venerdì 14 maggio 2010

Il Santuario di S.Maria dell'Aiuto di Catania





Intorno all'anno 1372 esisteva in Catania una chiesa dedicata ai Santi Apostoli Simone e Giuda presso l'antico cortile di N.S. della Misericordia, dietro l'attuale salone parrocchiale di S.Maria dell'Aiuto, un tempo chiesa di S. Giacomo.Nel 1635 vi era una Congregazione sacerdotale che zelava il culto della Madre di Dio nella chiesa di Santa Marina sita all'epoca nell'attuale via Pozzo Mulino .Nel 1641, il 3 novembre, la Congregazione sopracitata portò solennemente nella chiesa di SS.Pietro e Paolo una preziosa tela della Vergine che per i miracoli fatti al popolo,dalla pubblica icone dove si trovava venne invocata col titolo di Madonna dell'Aiuto.
"L'immagine di Nostra Signora dell'Aiuto il 3 novembre 1641 dalla parte di fuori della Strada per la frequenza dei miracoli fu trasferita solennemente in chiesa", come si rivela dal De Grossis Carrera, Privitera e Amico. Da questa scrittura dunque si rileva in termini assai chiari che la preziosa Effigie sino all'anno 1641 stava esposta in una edicola della pubblica strada ed era assai venerata dal popolo. I fedeli sostavano dinanzi all'Icone a gruppi, e spesso erano talmente numerosi da impedire il traffico.Questa, secondo la tradizione, è stata una delle ragioni per cui il Senato abbia sollecitato l'autorità ecclesiastica a trasferire la sacra Immagine in una chiesa vicina. Fu scelta quella dei SS. Apostoli Pietro e Paolo non per il solo motivo che fosse la più vicina, ma ancora perchè la più adatta allo svolgersi delle funzioni e delle grandi solennità.Interessa però far rilevare come il vero motivo della traslazione sia stato quello espresso nella memoria su riferita, dove si legge: "per la frequenza delli miracoli". Miracoli che sono valsi alla diffusione del culto, miracoli storicamente ricordati dai diversi scrittori, i quali mettono in risalto l'avvenimentoi del trasferimento della sacra tela e lo citano come un fatto da non relegarsi nel silenzio.Il De Grossis in proposito scrive : " Dopo che fu disegnata come parrocchia (SS. Pietro e Paolo) fu sempre frequentatissimadi popolo. Ai nostri tempi è assai più frequente il concorso di popolo, sia amotivo di Religione, sia per la sacra Immagine della Madre di Dio, chiamata dell'Aiuto, ivi trasferita nell'anno in cui scriviamo queste cose, 1641 a 3 novembre, la quale immagine opera tutti i giorni assai illustri miracoli. ( per illustria miracula in dies operante)". Ecco un'altra testimonianza dell' abate Amico. Egli dice che la Chiesa dei SS. Ap. Pietro e Paolo fu riedificata dopo il terremoto ed aggiunge : "oggi viene chiamata col titolo di S. Maria dell'Aiuto, per essere trasferita in detta chiesa, l'anno 1641, 3 novembre l'Immagine assai devota della Madre di Dio, la quale è onorata con grande concorso di Popolo, che va a sciogliere i suoi voti ai piedi di Essa".Testimonianza di maggiore rilievo è quella del Privitera, considerato non solo come storico, ma ancora come testimonio oculare.Egli scrive così:"L'anno 1641 a 3 Novembre detta chiesa fu decorata con l'immagine di N. Signora dell'Aiuto, trasportata dalla parte di fuori della strada pubblica, dove per la frequenza delli Miracoli alla pietosa devozione de confluenti fu condotta in detta chiesa con solennità alle 3 di Novembre l'An. predetto, essendo io anco presente da figliuolo".Egli era presente e tiene a far risaltare che la cerimonia si svolse con solennità.
Ne dobbiamo quindi dedurre che vi abbia preso parte una grande folla, essendo molti i beneficiati da quella cara Madonna.Oltre al numeroso popolo sappiamo che anche il clero ed il Senato parteciparono con la loro rappresentanza.Era allora vescovo di Catania S. E. Mons. Ottavio Branciforte, insigne letterato, eletto nel 1638. Egli acconsentì volentieri alla proposta del trasloco della prodogiosa Effigie e diede pure disposizioni perchè non mancasse alla funzione la nota della solennità e della devozione.La preziosa tela scampata al terribile terremoto dell'11-1-1693 è stata sempre oggetto di venerazione; il popolo catanese volle costruire un tempio in suo onore ed affidò il progetto all'architetto A. Battaglia.la facciata della chiesa, a cui si accede da un'ampia scalea, ha dieci colonne a rocchi con capitelli corinzi e festoni. Due statue in pietra calcare rappresentano i S. Apostoli Pietro e Paolo. Nel centro del timpano troviamo il monogramma di Maria circuito da una gloria di sei angeli in marmo.Sul portone trovasi una riproduzione in marmo dell'immagine della Madonna dell'Aiuto. Ad occidente si erge maestosa la torre campanaria con l'orologio ripristinato nel 1986. L'interno del tempio è costituito da una luminosa ed ampia navata. La volta è decorata da stucci zecchinati con scritte e simboli mariani. Nell'interno troviamo quattro altari laterali: il 1° a sinistra possiede una tela di S. Francescodi Sales del secolo XVIII; il 2° ricco di reliquie, è quello del Crocifisso; il 1° a destra è una copia del martirio di S. Agata, opera di F. Paladini conservato nella Catterale; il 2° riproduce gli apostoli Pietro e Paolo.
Notevole al centro dell'altar maggiore, in un tripudio di marmi, la figura di Dio Padre sorretto da angeli, che crea il mondo, col delta della Trinità dietro il capo, ed il compasso sulla sfera terracquea, avente grande significazione esoterica.
La chiesa (nonché parrocchia del quartiere), che custodisce la riproduzione della Santa Casa di Loreto, settecentesca, in un locale attiguo, è stata elevata a Santuario Mariano Diocesano di Catania il 1° maggio 1960 dall'allora Arcivescovo cistercense Guido Luigi Bentivoglio. Nel 1999 l'arcivescovo, ora emerito, di Catania Luigi Bommarito, gemella la cappella di Loreto con il santuario Lauretano. Nel maggio 2010 si celebrano i 50 anni dalla elevazione a santuario, con decreto della Sacra Penitenzieria Apostolica per l'indulgenza plenaria. Rettore è, da circa quaranta anni (ordinato ivi sacerdote nel luglio 1962) Monsignor Carmelo Smedila, Cappellano di Sua Santità, Vicario Diocesano di Catania.




(La voce è in gran parte ripresa dal sito www.santuariomadonnaiuto.it, così le due immagini fotografiche; la parte finale è nostra)

martedì 11 maggio 2010

Torna a Catania il varietà col Gruppo d'Arte Sicilia Teatro

Al Teatro don Bosco di Catania

Varietà scintillante con "Domenica è sempre domenica"

Il gruppo d’arte Sicilia Teatro, con la direzione di Tino Pasqualino, ha ideato
uno spettacolo gradevolissimo che rievoca i fasti delle riviste di decenni or sono -

Nell’ambito della 19° stagione del gruppo d’Arte Sicilia Teatro, la compagnìa omonima diretta da quello straordinario e simpatico artista che è Tino Pasqualino, ha dato nei giorni scorsi uno spettacolo di grande brio: "Domenica è sempre domenica", varietà in due atti, ideato da Salvo Troina, maestro concertatore. E’ davvero emozionante ritrovarsi sulle poltrone del noto Teatro Don Bosco di Viale Rapisardi in Catania, nell’anno 2010, nella consapevolezza che il tempo non sa leggere –per citare un celebre romanzo degli anni Cinquanta- e, con l’alfabeto del cuore, riesce a percorrere a ritroso, leggermente, lieve, i decenni sino a toccare i precordi dell’animo. E’ l’effetto delicato, appassionante che provoca il varietà che ha nella regìa di Tino Pasqualino un perfetto animatore, nonché negli abilissimi interpreti (il tenore Antonio Costa, il soprano Angela Curiale, la soubrette Tiziana De Luca, il sassofonista Gil Negretti, il caratterista Luigi Licari, i comici Gaetano Di Benedetto ed Ernesto Calcagno, Tony Pasqua il dicitore, Gaetano Fassari per la sceneggiata, Toti Sapienza macchiettista, Gianni Cavalieri trasformista, Lucia Debora Chiaia conduttrice), la degna espressone di un mondo, quello della rivista e del varietà, non già morto e sepolto mercé l’incalzare della televisione, ma assolutamente vivo e fecondo, laddove vi si ritrovano, come nel caso, pubblico assaj numeroso ed interpreti convinti ed efficaci. Il Rascel di Attanasio Cavallo Vanesio, la Wandissima di Sentimental, Macario e le sue ballerine dalle gambe lussureggianti, come dimenticarli? E come rammentarli, all’uditorio attuale, disgregato e nel quasi completo, umbratile deserto della memoria contemporaneo? Una sfida difficile, tuttavia vinta dai nostri interpreti, con fatica e volontà.
Da "balocchi e profumi" a "tutte le mamme", da Guaglione" a "’A pizza", a "Zappatore", che ha fatto commuovere l’uditorio, affezionato a quella pagina assoluta di storia vera del teatro che è la sceneggiata napoletana, ogni dì viva nel cuore degli appassionati, il varietà concepito da Salvo Troina ha invero indovinato i più variegati registri delle corde intime di un pubblico colto, multiforme e quasi aduso a lasciarsi trasportare, sulle ali della nostalgia. Ma codesta nostalgia sarebbe sterile, se non vi si inverasse una autentica passione: e le voci del tenore Costa e del soprano Curiale, inframmezzate da sipari d’omaggio alla notissima Mina, alle gemelle Kessler ed alla genialità di quei maestri insuperabili che furono Stan Laurel ed Oliver Hardy, riuscirono a coinvolgere nel rintocco di melodie che hanno formato le nostre vite nel particolare, e della società nell’universale. Particolarmente riusciti gli omaggi, con richiami non casuali al comico, di Gianni Cavalieri nell’interpretazione ‘en travesti’ della grandissima Wanda Osiris, come simpatico ricordo di Nino Taranto, da parte di Toti Sapienza. Bravo il giovine Tony Pasqua, nel recitativo di alcune pagine storiche del Teatro siciliano, che merita ogni dì la giusta valorizzazione.
Menzione particolare si dedica a Turi Killer, il notissimo comico catanese, che ha la notevole, e non comune, capacità colloquiale e d’impronta diretta di coinvolgere senza remore il pubblico, con storielle vivaci e salaci le quali hanno il merito di suscitare l’umorismo senza veli e senza freni, assolutamente indispensabile in tempi, come gli attuali, nei quali si è obliato persino il piacere della sana risata. Come una macchina del tempo, il varietà "Domenica è sempre domenica", attraverso la voce di sfondo del brillante Mario Riva, è venuto a capo dell’arcano: trasportare attraverso ideale mongolfiera, quasi per mano, gli spettatori in atmosfere di sincerità e sogno, non molto lontane cronologicamente ma oggi, nella sensazione comune, anni luce distanti, a fronte delle sconcezze che vengono ammannite da molte fonti. Il ‘grande mago’ Tino Pasqualino ha condotto la serata e, come pifferajo magico, guidato da quella Luce dell’animo che tutti affratella, invita al percorso dell’armonico cammino che, dal palcoscenico, conduce verso quel tempo illimite, albergante dentro i cuori di ciascuno.

Bar.Sea.



Pubblicato su Sicilia Sera n° 328 del 9 maggio 2010

martedì 4 maggio 2010

Chi è da Dio, ascolta: un ritratto umano di Raffaele Lombardo

Dalla conferenza stampa del pomeriggio del 3 maggio (Catania palazzo ESA) del Presidente della Regione Sicilia Onorevole Raffaele Lombardo (oggetto la descrizione della testè varata Finanziaria regionale), a cui partecipammo, estrajamo un breve ritratto psicologico dell'uomo, ad uso del lettore.
 

 
Un uomo solo, fortemente desideroso di solidarietà prettamente umana, animistica. Dietro la maschera, dietro la facciata del forte uomo politico, cipiglio estremamente deciso, tono fluente e modulato senza sbavature, emerge la solitudine plastica del capo che sa di aver ricevuto, e di doversi difendere, da minacce fisiche: tre omorni della sicurezza, dallo sguardo rutilante, lo circondano incessantemente, mentre egli incontra i noti (e siamo noti non solo fra noi, ma all’anagrafe dell’Ordine e delle forze di polizia) volti de’ giornalisti i quali gli pongono le del resto consuete domande. Vi è, si percepisce, più che del vero, nelle voci di minacce ricevute non solo da lui, in codesto clima torbido nel quale si vive. Stile militare, quello di Raffaele Lombardo: cronometrico, venti minuti di ininterrotto eloquio, dieci minuti per rispondere alle interrogazioni della stampa senza telecamere, esattamente cinque minuti per le domande alle TV. Nient’altro. Solo tre sorrisi, di cui l’ultimo ad un frequentatore del "suo blog", di cui egli manifesta evidente compiacimento e desiderio di maggiore diffusione. Non è colpa né difetto poco sorridere -anzi: 'risus abundat in ore stultorum'-, però è codesto un segno del dramma cosmico, di percezione indescrivibile del celato, dell'ignoto.
Oltre la camicia rosa priva di cravatta, lo stile elegante ed informale, v’ha quella apparente tranquillità dell’uomo politico che scevera dati, assicura grandi risparmi (e più grandi nel futuro…), sottolinea con chirurgica precisione l’importanza del denaro nell’attuale frangente sociale. Egli tuttavolta appare lontano, per molti versi, dalla realtà del vivere quotidiano. E' emerso dalle stanze di lavoro ed ivi è ritornato, segno evidentissimo di una instancabile costruzione: ma anche dimostrazione della limitazione di quella libertà -intesa nel senso comune- la quale, coloro che lo ascoltavano, poco dopo godettero nel passeggiare per le vie serenamente, mentre a lui tale atto sublime è negato, per le ragioni che si conoscono. L'incomunicabilità: come si posson trasmettere a lui, che dovrebbe essere la cuspide della piramide, le esigenze della 'base' ovvero del popolo, senza incontrare asperità, mediazioni terrifiche, ostacoli a volte insormontabili? E' una quaestio da risolvere, se si vuole sul serio costruire un movimento reale, ancorato alla gente vera e non a fantàsime.
Pochi giorni fa, a Malta, Papa Benedeto XVI ha pianto innanzi alle vittime di abusi da parte di preti: è un segno importante che l'uomo, se vuole, può scendere dai dorati scranni e destare sentimenti nascosti, che lo fanno sentire umile fra umili, dolorante fra doloranti, servo inutile fra inutili servi. Non erano lacrime di coccodrillo: poteva evitare quel tristo incontro. Giovanni XXIII a volte letteralmente scappava dal Vaticano, per godere un pezzettino di quella libertà che, da Pontefice, perdette per sempre. Non si può chiedere magari ciò ad un uomo politico: ma che purtuttavia non perda dalla sua rotta illuminata i valori autentici del Vangelo, che sono poi quelli del comune battesimo, lo si deve invocare. Ed il Vangelo impone l'ajuto al misero, l'obbligo di alleviare le sofferenze dei fratelli: un termine che il Presidente Lombardo ha usato per il saluto del capodanno 2010. "Di che reggimento siete, fratelli", esclamava Ungaretti: oggi potremmo dirlo dei nostri, silenziosi, bisognosi: il reggimento è divenuto legione, è infinito. E devesi distinguere dai falsi poveri, dai falsi profeti: dai farisei. Ed il Vangelo impone di rinunziare ai fastigi di Mammòna: il denaro. Bene il risparmio, ma non si possono chiedere sacrifizi (sacrifizio è anche non dare...) a chi ha già poco. Donare a chi ha poco con dignità, levare senza pietà a chi ha il superfluo. "Date senza speranza di riavere", è sempre voce evangelica. La grande politica, se vuole, lo può fare. Lo fece Giorgio La Pira, che era siciliano di Pozzallo, a Firenze in anni non lontanissimi: lo può fare hic et nunc Raffaele Lombardo?
Si escì dall’incontro, del resto un normale incontro di lavoro fra operatori dell’informazione e colui che in questo frangente veste il ruolo di vertice della politica regionale in Sicilia, compiaciuti nel riscontrare la umanità evidente, celata dai (non difficili da superare) veli del carattere dell’uomo, ma intristiti dall’altrettanto evidente senso di isolamento che circonda il nostro rappresentante, calato in un profilo il quale, volente o nolente, è autolimitante nel rapporto còlla realtà che in ogni modo lo circonda. Si confida nella formazione cristiana dell’uomo, e nel retroterra che ne può scaturire, per il bene della Sicilia e del suo futuro. "Carissimi, non credete ad ogni spirito, ma mettete alla prova gli spiriti se sono da Dio, perché molti falsi profeti sono usciti nel mondo. Da questo conoscete lo spirito di Dio: ogni spirito che confessa Gesù Cristo venuto in carne è da Dio, e ogni spirito che non confessa Gesù non è da Dio ed è quello dell’Anticristo, di cui avete udito che sta per venire e ora è già nel mondo. Figliuoli, voi siete da Dio e li avete vinti, perché è più grande colui che è in voi di colui che è nel mondo; essi sono dal mondo, perciò parlano secondo il mondo e il mondo li ascolta. Noi siamo da Dio: colui che conosce Dio ci ascolta, colui che non è da Dio non ci ascolta. Da questo conosciamo lo spirito della verità e lo spirito dell’errore" (Dalla prima lettera di Giovanni, 4, 1-6, vers. Bibbia concordata, 1982).

Francesco Giordano

venerdì 9 aprile 2010

Marionette e burattini al teatro Piscator di Catania

Da gennaio a maggio le rappresentazioni

Marionette, pupi e burattini al catanese Teatro Piscator

Numerosi spettacoli che coinvolgono, con intelligenza e varietà di coloriture, il pubblico
Dei piccoli e degli adulti – Messaggi che suggeriscono riflessioni -
La trentunesima rassegna mediterranea di marionette, pupi e burattini, che si sta svolgendo in questi mesi, come consuetudine, nel salone del Teatro Erwin Piscator di Catania, serrba fra i suoi appuntamenti non poche sorprese. Con il contributo della Regione Siciliana, consueto e puntuale, il ciclo degli spettacoli, organizzato sapientemente dal direttore del Teatro, Carmelo Failla, nonché da Cirino Di Mari e dai collaboratori, riveste importanza notevole sia per la fòlta partecipazione dei bimbi e ragazzini i quali, accompagnati dai genitori, affollano la sala, sia per il messaggio culturale che in tali circostanze le varie compagnìe scelte, intendono trasmettere al ricettivo uditorio.
Si è iniziato in gennaio con "Il clown Gionni", per la compagnia teatro Teca immaginario, continuando la Compagnia Teatro Europeo, originaria di Salerno, che ha rappresentato Pulcinella ed il Flauto magico, una interessante avventura con burattini, attraverso cui la maschera antica napoletana che fu, nel teatro grande, di Eduardo De Filippo, ha volutamente interagito con la struttura mozartiana, in una miscela la quale è risultata interessante e coinvolgente, per i piccoli spettatori: i quali alfine hanno sinanco potuto portare in casa una marionetta, commercializzata dalla compagnìa.
Due appuntamenti in febbraio per la compagnìa la rosa di Gerico: un ‘cuntu’ siculo di antiche fiabe ed uno spettacolo per pupazzi liberamente tratto dalle fiabe dei Grimm. Sempre in febbraio, la compagnia Nave pupazzi di Daniela Cornelio presenta Cappuccetto Rosso, fiaba educativa ove è scopo principale trasmettere l’amore per il teatro di figura, contribuendo alla valorizzazione ed alla riscoperta di codesta tradizione. Inoltre le marionette in questo caso costruite dai detenuti del penitenziario di Augusta, testimoniano della volontà anche da parte di chi sta scontando la giusta pena, di contribuire attivamente al miglioramento della società e di volersi reinserire correttamente nella medesima. Una rappresentazione secondo i classici schemi, che coinvolge il pubblico di grandi e piccini.
In marzo il centro Rat Teatro dell’Acquario propone Il Brutto Anatroccolo, viaggio musicale di pupazzi e di ombre con Giuseppe Gimelli e Serena Ciofi,, dove la famosa fiaba di Andersen è un percorso alla ricerca della propria identità e della accettazione di se stesso, suggerendo anche l’integrazione del ‘diverso’, maggiormente nella attuale società, con la presentazione degli animali da cortile e degli uccelli, più tolleranti poiché librati in volo. Sempre in marzo, la compagnia del Drago Rosso presenta Gaspariello; in aprile la compagnia Teatro del Cocomero propone l’Acqua Magica, mentre l’ultimo appuntamento della rassegna, in maggio, è Sonnellina, di Steve Cable e Antonella Caldarella, una fiaba musicale ispirata al racconto Il Mangiasogni di M.Ende, in cui si affronta la tradizionale paura del buio dei bambini prima di addormentarsi, con le marionette animate, con numerose canzoni ed effetti di luce: il personaggio di Sonnellina sarà aiutato a ben dormire, e ben sognare.
Ci pare che la presente rassegna contribuisca in modo notevole non solamente alla elevazione del tenore culturale di una città di per sé estremamente viva, per quel che concerne l’attività teatrale, come Catania, ma anche documenta in modo intelligente e tangibile l’amore per le diverse forme di rappresentazione, dai burattini al teatro delle ombre alle animazioni clownesche, che deve essere instillato nell’animo dei fanciulli sin dalla più tenera età, se si desidera farli crescere in armonia e nel rispetto delle tradizioni popolari che costituiscono l’indispensabile struttura portante, su cui si sostentano tutte le civili società. Il merito, non secondario, della dirigenza del Teatro catanese Erwin Piscator, oramai istituzione storica da parecchi lustri, è anche questo.


Bar.Sea., ovvero Francesco Giordano


(pubblicato su Sicilia Sera n° 327 del 4 aprile 2010)

venerdì 26 marzo 2010

Stagione estiva 2010 teatro Erwin Piscator terrazza Ulisse Catania

Fornita dall'amico Carmelo Failla, direttore della struttura, pubblichiamo la locandina degli spettacoli estivi che il Teatro Erwin Piscator si accinge a presentare, quest'estate, nella terrazza Ulisse di Catania. In seguito saranno comunicate le date

lunedì 8 marzo 2010

Indecenza e mancata vigilanza al parco Gioeni di Catania

Una situazione disastrosa

Indecenza ed assenza di vigilanza al parco Gioeni

Situazioni che hanno dell’immorale a fronte di bimbi che ivi giocano, non possono essere contestate per l’assenza di Vigili Urbani – Il sindaco inaugura centri benessere… -
 
Non c’è catanese che oramai non conosca la cronica situazione delle casse del Comune, e l’operatività del Sindaco Stancanelli nel risparmiare sui servizi, che egli ritiene non indispensabili ai fini di pubblica utilità. Peccato che, come si è notato di recente dalle pagine del quotidiano locale, la sua faccia sorridente tagli nastri di "centri di relax e ristoro", installati nella fattispecie nella piscina comunale di Nesima (vedremo fra qualche mese l’utilizzo che se ne farà da parte degli abitanti del rione, i quali ben diversi bisogni hanno…), mentre altri e ben più frequentati luoghi di socialità versano nel vergognoso abbandono, da parte di quelle forze di Polizia Municipale, od altre appositamente adibite, che dovrebbero garantire la pubblica incolumità e decenza. L’elenco dei siti trascurati o meglio, abbandonati, sarebbe lungo: l’ultimo di cui ci viene data notizia, nei giorni scorsi, è la stradina da tempo pedonalizzata di via Biblioteca, attigua all’ingresso della Biblioteca Civica ed innanzi all’istituto Ingrassia di Anatomia, ove il vigilante privato, non essendo possibile al Comune pagarlo per il giornaliero servizio, non è più presente. Con le conseguenze deleterie del caso, per chi conosce la situazione locale. Qui tuttavolta si stigmatizza con forza l’assenza, da mesi almeno, dei Vigili Urbani al parco Gioeni, luogo –in particolare la domenica- di ritrovo di molti catanesi con prole: anche per l’inagibilità in gran parte del giardino Bellini (sulla cui situazione indegna già scrivemmo, e torneremo a sottolinearne l’abbandono prossimamente). Eppure l’attuale amministrazione comunale si è l’anno scorso attivata per ristrutturare il luogo, con risultati lusinghieri: dimenticandosi però, come è ovvio purtroppo a Catania, di sorvegliarlo (eccettuate le telecamere).
Un episodio di cui ébbimo personale contezza, può illuminare al riguardo delle condizioni non solo di indecenza, ma anche della assoluta inanità del cittadino, innanzi a qualsivoglia sopruso, ove questi desideri, come la civiltà suggerisce, rivolgersi alle forze dell’ordine in caso di bisogno. Una domenica di metà dello scorso dicembre, l’assolato piazzale del parco Gioeni è meta di gruppi di adulti e bambini festanti: alcuni di essi fanno, illegalmente e senza guinzaglio, scorazzare ivi dei cani i quali, come la natura a volte suggerisce, decidono di accoppiarsi pubblicamente. E mentre i proprietarii di essi, uomini e donne, sogghignano quasi compiaciuti, v’ha un papà che protesta con questa gentaglia, facendo notare l’indecenza dell’atto e come non sia stato stroncato, a causa della presenza di molti bimbi di pochissimi anni di età, nel cui immaginario ancor fragile lo spettacolo può avere conseguenze inimmaginabili (ma che la psicologìa dell’età evolutiva ben stabilisce). In altri tempi ciò sarebbe stato lodato: mentre è accaduto che colui il quale segnala l’indecorosità, venga fatto oggetto di improperii e minacce da parte dei proprietari dei cani, persino tentati di aggredirlo fisicamente per aver fatto notare la loro, si dica metaforicamente, negligenza. Constatata l’assenza di vigilanza, la vittima telefona ai Carabinieri: la pattuglia di militari tuttavia, impegnata in varii servizi, giunge nel luogo solo tre quarti d’ora dopo il fatto, quando i responsabili (im)morali dell’atto, resisi conto del pericolo, si son dileguati. Niuna colpa deve naturalmente attribuirsi ai fedeli operatori dell’Arma, che hanno comunque espletato il loro servizio in garanzia del cittadino: è il responsabile Comune che invece, lasciando totalmente sguarnito di Vigili Urbani, che almeno la domenica ivi dovrebbero esser presenti, emerge quale colpevole complice della situazione di inaccettabile decadimento. La video sorveglianza ivi installata e strombazzata da cartelli, funzioni o meno, poco o nulla può nel reprimere le varie situazioni di pericolo o di indecenza, come in tal frangente: il che dimostra con lampante evidenza quanto sia funesta la troppa libertà, a popoli che ancor dell’educazione hanno solo la facciata superficiale.
Ma nelle dorate sale di palazzo degli Elefanti e negli Assessorati competenti, si pensa evidentemente a tagliar nastri, ad inaugurare luoghi del benessere… mentre la società crolla, e gli emolumenti per i reggitori assunti con contratto privato dall’amministrazione comunale gònfiasi di cifre esorbitanti, che ben più utile sarebbe stornare per incrementare gli appannaggi, o creare ex novo nuovi posti di lavoro per gli agenti di quella polizia municipale, in Catania ridottasi a vero e proprio ectoplasma. E non certo a causa dei suoi dirigenti, o del personale .
Bar.Sea.




(pubblicato su Sicilia Sera n°326 del 7 marzo 2010)

Venditori extracomunitari e locali in corso Sicilia a Catania

Da parte dei Vigili Urbani e della Polizia

Cacciare i venditori extracomunitari dal corso Sicilia ? Si sanzionino i commercianti locali

Invece di procedere a stroncare il traffico di minuterie nel colorito suk cittadino, le forze dell’ordine
verifichino le innumerevoli irregolarità ed illegalità dei venditori catanesi – La trave e la pagliuzza -
 
Nelle scorse settimane, anche in seguito alle note situazioni di ampiezza nazionale, si sono intensificate le repressioni del commercio illegale, da parte dei Vigili Urbani di Catania coadiuvati dalla Polizia, contro gli extracomunitari i quali, da diversi anni, stazionano offrendo le loro mercanzie (orologi di marche famose ‘clonati’, vestiario della medesima provenienza, eccetera) sotto i portici di Corso Sicilia. E se, dopo pochissimo tempo, i giovani di colore, la più gran parte provenienti dall’Africa equatoriale, ritornano a svolgere silenziosamente il loro commercio in loco, è aumentata la frequenza dei controlli, con il conseguente fuggi fuggi da parte degli interessati, ed il sequestro del materiale.
E’ una situazione la quale, constatati i fatti recenti di Rosarno, ha delle possibilità, benché minime in una città massimamente tollerante come Catania, di degenerare. Già delle avvisaglie vi sono state –scontri fisici tra forze dell’ordine e stranieri, come dichiarazioni feroci da parte di alcuni-; quindi è bene non sottovalutare la situazione. Si legge che il Console onorario del Senegal ha chiesto alle autorità comunali uno spazio apposito ove gli extracomunitari possano svolgere il loro commercio di mercanzie: è una soluzione già trovata per città come Firenze, ove i venditori abusivi di colore dallo storico ponte Vecchio e strade limitrofe, son da qualche anno stati ‘dirottati’ in una vicina piazzetta. Se tale opzione può avere, psicologicamente, una giustificazione antropologica nel nord dell’Italia, qui il loro significato potrebbe leggersi quale ulteriore ghettizzazione: risulta infatti che, in molti quartieri del centro storico, pacifica e silente è la convivenza, ove vi sia rispetto e tolleranza da ambo le parti, fra extracomunitari e nativi. Pertanto, il volere ad ogni costo imbrigliare i venditori ambulanti, certamente abusivi, in una piazza –al fine senza dubbio di ottenerne il controllo poliziesco e, non ultimo, di impedirne la fuga- sèmbraci quasi la costruzione di una gabbia, ove dei feroci e pericolosi animali possano essere confinati, onde non nuocciano a qualcuno. Bisogna invece indagare sulla vera identità dei ‘mandanti’ etici di codesta repressione. Non sono costoro assolutamente la più gran parte dei catanesi, i quali ogni dì si intrattengono a comperare, a volte scambiare, merce con i venditori di colore –lo si può verificare con molta facilità- in quel ‘suk’, sia detto ciò senza alcuna accezione negativa, anzi come nota di positivo colore ed integrazione in quella città la quale, durante la plurisecolare dominazione degli Arabi in Sicilia (secoli IX e X), venne chiamata "Medinat el-fil", città dell’elefante (o Balad el-fil, secondo il geografo Idrisi), che da qualche lustro è il corso Sicilia: catanesi che sono ben lieti di intrattenere rapporti commerciali con i venditori ‘neri’.
Dunque da chi lo spunto per la repressione di questi giovani, venuti nella nostra isola con aspirazioni di miglioramento? Dai comunicati dalle associazioni di categoria emessi, come da rapide verifiche, si evince che lo stimolo a colpire gli ambulanti extracomunitari proviene dai commercianti locali, specie quelli gravitanti nell’area incriminata. Sono loro che, attraverso i rappresentanti politici che provvedono a fare eleggere in Consiglio comunale, esigono una maggiore stroncatura di queste vendite, le quali –a loro avviso- infliggono gravi danni al già ferito commercio dei ‘regolari’ negozianti di Catania.
Invitiamo qui le autorità comunali e di polizia, che sappiamo nei loro vertici perfettamente consci della autentica realtà, a procedere sì ai dovuti controlli, ma verso in primis i commercianti locali, iniziando dai cosiddetti ‘bancarellari’ del mercato quotidiano di piazza Carlo Alberto: le irregolarità e le illegalità che ivi si riscontrano ogni giorno, dalla mancata emissione dello scontrino fiscale (per costoro, la macchina obbligatoria è oramai un fantasma…) agli innumerevoli abusi di cui l’Annona si dovrebbe far carico, sono troppo evidenti e lampanti, perché da parte di questo gruppo di rivenditori si possa pretendere legalità verso gli extracomunitari, le cui storie tutti sanno. Inoltre, si verifichino i bilanci giornalieri dei negozianti viciniori, e si potrà agevolmente scoprire, comparando il loro volume d’affari, quale ammanco per le casse del pubblico erario si nasconde. Solo dopo aver dato, da parte degli allogeni, il cosiddetto buon esempio, si potrà procedere a sopprimere la vendita delle mercanzie degli abusivi di colore.
Riguardo i quali, a loro vantaggio, bisogna riconoscere una diffusa educazione e gentilezza, che sovente i venditori catanesi, qualora l’avessero di base, dimenticano di manifestare, obliando che il cliente ha quasi la necessità di essere blandito, corteggiato, persino convinto a quella sorta di mercanteggiamento assolutamente orientale nello spirito, carattere che il venditore ‘nero’ conosce assaj bene e mette in pratica con passione, attraverso scene quasi teatrali che poi spesso si concludono con la transazione sul prezzo, possibilità scomparsa sia nei negozi che nelle bancarelle. Per non dire della autentica situazione economica dei soggetti: laddove è noto che molti commercianti, i quali molti hanno un reddito annuo dichiarato di poche migliaia di Euro, posseggono case ville ed automobili di lusso ed altri cespiti: mentre non ci risulta allo stato dei fatti, che anche qualcuno di codesti beni –facilmente verificabili dalla Guardia di Finanza, per segnalare un esempio- sia nell’uso e nella disponibilità degli extracomunitari, le cui condizioni sociali sono a tutti note.
"Perché osservi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, mentre non consideri la trave che è nel tuo occhio? O come puoi dire a tuo fratello: lascia che io ti levi la pagliuzza dal tuo occhio, mentre c’è la trave nel tuo occhio? Ipocrita, leva prima la trave dall’occhio ed allora vedrai di cavare la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello" (Mt. 7, 3-5). Le parole sacrate del Maestro Gesù sono estremamente chiare in proposito, come quelle del santo Corano, secondo cui "annunzia agli ipocriti che per essi è preparato un castigo doloroso" (Sùra IV, 137). Così stanno le cose: coloro i quali, in ogni caso, agiscono secondo gli impulsi della convenienza interessata e non della ragione, ove anche la religione (se si vuole riferirsi al pensiero kantiano) rimane in tali limiti, hanno già ipso facto la loro ricompensa. Che sarà adeguata alle loro azioni.
Bar.Sea.




(pubblicato su Sicilia Sera n° 326 del 7 marzo 2010)