sabato 16 giugno 2012

Celebrato il decennale del gemellaggio Catania-Phoenix con un intenso concerto del Phoenix Children Chorus al Sangiorgi


Celebrato il decennale del gemellaggio Catania-Phoenix con un intenso concerto del Phoenix Children Chorus al Sangiorgi

Il decennale del gemellaggio tra la città di Catania e quella statunitense di Phoenix, in Arizona, è stato degnamente celebrato nella nostra comunità civica con tre concerti svoltisi nei giorni 16-19 giugno. Il primo (gli altri alla stazione aeronavale di Sigonella ed al cortile Platamone) si tenne al teatro Sangiorgi, a cura del "Phoenix Children Chorus", formazione di voci bianche -come si appellavano un tempo, però data la multietnicità della compagine di circa una cinquantina di elementi, si può anche affermare che furono voci multicolori-  nata nel 1983 dalle scuole medie di Phoenix, poi allargatasi alle superiori e che gira il mondo quale 'ambasciatrice' degli Stati Uniti, per cementare anche il legame con le città gemelle. L'associazione catanese "Catania sister cities" ha patrocinato l'evento, a ingresso libero, il quale ha veduto una buona affluenza di pubblico. Bisogna dire che i due direttori del coro, Ron Carpenter e Jacque Marum, svolsero un ottimo lavoro di perferzione e coordinamento: si notava che erano originari dell'altra sponda dell'oceano, per la precisione metodologica e l'acribicità dello studio sotteso. Durante le due ore dello spettacolo, furono eseguiti pezzi in lingua latina, quali Ubi caritas, Ave Maria, Adoramus te, brani da Pierluigi da Palestrina (Sicut Cervus), nonché cori tradizionali americani (Two native American Songs) e celebri melodie tratte da noti films (Hail Holy Queen da Sister Act, Season of Love da Rent). Apertura e chiusura con Arizona, e Why we Sing.  I ragazzi chiassosi all'uscita ed all'ingresso, si trasformavano in perfetti canterini sul palcoscenico, senza quasi nessuna sbavatura fonica: un vero esempio per i nostri conterranei a volte peccatori d'improvvisazione; un laudevole programma includente parti nella bella lingua di Roma antica (e della Chiesa cattolica), dimenticata nella nostra Patria ma non nel nuovo mondo, anzi ivi coltivata con attenzione.
Vero è che la città di Catania è a volte distratta, però codesti appuntamenti, se possono attribuire un merito a chi li organizza, permangono nella memoria come unione di due fenici (simbolo, anche se a molti occulto, di Catania non è solo l'elefante, ma la fenice che svetta dall'alto della porta Ferdinanda, in piazza Palestro, con il rogo dell'immortalità e l'occhio al Duomo, ove riposa la Vergine Agata) le quali entrambi convergono all'unisono, verso il medesimo orizzonte, l'Oriente della luce immortale.
F.Gio

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