ogni modo ricordare, ovvero Benito Mussolini fondatore del Fascismo e Duce d’Italia (nonché, in virtù della verità storica, beneficatore della Patria come responsabile della sua disfatta nella disastrosa e mai dimenticata seconda guerra mondiale… di cui invero pagò di persona còlla vita, sua e della famiglia, il prezzo) , ribadiva sovente"andare verso il popolo". E’ questo popolo italiano, che era presenza tangibile e palpabile nel MSI di Almirante, vanìto nei fatti ed anche nelle parole de La Destra; è la "concezione religiosa, in cui l’uomo è veduto nel suo immanente rapporto con una legge superiore, con una Volontà obiettiva che trascende l’individuo particolare e lo eleva a membro consapevole di una società spirituale" (voce Fascismo, idee fondamentali, par.5), che mòstrasi del tutto assente in costoro; è l’idea che "tutto sarà nello Stato e niente fuori dello Stato, perché oggi non si concepisce un individuo fuori dello Stato se non sia l’individuo selvaggio che non può rivendicare per sé che la solitudine e la sabbia del deserto" (Mussolini Discorsi, 1928 vol.6 pag.173); a codeste concezioni si è sostituito, ed è una scelta legittima dal loro punto di vista, fors’anche comprensibile nella visione dei "ludi politicanti" del XXI secolo, il ‘verbo’ berlusconiano, il quale ha comunque il merito di affermare "una visione religiosa della Libertà" (parole del Presidente a Taormina), definizione echeggiante certi aspetti latomistici di cui ultimamente si disvelano i contorni attuali, riferiti al capo del governo ed a suoi presunti amici fraterni (del che nulla s’ha pertanto a lui da rimproverare, anzi… mentre in certi ambienti detti ‘di destra’ queste amicizie sono duramente contestate e violentemente avversate…), nonché una interpretazione della vita più simile a quella dei personaggi del Satyricon di Petronio, che alle alte idealità di Julius Evola, altro filosofo dell’idea imperiale della Nazione, evidentemente sconosciuto o dimenticato nell’ambiente de "la Destra". Insomma uno dei tanti partitelli che ha perduto, laddove mai avesse avuto intenzione di averla, prima del suo sorgere la propria identità, il quale finalmente ha trovato un ‘ducetto’ ed una sponda. Nulla di grave, è la politica italiana d’oggidì. E di tutti i tempi, forse: così nel ‘Dizionario antiballistico’ di Pitigrilli, si riporta il pensiero del grande Helvétius: "Gli uomini non sono affatto cattivi, ma sottomessi ai loro interessi: gli strilli dei moralisti non cambieranno mai questa molla dell’universo morale".
Bar.Sea.
(Pubblicato su Sicilia Sera n°333 del 3 novembre 2010)
La Regione Siciliana attui un rapido programma per il lavoro

Una soluzione al passo con i tempi
Piano regionale per risolvere il dramma del lavoro in Sicilia
Il governo Lombardo attui tempestivamente le attività necessarie di sorveglianza e supervisione
al fine di ‘obbligare’ i privati ad assorbire i disoccupati- Etica contro clientelismo -
Qualche settimana fa, andando a trovare una tipica famiglia della ‘middle class’ americana –il padre in sedia a rotelle e disoccupato, la madre tornata per necessità a lavorare, i figli adolescenti-, il Presidente degli USA Barack Obama, nel giardino della casa che lo ospitava, ha scandito innanzi ai microfoni una tremenda verità, che in genere (particolarmente in Italia, men che meno in Sicilia) i politici d’Europa stentano ad ammettere, o negano: "vivere alla Casa Bianca è come stare dentro una bolla di sapone, non si riesce a comprendere i veri problemi della gente". Qualcuno potrà pensare che tali affermazioni son frutto della propaganda per le imminenti elezioni di ‘midtime’, epperò scattano una veritiera istantanea della situazione di lontananza siderale fra il politico (il Presidente americano è la massima espressione del ruolo) e la gente. E’ un grave problema, il quale tuttavolta nel mondo anglosassone è meglio sentito con desiderio di affrontarlo: lo sanno bene in Gran Bretagna, ove da anni l’attuale Premier ha scelto, pur scortato similarmente, di recarsi quotidianamente al lavoro in bicicletta, onde porgere un segnale visibile della propria presenza tra il suo popolo. Da noi, è emblematico –come si è notato in questa estate di veleni e polemiche, infine stigmatizzate dal Presidente della Repubblica nella dichiarazione del 14 settembre a Salerno- come la grande garanzia di democraticità della Costituzione del 1948 e la conseguente eguaglianza sancita dalla carta, siano col passare dei decenni (anche e forse soprattutto in virtù delle ultime riforme della legge elettorale che hanno scisso definitivamente l’elettore dall’eletto, ormai nominato dai partiti) disgregatesi nella formazione di una élite, detta anche da qualche interessato la casta, per cui sin dagli anni Ottanta politici illuminati (da Enrico Berlinguer a Giorgio Almirante, senza dimenticare la lezione ed il sacrificio di Aldo Moro e la dirittura di Amintore Fanfani) han messo in chiaro la cosiddetta "questione morale".
La quale, e nel nostro meridione e in Sicilia precipuamente, si riduce ad un solo grande, immenso dilemma: il problema del lavoro. Assistiamo infatti, dal cambiamento della maggioranza avvenuto a dicembre 2009 da parte del governo regionale, ad una volontà da parte dell’esecutivo guidato da Raffaele Lombardo di avviare una concreta attività riformista: osteggiata, grandemente combattuta anche con armi di infamia e di cattiveria senza pari, da parte degli ex alleati (del PDL). Prescindendo da quel che è il risultato delle trattative e del nuovo governo di queste settimane, possiamo affermare che riuscita nelle linee essenziali appare la riforma del risparmio nella Sanità siciliana, avviata dall’Assessore Russo; mentre per le modifiche nel settore rifiuti, dovremo attendere ancora qualche tempo. IL Presidente Lombardo, in numerose sue interviste nonché in interventi spontanei sul suo blog, ove tra l’altro è a volte accusato di tacciare di "questuanti" coloro che, come ad ogni importante uomo politico, gli si rivolgono per chiedere aiuti (sarebbe utile a questo riguardo che si spiegasse che fa bene il Presidente a tacciare in tal guisa coloro che hanno già un reddito, e pretendono di essere agevolati: a fronte non solo di un principio di eguaglianza che egli intende promuovere, ma anche, e crediamo sia nel suo pensiero, di molti altri che non dispongono di nessun cespite che non sia la buona volontà e l’onestà per mettersi a lavorare al servizio della propria famiglia, e della comunità siciliana), ha spesso negli ultimi tempi stigmatizzato il grave problema del lavoro, precisando che da parte della Regione si devono attuare tutti gli strumenti per fare in modo che il rinnovato flusso di emigranti, specie giovani e qualificati, dalla Sicilia verso il nord e l’estero, sia non solo interrotto ma invertito. Come alla fine dell’Ottocento infatti, nei versi di Mario Rapisardi: "Eppure essi abbandonano il natio paradiso, \ il ciel chiaro, i pescosi lidi, la terra antica \ dell’aurea libertà, \ perché tu, cielo azzurro, non hai per loro un riso, \ perché voi, pingui campi, non crescete una spica, \ per chi il sudor vi dà" (in Emigranti, dalla raccolta "Giustizia").
Dalla svolta del suo governo, da parte nostra abbiamo deciso di dare credito all’uomo Lombardo ed alle sue scelte. Ma è ora il tempo di imprimere una volontà decisionista massiccia, imponente, al fine di scavare non solamente un solco con le inveterate, spesso incancrenite, abitudini del passato, ma anche di lasciare il segno per il futuro, con atti concreti e non chiacchiere. E se per un verso, sempre udendo le affermazioni di Raffaele Lombardo, la Regione non può più fare assunzioni (così i comuni e le altre P.A.), venendo meno a quella funzione di ammortizzatore sociale che per decenni ha assolto, appare indispensabile –nella inderogabile e decisiva riforma della mastodontica burocrazia regionale- che essa si impegni con i privati e con gli enti partecipati, in quello che intendiamo come un grande piano regionale per il Lavoro, il quale sia strutturato almeno per il prossimo decennio, con i partiti della coalizione che sostengono il governo regionale, il quale abbia la forza etica (laddove codesta alberga nel cuore di chi è preposto al timone del governo: l’Etica di Aristotile e del Voltaire, la cui Legge è nel cuore, il cui Dio è nei cieli), da parte dell’ente pubblico regione Sicilia, di ‘imporre’ ai privati la assunzione di personale, nelle varie specialità del settore. Ci spieghiamo meglio, in breve.
Il deputato regionale del PD Nino Di Guardo, la cui trasparenza politica ci pare al di sopra delle parti, ha in una recente intervista rammentato, come poco prima aveva detto il medesimo Presidente Lombardo (mentre non notammo lo stesso fervore né nei deputati regionali del PDL, né nella UDC, sensibilità al problema espressero i deputati detti ‘finiani’ ed alcune frange degli storaciani de La Destra, da non confondere con AS di N.Musumeci), dei 40 mila lavoratori dell’edilizia che i fondi FAS, allorché e se arriveranno, potranno finanziare attraverso l’apertura di molti cantieri, nell’isola. Precisando che l’elenco di cotali lavoratori, trasmesso dalla Regione attraverso i centri per l’impiego delle città provinciali ai Comuni, è in questi ultimi, almeno in alcuni, arenatosi fra le spire della burocrazia ovvero nelle fanghiglie degli amministratori locali che per pura nemicizia verso Raffaele Lombardo, ma danneggiando molti poveri cristi, hanno intenzione di soffocare tale proposito concreto (così ci risulta da informazioni assunte, in particolare a Messina), è bene aggiungere che non tutti i disoccupati in Sicilia, aventi diritto ed in cerca di un impiego, sono carpentieri, muratori od edili, né intendono diventarlo. Occorre quindi una visione d’insieme che esca dalle logiche del corporativismo oramai frusto, e veda complessivamente il problema. Sempre in una intervista di fine agosto, dal Presidente Lombardo abbiamo saputo che i suoi due figli sono in Roma, uno iscritto alla LUISS e l’altro medico: ove accada che tornino a dedicarsi ad attività lavorative nella regione nativa, saranno senza dubbio di esempio ai molti coetanei che desiderano impegnarsi per il riscatto etico della propria Patria sicula. Concretamente: mentre vediamo il Presidente con giustezza, giorni fa, inaugurare una nuova tratta della Ferrovia Circumetnea, che è ente partecipato dalla Regione ma di nomina governativa, rammentiamo che mesi fa nella trasmissione Report fu sollevato il caso delle nomine con determina del Commissario della FCE Tafuri, senza alcuna graduatoria né concorso, di personale in quell’ente: il Presidente Lombardo se ne adontò, ma poi la realtà del silenzio tornava a prevalere. Emblematico il caso dell’Aeroporto di Comiso (ove ci risulta Amministrtatore Delegato Pietro Ivan Maravigna, già per molti anni consigliere comunale di Catania nonché alto dirigente della Polizia, persona nota per le sue battaglie in difesa dei diritti umani): quali criteri, ora che la vertenza per il suo sviluppo è stata sbloccata, la Regione intende adottare per eventualmente verificare con trasparenza, in un ruolo che non può essere che di supervisione, sulle assunzioni del personale in base a principii di trasparenza, di credibilità pubblica e di assoluta correttezza, lasciando alle spalle il clientelismo e l’anticostituzionale scelta degli "amici degli amici", a cui i principii e la volontà del Presidente Lombardo si oppongono, negli ultimi tempi, con invidiabile fermezza? Medesimamente la riforma del Consorzio Autostrade di Sicilia dovrà avere un similare sviluppo; così come dopo la soluzione della vendita della Tirrenia ai privati ("La flotta che fu dei Florio, e che dovrà tornare nella sua sede centrale a Palermo", ha precisato con giusta enfasi storica Lombardo), intende la Regione Siciliana, in virtù della sua quota di proprietà, intervenire per fare adottare agli investitori privati dei criteri di scelta del personale, di là dagli schemi del clientelismo e del politicume? Proprio per queste ragioni, come tutti sanno, i giovani qualificati –e che non hanno ‘sostegni’ ed amicizie nel mondo della politica- scelgono di emigrare fuori dalla propria terra, dove viene gradito il talento più che la cosiddetta ‘segnalazione’.
Il piano regionale strutturato per il Lavoro che intendiamo, dovrebbe articolarsi verso l’agricoltura, ove alle aziende private attraverso i centri regionali per l’impiego verrebbero sottoposti degli elenchi di lavoratori da cui attingere; nel settore dei Beni Culturali e del Turismo, ove innanzi alla sovrabbondante ricchezza di monumenti laici e religiosi, la più gran parte chiusi od in stato di abbandono e misconosciuti (quelli religiosi non sono della Chiesa, molti, ma del Fondo edifici di Culto del Ministero dell’Interno: con la cessione in atto di molti beni dallo Stato alla Regione, si intravvede una soluzione), sarebbe indispensabile –anche attraverso le Soprintendenze- che la Regione provvedesse all’espletamento, passando per la filiera degli enti privati constatati i problemi finanziari, e dopo che la medesima Regione avrà ‘subappaltato’ i monumenti agli investitori che li gestiranno, di un onesto elenco di lavoratori disponibili (da reclutarsi, dopo la modifica mentale necessaria… bisognerebbe infatti spiegare ai precari della scuola che è meglio avere cinquecento euro quale custode di una vecchia chiesa, che milleduecento euro da maestra in una scuola statale che è praticamente fallita, e non li potrà mai più assumere!) a custodire, ed i più preparati ad illustrare, tali beni architettonici. Questo già avviene in molti luoghi, attraverso cooperative private (magari in silenzio finanziate dagli enti pubblici): sono i criteri del reclutamento, che vanno del tutto ridisegnati, come sa una comune cittadina che, chiedendo se può lavorare in quel settore, oggi si vede cacciare in malo modo se non è ‘segnalata’ dal politico di turno o, alla meglio, le è offerto un lavoro gratis, senza ricompensa.
Questa è la realtà, che i nostri politici regionali sanno bene, anche se alcuni fingono di ignorarla. In Gran Bretagna (ah perfida Albione di un tempo, come sei ancor maestra di Civiltà e di Luce dai Tre punti dell’Etica sublime!) nei recenti giorni della crisi finanziaria, le aziende sostituiscono i fiori veri con quelli finti, la tovaglia di stoffa con quella di carta: il risparmio (da noi usa dire razionalizzazione) è per tutti, dal dirigente all’usciere: ed i prezzi al consumo diminuiscono. Qui è all’incontrario, e chi si azzarda a tentare tale manovra, è quasi linciato. Pure, occorre insistere. Gutta cavat lapidem, è assioma autentico ed alfine foriero di intemerata giustizia.
Bar.Sea.
(pubblicato su Sicilia Sera n°333 del 3 novembre 2010)
venerdì 15 ottobre 2010
Premiazione concorso letterario premio Antonio Corsaro

Premiazione concorso letterario premio Antonio Corsaro
Con il Patrocinio dell'A.I.C.S.Comitato Provinciale di Catania Settore Cultura
L'Associazione Akkuaria promuove il
PREMIO ANTONIO CORSARO 2010
La cerimonia di premiazione si svolgerà sabato 6 novembre c.a. ore 11 presso l'Aula Magna dell'Orto Botanico
in via Via A. Longo, 19 Catania.
Parleranno della figura di Antonio Corsaro:
Vera Ambra, Presidente Associazione Akkuaria
Francesco Giordano, giornalista
Nino Amico, operatore culturale
Cremazione: ora in Sicilia è legge

Importante provvedimento approvato dall’ARS
La cremazione ora è legge in Sicilia
Disponibili 500 mila Euro per la costruzione di impianti di incinerazione – Il governo
regionale sceglie la strada del progresso, valorizzando la scelta cremazionista -
Finalmente anche la nostra Regione Sicilia ha una legge che disciplina la cremazione dei cadaveri, adeguandosi così alla normativa nazionale. E’ infatti dal DPR 285 del 1990 (Presidente Cossiga) che lo Stato disciplina le norme secondo cui il cittadino che intende scegliere la cremazione delle proprie spoglie mortali, invece che la classica tumulazione, può avvalersi di impianti a regola d’arte quali i crematori pubblici, nonché lasciare la volontà che i parenti od i collaterali discendenti possano disporre come meglio si vuole dei resti. E’ una scelta di civiltà, di progresso e di antica tradizione, la quale ha da circa un centennio nell’Italia del nord retroterra adeguato ed ampio consenso. La Toscana in particolare ha da molti anni regolamentato, anche prima delle disposizioni nazionali, la scelta della incinerazione non solamente utilissima dal punto di vista igienico, ma anche altamente etica e dignitosa del rispetto della persona. Seppure con un ritardo di vent’anni, l’Assemblea Regionale Siciliana nella seduta finale di chiusura estiva, il 5 agosto, su proposta del deputato del PD e già Sindaco di Misterbianco Nino Di Guardo, concordemente ed all’unanimità, ha approvato la legge 468 “Disposizioni in materia di cremazione delle salme e della conservazione, affidamento e/o dispersione delle ceneri”. E’ un provvedimento importante che supera le divisioni normali fra schieramenti politici (dònde la giusta soddisfazione del promotore) e che il Presidente Lombardo e l’Assessore alla Sanità Russo hanno fortemente voluto e varato, con uno stanziamento di cinquecento mila Euro. Prima di esaminarlo in dettaglio, ci si consenta una precisazione: la mentalità sicula deve cambiare e rimodernarsi nel solco della Tradizione anche in questo, ovvero riprendere l’antichissima usanza della incinerazione dei cadaveri degli antenati, onorando i Mani (si pensi a tutte le grandiose scene dell’Iliade e dell’Odissèa, per non citare Pindemonte con i suoi Sepolcri, artatamente imitati dal pur notevole poema del Foscolo), la quale nella Sicilia ellenica e punica –sia sufficiente, per chi non vi è ancor stato, una visita ai Musei archeologici di Siracusa, di Mozia e di Camarina: ivi le urne\anfore ove generazioni di morti si serbavano, sono esposte e si spiega che si tenevano in casa, esattamente come la legge oggi prevede- era ampiamente diffusa, prima che con l’avvento del Cristianesimo ed una pur non inaccettabile interpretazione della conservazione dei cadaveri in vista della resurrezione dei corpi e delle anime come invocato dalla dottrina cristiana, quasi imponesse la sepoltura mediante inumazione (era già pratica egiziana invero, di millenni precedente la predicazione di Gesù, ma per altre ragioni). Per fortuna anche la Chiesa Cattolica, mentre nel passato, e non senza ragione, bollava la cremazione quale segno tangibile della ribellione al suo magistero (nell’Italia post risorgimentale era vero, e furono molti che scelsero di farsi cremare in opposizione, larvata od aperta, ai dogmi della fede: uno di costoro fu il grande scrittore Luigi Pirandello), e vi era tutta una corrente di pensiero che invocava la cremazione quale scelta di libertà a fronte di un certo oscurantismo clericale (visione in parte estrema, non sopita neppure oggi, specie nelle Americhe), dall’avvento del mirifico Papa Giovanni XXIII ha compreso l’inanità del bando alla cremazione, il cui veto è infatti caduto con i documenti del Concilio Vaticano II, nel 1963; per cui l’attuale Catechismo recita che “la Chiesa non si oppone alla cremazione”, purché essa non sia manifestazione di rifiuto nella credenza della resurrezione. E’ quindi da eradicare il luogo comune della persistenza fisica del corpo dopo che l’anima, o pnéuma secondo la corretta dizione greca (nonché gnostica, filosofica) lo ha tristemente abbandonato. Quel che era non sarà mai più, secondo la interpretazione leopardiana: quel che era, tornerà nella Luce del Risorto, secondo chi ha od anela alla fede dei padri.
La Legge regionale, in dieci articoli, è pertanto fondamentale sin nei suoi assunti: “1. La Regione, ai sensi degli articoli 2 e 19 della Costituzione, sostiene il diritto di ciascun individuo di disporre delle proprie spoglie mortali. 2. La presente legge disciplina la cremazione, la conservazione delle ceneri derivanti dalla cremazione dei defunti, l'affidamento delle medesime e la loro dispersione, nel rispetto dei principi sanciti dalla normativa statale e secondo le modalità stabilite dalla medesima.
3. La Regione valorizza la scelta della cremazione per ragioni igienico-sanitarie e in quanto
pratica funeraria di minor impatto sull'ambiente, salvaguardando la dignità di ogni persona, la sua
libertà di scelta, le sue convinzioni religiose e culturali, il suo diritto a una corretta e adeguata
informazione. 4. La Regione garantisce, attraverso una adeguata formazione, la professionalità del personale addetto ai crematori”. Importante il terzo comma di codesto articolo, il quale pone la valorizzazione della cremazione quale volontà precipua del governo regionale, il quale è evidentemente sin dal suo vertice non solo ben conscio della grande dignità di essa, ma anche della notevole ed intramontabile Tradizione di Luce e di Carità che tale scelta comporta. Si prosegue con le modalità di cremazione del cadavere, studiate in modo che le ceneri siano perfettamente riconoscibili mediante l’apposizione di “sistemi identificativi non termodeperibili” che evitino spiacevoli, e già accaduti in altri luoghi, casi di confusione. Ma è l’articolo 3 che merita particolare plauso, verificando che il governo regionale –così glissando sulle sterili ed a volte tristi e capziose polemiche sollevate ad arte anche da una certa parte interessata di ambienti settàri- è altamente sensibile alle situazioni familiari private di ciascuno: l’affidamento delle ceneri del defunto, come disposto dal medesimo o dai familiari, può essere svolto consegnando l’urna contenente i resti non solo al coniuge, ai parenti diretti od affini, ma anche nelle mani “del convivente, in quanto non vi siano o non si oppongano altri aventi titolo” (comma 2). Se si pensa che, tanto per dare il quadro della attuale situazione, ai funerali dei Carabinieri morti nell’attentato di Nassirya in Iraq nel 2003 alla convivente di un militare è stato impedito di assistere ai funerali di Stato perché non legalmente sposata, è un grande segno concreto che la nostra regione manifesta, di illuminatismo contro la tenebrosità di certi atteggiamenti fanatici i quali sono del tutto inaccettabili.
Importante pure la disposizione che le ceneri possono essere disperse, ove non si voglia conservarle, in apposite aree create entro il perimetro dei cimiteri (denominate campi della memoria), ovvero in natura ed in spazi privati (non però entro i centri abitati). Si prevede inoltre un piano regionale di coordinamento che istituisca per ogni Comune, o meglio consorzio di comuni, degli impianti di cremazione per far fronte alle prevedibili e crescenti esigenze dei cittadini. Anche questa è una volontà meritevole.
Appare infatti assolutamente vergognoso che cinque milioni e mezzo di siciliani, tra cui molti che desidererebbero effettuare codesta scelta, debbano avere la infima possibilità dell’unico impianto crematorio regionale, quello di Palermo (il quale peraltro ci si dice funziona a singhiozzo): laddove urgente è l’esigenza della costruzione di moderni ed efficienti apparecchi. Invero a Catania il Consiglio Comunale anni fa approvò una delibera per l’istituzione del crematorio civico: ma tutto finì in mera volontà d’intenti, come era prevedibile. Adesso non sarà più così, od almeno ne abbiamo maggiori speranze. L’articolo 5, in virtù di un corretto “senso comunitario della morte”, istituisce delle banche dati informatiche ove gli incinerati potranno, od i discendenti qualora vogliano, inserire le proprie note biografiche, tali da non farne disperdere perlomeno il ricordo. E’ una scelta diremmo all’avanguardia del progresso civile ed in linea con le grandi nazioni del nord Europa, che anch’essa merita il plauso di tutti coloro che hanno a cuore la tradizione coniugata con la modernità intelligente. Si pensi che ciascuno di noi ove lo voglia potrà inserire la propria biografia, e le immagini, nel computer il quale custodirà per i nipoti e pronipoti tali informazioni. Come avremmo gradito che dei nostri bis e trisnonni ci fosse stato ciò concesso, invece di scartabellare vecchie carte ed ìre in cerca di ingialliti fotogrammi o disegni…!
E’ infine prevista l’incinerazione gratuita, a cura dei comuni di ultima residenza, per gli indigenti accertati, il piano di informazione ai cittadini su costi e modalità, l’erezione di “luoghi di commiato” entro i cimiteri ove chi vuole (e non desidera funerali in Chiesa, o dopo di questi) può far svolgere brevi e sobrie cerimonie di addio al defunto, nonché l’articolazione dello stanziamento finanziario pel triennio 2010-12 in 440 mila euro per la costruzione degli impianti di cremazione, e 60 mila euro per la pubblicità. Resta inteso che gli impianti debbono sorgere all’interno dei cimiteri. Forse tale somma per la costruzione dei crematori non è del tutto sufficiente, ma da parte nostra auspichiamo l’intervento, anche pubblicitario, di investitori privati. Ed a tal riguardo: esiste da decenni in Italia la SOCREM, società privata che dietro iscrizione si occupa della cremazione dei cadaveri (implicitamente citata nella suddetta legge, quale eventuale affidataria di servizi): le strutture della quale, se al nord Italia hanno da tempo una lunga efficienza, non ci pare in Sicilia negli ultimi tempi abbiano brillato per trasparenza e diffusione. Quindi auspicabile altresì sarebbe l’apertura del mercato della libera morte, ci si passi la metafora, ove numerosi operatori privati offrano al cittadino di codesti servizi: dappoiché i regimi di monopolio nel XXI secolo sono affatto anacronistici, e non sarebbe giusto che la legge testé approvata, anche involontariamente, ne agevolasse uno od altro. Pertanto verificheremo la strategìa pubblicitaria che la Regione sceglierà per tale scelta di miglioramento della società, oramai irreversibile.
“In quell’ultimo momento, soprattutto, \ quando sentirò di sfuggire a me stesso… in tutte quelle ore buie, \ donami, mio Dio, di comprendere \ che sei tu (ammesso che la mia fede sia così grande)\ che separi dolorosamente le fibre del mio essere \ per penetrare fino al midollo della mia sostanza \ e trascinarmi in te” (P.Teilhard de Chardin, All’ultimo momento da Le Milieu divin, Paris 1957). Le sapienti parole dello scienziato gesuita forse ci consentono meglio di comprendere tale incredibile mistero, innanzi al quale è necessario il silenzio, nella consapevolezza che “come è in alto così in basso, per la bellezza della Cosa Una” (tavola Smeraldina): ma già lo si ripete nel Padre Nostro: “sicut in caelo et in terra”.
Bar.Sea.
Pubblicato su Sicilia Sera n°332 del 5 ottobre 2010
La cremazione ora è legge in Sicilia
Disponibili 500 mila Euro per la costruzione di impianti di incinerazione – Il governo
regionale sceglie la strada del progresso, valorizzando la scelta cremazionista -
Finalmente anche la nostra Regione Sicilia ha una legge che disciplina la cremazione dei cadaveri, adeguandosi così alla normativa nazionale. E’ infatti dal DPR 285 del 1990 (Presidente Cossiga) che lo Stato disciplina le norme secondo cui il cittadino che intende scegliere la cremazione delle proprie spoglie mortali, invece che la classica tumulazione, può avvalersi di impianti a regola d’arte quali i crematori pubblici, nonché lasciare la volontà che i parenti od i collaterali discendenti possano disporre come meglio si vuole dei resti. E’ una scelta di civiltà, di progresso e di antica tradizione, la quale ha da circa un centennio nell’Italia del nord retroterra adeguato ed ampio consenso. La Toscana in particolare ha da molti anni regolamentato, anche prima delle disposizioni nazionali, la scelta della incinerazione non solamente utilissima dal punto di vista igienico, ma anche altamente etica e dignitosa del rispetto della persona. Seppure con un ritardo di vent’anni, l’Assemblea Regionale Siciliana nella seduta finale di chiusura estiva, il 5 agosto, su proposta del deputato del PD e già Sindaco di Misterbianco Nino Di Guardo, concordemente ed all’unanimità, ha approvato la legge 468 “Disposizioni in materia di cremazione delle salme e della conservazione, affidamento e/o dispersione delle ceneri”. E’ un provvedimento importante che supera le divisioni normali fra schieramenti politici (dònde la giusta soddisfazione del promotore) e che il Presidente Lombardo e l’Assessore alla Sanità Russo hanno fortemente voluto e varato, con uno stanziamento di cinquecento mila Euro. Prima di esaminarlo in dettaglio, ci si consenta una precisazione: la mentalità sicula deve cambiare e rimodernarsi nel solco della Tradizione anche in questo, ovvero riprendere l’antichissima usanza della incinerazione dei cadaveri degli antenati, onorando i Mani (si pensi a tutte le grandiose scene dell’Iliade e dell’Odissèa, per non citare Pindemonte con i suoi Sepolcri, artatamente imitati dal pur notevole poema del Foscolo), la quale nella Sicilia ellenica e punica –sia sufficiente, per chi non vi è ancor stato, una visita ai Musei archeologici di Siracusa, di Mozia e di Camarina: ivi le urne\anfore ove generazioni di morti si serbavano, sono esposte e si spiega che si tenevano in casa, esattamente come la legge oggi prevede- era ampiamente diffusa, prima che con l’avvento del Cristianesimo ed una pur non inaccettabile interpretazione della conservazione dei cadaveri in vista della resurrezione dei corpi e delle anime come invocato dalla dottrina cristiana, quasi imponesse la sepoltura mediante inumazione (era già pratica egiziana invero, di millenni precedente la predicazione di Gesù, ma per altre ragioni). Per fortuna anche la Chiesa Cattolica, mentre nel passato, e non senza ragione, bollava la cremazione quale segno tangibile della ribellione al suo magistero (nell’Italia post risorgimentale era vero, e furono molti che scelsero di farsi cremare in opposizione, larvata od aperta, ai dogmi della fede: uno di costoro fu il grande scrittore Luigi Pirandello), e vi era tutta una corrente di pensiero che invocava la cremazione quale scelta di libertà a fronte di un certo oscurantismo clericale (visione in parte estrema, non sopita neppure oggi, specie nelle Americhe), dall’avvento del mirifico Papa Giovanni XXIII ha compreso l’inanità del bando alla cremazione, il cui veto è infatti caduto con i documenti del Concilio Vaticano II, nel 1963; per cui l’attuale Catechismo recita che “la Chiesa non si oppone alla cremazione”, purché essa non sia manifestazione di rifiuto nella credenza della resurrezione. E’ quindi da eradicare il luogo comune della persistenza fisica del corpo dopo che l’anima, o pnéuma secondo la corretta dizione greca (nonché gnostica, filosofica) lo ha tristemente abbandonato. Quel che era non sarà mai più, secondo la interpretazione leopardiana: quel che era, tornerà nella Luce del Risorto, secondo chi ha od anela alla fede dei padri.
La Legge regionale, in dieci articoli, è pertanto fondamentale sin nei suoi assunti: “1. La Regione, ai sensi degli articoli 2 e 19 della Costituzione, sostiene il diritto di ciascun individuo di disporre delle proprie spoglie mortali. 2. La presente legge disciplina la cremazione, la conservazione delle ceneri derivanti dalla cremazione dei defunti, l'affidamento delle medesime e la loro dispersione, nel rispetto dei principi sanciti dalla normativa statale e secondo le modalità stabilite dalla medesima.
3. La Regione valorizza la scelta della cremazione per ragioni igienico-sanitarie e in quanto
pratica funeraria di minor impatto sull'ambiente, salvaguardando la dignità di ogni persona, la sua
libertà di scelta, le sue convinzioni religiose e culturali, il suo diritto a una corretta e adeguata
informazione. 4. La Regione garantisce, attraverso una adeguata formazione, la professionalità del personale addetto ai crematori”. Importante il terzo comma di codesto articolo, il quale pone la valorizzazione della cremazione quale volontà precipua del governo regionale, il quale è evidentemente sin dal suo vertice non solo ben conscio della grande dignità di essa, ma anche della notevole ed intramontabile Tradizione di Luce e di Carità che tale scelta comporta. Si prosegue con le modalità di cremazione del cadavere, studiate in modo che le ceneri siano perfettamente riconoscibili mediante l’apposizione di “sistemi identificativi non termodeperibili” che evitino spiacevoli, e già accaduti in altri luoghi, casi di confusione. Ma è l’articolo 3 che merita particolare plauso, verificando che il governo regionale –così glissando sulle sterili ed a volte tristi e capziose polemiche sollevate ad arte anche da una certa parte interessata di ambienti settàri- è altamente sensibile alle situazioni familiari private di ciascuno: l’affidamento delle ceneri del defunto, come disposto dal medesimo o dai familiari, può essere svolto consegnando l’urna contenente i resti non solo al coniuge, ai parenti diretti od affini, ma anche nelle mani “del convivente, in quanto non vi siano o non si oppongano altri aventi titolo” (comma 2). Se si pensa che, tanto per dare il quadro della attuale situazione, ai funerali dei Carabinieri morti nell’attentato di Nassirya in Iraq nel 2003 alla convivente di un militare è stato impedito di assistere ai funerali di Stato perché non legalmente sposata, è un grande segno concreto che la nostra regione manifesta, di illuminatismo contro la tenebrosità di certi atteggiamenti fanatici i quali sono del tutto inaccettabili.
Importante pure la disposizione che le ceneri possono essere disperse, ove non si voglia conservarle, in apposite aree create entro il perimetro dei cimiteri (denominate campi della memoria), ovvero in natura ed in spazi privati (non però entro i centri abitati). Si prevede inoltre un piano regionale di coordinamento che istituisca per ogni Comune, o meglio consorzio di comuni, degli impianti di cremazione per far fronte alle prevedibili e crescenti esigenze dei cittadini. Anche questa è una volontà meritevole.
Appare infatti assolutamente vergognoso che cinque milioni e mezzo di siciliani, tra cui molti che desidererebbero effettuare codesta scelta, debbano avere la infima possibilità dell’unico impianto crematorio regionale, quello di Palermo (il quale peraltro ci si dice funziona a singhiozzo): laddove urgente è l’esigenza della costruzione di moderni ed efficienti apparecchi. Invero a Catania il Consiglio Comunale anni fa approvò una delibera per l’istituzione del crematorio civico: ma tutto finì in mera volontà d’intenti, come era prevedibile. Adesso non sarà più così, od almeno ne abbiamo maggiori speranze. L’articolo 5, in virtù di un corretto “senso comunitario della morte”, istituisce delle banche dati informatiche ove gli incinerati potranno, od i discendenti qualora vogliano, inserire le proprie note biografiche, tali da non farne disperdere perlomeno il ricordo. E’ una scelta diremmo all’avanguardia del progresso civile ed in linea con le grandi nazioni del nord Europa, che anch’essa merita il plauso di tutti coloro che hanno a cuore la tradizione coniugata con la modernità intelligente. Si pensi che ciascuno di noi ove lo voglia potrà inserire la propria biografia, e le immagini, nel computer il quale custodirà per i nipoti e pronipoti tali informazioni. Come avremmo gradito che dei nostri bis e trisnonni ci fosse stato ciò concesso, invece di scartabellare vecchie carte ed ìre in cerca di ingialliti fotogrammi o disegni…!
E’ infine prevista l’incinerazione gratuita, a cura dei comuni di ultima residenza, per gli indigenti accertati, il piano di informazione ai cittadini su costi e modalità, l’erezione di “luoghi di commiato” entro i cimiteri ove chi vuole (e non desidera funerali in Chiesa, o dopo di questi) può far svolgere brevi e sobrie cerimonie di addio al defunto, nonché l’articolazione dello stanziamento finanziario pel triennio 2010-12 in 440 mila euro per la costruzione degli impianti di cremazione, e 60 mila euro per la pubblicità. Resta inteso che gli impianti debbono sorgere all’interno dei cimiteri. Forse tale somma per la costruzione dei crematori non è del tutto sufficiente, ma da parte nostra auspichiamo l’intervento, anche pubblicitario, di investitori privati. Ed a tal riguardo: esiste da decenni in Italia la SOCREM, società privata che dietro iscrizione si occupa della cremazione dei cadaveri (implicitamente citata nella suddetta legge, quale eventuale affidataria di servizi): le strutture della quale, se al nord Italia hanno da tempo una lunga efficienza, non ci pare in Sicilia negli ultimi tempi abbiano brillato per trasparenza e diffusione. Quindi auspicabile altresì sarebbe l’apertura del mercato della libera morte, ci si passi la metafora, ove numerosi operatori privati offrano al cittadino di codesti servizi: dappoiché i regimi di monopolio nel XXI secolo sono affatto anacronistici, e non sarebbe giusto che la legge testé approvata, anche involontariamente, ne agevolasse uno od altro. Pertanto verificheremo la strategìa pubblicitaria che la Regione sceglierà per tale scelta di miglioramento della società, oramai irreversibile.
“In quell’ultimo momento, soprattutto, \ quando sentirò di sfuggire a me stesso… in tutte quelle ore buie, \ donami, mio Dio, di comprendere \ che sei tu (ammesso che la mia fede sia così grande)\ che separi dolorosamente le fibre del mio essere \ per penetrare fino al midollo della mia sostanza \ e trascinarmi in te” (P.Teilhard de Chardin, All’ultimo momento da Le Milieu divin, Paris 1957). Le sapienti parole dello scienziato gesuita forse ci consentono meglio di comprendere tale incredibile mistero, innanzi al quale è necessario il silenzio, nella consapevolezza che “come è in alto così in basso, per la bellezza della Cosa Una” (tavola Smeraldina): ma già lo si ripete nel Padre Nostro: “sicut in caelo et in terra”.
Bar.Sea.
Pubblicato su Sicilia Sera n°332 del 5 ottobre 2010
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